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Province of Ragusa
Il
libero consorzio comunale di Ragusa è un
libero consorzio comunale di 318.249 abitanti della
Sicilia. È subentrato alla soppressa provincia regionale di Ragusa.
Ha una superficie di 1.614 km² e una
densità abitativa di circa 193 abitanti per km². Vi sono compresi dodici comuni: oltre al
capoluogo Ragusa,
Acate,
Chiaramonte Gulfi,
Comiso,
Giarratana,
Ispica,
Modica,
Monterosso Almo,
Pozzallo,
Santa Croce Camerina,
Scicli e
Vittoria.
Assieme a quella di Siracusa è la provincia più meridionale della
Sicilia e confina con i liberi consorzi di
Siracusa e
Caltanissetta, con la
città metropolitana di Catania, mentre la sua parte meridionale si affaccia sul
mar Mediterraneo.
L'istituzione della provincia risale al
1927, durante il
ventennio fascista.
La provincia di Ragusa ospita tre siti, precisamente le città di Ragusa, Modica e Scicli, dal
2002 insigniti del titolo di
Patrimonio dell'umanità da parte dell'
UNESCO, insieme con la
Val di Noto.
Free Ragusa Municipal Consortium is a free municipal consortium of 318 249 inhabitants of Sicily . It replaced the abolished regional province of Ragusa .
It has an area of 1,614 km² and a population density of about 193 inhabitants per km² . That includes twelve municipalities : in addition to the capital Ragusa , Acate , Chiaramonte Gulfi , Comiso , Giarratana , Ispica , Modica , Monterosso Almo , Pozzallo , Santa Croce Camerina Scicli and Vittoria .
Together with that of Syracuse is the southernmost province of Sicily and borders the free associations of Syracuse and Caltanissetta , with the city of Catania Metro , while its south part faces the Mediterranean Sea .
The establishment of the province dates back to 1927 , during the Fascist period .
The province of Ragusa has three sites , namely the towns of Ragusa , Modica and Scicli , in 2002 awarded the title of World Heritage by UNESCO , along with Val di Noto .
Geografia fisica
Monti e pianure
Circa due terzi del territorio provinciale sono formati da
colline, con la parte centrale costituita dall'
altopiano ibleo, ad un'altitudine media compresa tra i 400 e i 600 metri
s.l.m.. I picchi più elevati della provincia si trovano ai confini settentrionali della provincia. I monti maggiori sono il
Monte Lauro (1010 m), il
Monte Casale (910 m) e il
Monte Arcibessi (906 m)
[5][6].
Le uniche pianure presenti si trovano sulla parte occidentale della provincia, dove si sviluppa la
piana di Vittoria, ed all'estremità orientale, nel territorio comunale di
Pozzallo e parzialmente in quello di
Ispica.
La
geomorfologia dell'altopiano ibleo è molto variegata. Il territorio spesso degrada verso il
mare con un progressivo
terrazzamento
e con incisioni profonde delle colline, dette "cave", disposte
generalmente in direzione sud. Tali cave, che sono il risultato dell'
erosione dei fiumi nel lungo corso delle
ere geologiche,
presentano frequentemente delle improvvise variazioni di livello,
rispetto al fondo (anche di 200 m), come si riscontra nel caso del fiume
Irminio. Andando verso la
costa, si alternano
falesie calcarenitico-
sabbiose e piccole
pianure alluvionali
marnose o
argillose, che spesso formano
paludi costiere (quasi tutte prosciugate), delimitate da
dune sabbiose. In altre località (
Marina di Ragusa,
Cava d'Aliga e
Pozzallo) si protendono invece sul mare, con
scogliere di modesta elevazione
[7][8].
La parte centrale, nota come "Tavolato ibleo", è costituita da formazioni
vulcanitiche come il Monte Lauro, che ne è la massima elevazione, segmentate da un complesso sistema di
faglie[9].
È in questo sistema che si inquadrano le strutture geologiche che, nell'area attorno a
Ragusa, determinano affioramenti di
petrolio, con concentrazioni
asfalto-
bituminose. In passato la pietra scura presente in tali aree, meglio conosciuta come "pietra-pece", veniva utilizzata come caratteristico
materiale da costruzione e decorazione. Fino alla
seconda guerra mondiale tale pietra veniva estratta in grandi quantità e trasportata con i treni merci della
ferrovia a scartamento ridotto dell'Anapo al
Porto di Siracusa; trasportata via mare agli impianti di trattamento, era oggetto di lavorazione per estrarne gli idrocarburi in essa contenuti
[10].
Fiumi e laghi
Non vi sono fiumi di grande portata, ma solo "
cave" a
carattere torrentizio. A essere definiti "fiumi" sono soltanto l'
Irminio, il
Dirillo, il
Tellaro e l'
Ippari. Un altro corso d'acqua degno di nota è il
Tellesimo[11].
Gli unici
laghi della provincia sono due
bacini artificiali costruiti a cavallo degli
anni settanta ed i primi
anni ottanta. Il
lago Santa Rosalia[12], che si trova nel comune di Ragusa, ed una piccola porzione del
lago Dirillo, che ricade sul territorio di
Monterosso Almo.
Anticamente, lungo la costa ragusana, esistevano numerose
paludi e pantani che vennero prosciugate a seguito dell'intervento dell'uomo con varie bonifiche occorse tra gli
anni trenta e
sessanta.
Sul territorio di
Ispica
sono ancora presenti diversi pantani, che sono le uniche superfici
lacustri naturali rimaste in provincia. I pantani salati più importanti
sono il
pantano Longarini, il pantano Bruno ed il Gorgo Salato, mentre il
pantano Gariffi ed il pantano Arezzi sono di acqua dolce
[11]. Tra il promontorio di
Kamarina e
Scoglitti si estendeva la Palude di Kamarina, formatasi al riparo dalle dune di sabbia alla foce dell'Ippari e prosciugata dai
coloni greci della città nel
III secolo a.C.
Coste e isole
La linea costiera della provincia si affaccia sul
Mar Mediterraneo, a sud, tra la foce del fiume
Dirillo e il
Pantano Longarini. La spiaggia, detta "I Macconi", tra la foce del Dirillo e la foce dell'
Ippari, è sabbiosa e lunga
[11]. Più oltre, in direzione di
Punta Secca, la costa diventa rocciosa, alternando piccole spiagge e scogliere. Tra
Marina di Ragusa e
Cava d'Aliga il litorale è prevalentemente sabbioso e riprende ad essere roccioso fino a Punta Religione, intervallando
falesie e piccole spiagge come quella di
Sampieri, costituita da finissima sabbia dorata. Tra
Pozzallo e Punta Ciriga tornano nuovamente a prevalere le spiagge sabbiose. In corrispondenza di Punta Ciriga si trovano, l'
isola di Iannuzzo e l'
isola dei Porri[11].
Clima
La varietà orografica comporta la presenza di differenti tipologie climatiche.
Nelle aree più meridionali e costiere la
piovosità è in genere scarsa: una media dei rilevamenti del trentennio
1961-
1990, registrati dalle due
stazioni di rilevamento di Gela[13], e di
Cozzo Spadaro[14][15] evidenzia, per il trimestre giugno-agosto, precipitazioni di appena 2–3 mm di
pioggia.
In inverno la piovosità sale a 45–60 mm (ottobre-febbraio), con una
punta di 71 mm nel mese di ottobre, soltanto nella seconda località. L'
umidità relativa media è invece significativa e risulta maggiore nelle aree pianeggianti del
vittoriese,
dove per tutto l'anno si mantiene a una media del 72-79%.
Sostanzialmente simile, salvo una flessione al 66-69% nel trimestre
giugno-agosto, quella dell'area tra
Ispica,
Pozzallo e
Marina di Ragusa.
Diversa invece è la quantità di pioggia che cade sulle zone elevate
dell'altopiano, dove in autunno, inverno e primavera i livelli di
piovosità sono più elevati. Nella zona di
Acate la quantità di pioggia annua varia tra i 205 mm dell'anno meno piovoso e i 588 mm dei picchi, mentre nell'area di
Chiaramonte Gulfi l'oscillazione è compresa tra 377 e 1481 mm complessivi
[16].
I
venti si mantengono in genere moderati, al disotto degli 8,5
nodi con prevalenza da ovest-sud-ovest. I mesi meno ventosi sono giugno per l'area occidentale e settembre per quella orientale
[14].
Anche la
temperatura
media annua è correlata, in linea di massima, con la quota altimetrica:
si va dai 13°-14° dell'area montana (tra Chiaramonte Gulfi,
Monterosso Almo e
Giarratana) ai 14°-15° del
capoluogo provinciale,
per finire con i 18°-19° delle aree in prossimità della costa. Per
quanto riguarda la media delle temperature massime del mese più caldo,
il valore è simile in tutta la provincia: 30°. Unica eccezione la zona
di
Vittoria,
che riporta un valore leggermente inferiore. Le temperature medie del
mese più freddo sono invece differenti: 2°-4° nell'area montana, 4°-6°
nel ragusano e 6°-8° nel rimanente territorio. L'
escursione termica è notevolissima nell'area montana: la sua media annua raggiunge i 17°
[17].
Nelle aree più a sud e in quelle costiere non sono presenti stazioni
meteorologiche, ma un'indicazione di massima può venire dai dati
rilevati dalle stazioni presenti nelle limitrofe province di
Siracusa e
Caltanissetta (
Gela e
Cozzo Spadaro):
i valori e i dati statistici possono essere assimilati a quelli dei
territori confinanti, dato che le stazioni rilevatrici sono ubicate a
pochi chilometri dai confini con la Provincia di Ragusa.
COZZO SPADARO (51 metri s.l.m.)[14][15] |
Gen |
Feb |
Mar |
Apr |
Mag |
Giu |
Lug |
Ago |
Set |
Ott |
Nov |
Dic |
Anno |
Temperatura massima media (°C) |
15 |
15 |
17 |
19 |
22 |
26 |
30 |
30 |
28 |
24 |
20 |
17 |
21,9 |
Temperatura minima media (°C) |
9 |
9 |
10 |
12 |
15 |
19 |
21 |
22 |
21 |
17 |
14 |
11 |
15 |
Piogge (mm) |
61 |
43 |
33 |
18 |
13 |
27 |
2 |
5 |
25 |
78 |
51 |
71 |
427 |
GELA (33 m s.l.m.)[13][14] |
Gen |
Feb |
Mar |
Apr |
Mag |
Giu |
Lug |
Ago |
Set |
Ott |
Nov |
Dic |
Anno |
Temperatura massima media (°C) |
15 |
15 |
16 |
18 |
21 |
24 |
28 |
27 |
26 |
23 |
19 |
18 |
20,8 |
Temperatura minima media (°C) |
9 |
9 |
9 |
11 |
15 |
18 |
20 |
21 |
20 |
16 |
13 |
10 |
14,3 |
Piogge (mm) |
46 |
36 |
29 |
24 |
17 |
3 |
3 |
11 |
20 |
56 |
54 |
55 |
354 |
Riserve naturali
Nel territorio provinciale sono state istituite alcune riserve naturali e aree di interesse naturalistico
[18]; altre sono ancora in fase propositiva:
La
Riserva naturale Pino d'Aleppo, presso
Vittoria, è stata istituita
[20] con lo scopo «di salvaguardare le formazioni residue autoctone di
Pinus halepensis e di ricostituire la pineta nelle aree a gariga degradata per azione dell'uomo». La
Riserva naturale macchia foresta del fiume Irminio si trova sulla costa, tra
Marina di Ragusa e
Donnalucata[21][22], mentre la
Riserva naturale integrale Cava Randello è sita nel tratto di costa prospiciente la zona archeologica di
Kamarina.
Aree boschive demaniali della provincia:
[senza fonte]
- Complesso boscato Canalazzo in comune di Monterosso Almo.
- Complesso boscato Mangiagesso tra i comuni di Modica e Scicli.
- Area attrezzata Mangiameli a Monte Arcibessi in comune di Chiaramonte Gulfi.
- Complesso boscato Sampieri nel Comune di Scicli.
- Complesso boscato Santa Maria del Focallo in comune di Ispica.
- Complesso boscato "Pineta Monte Renna" nel comune di Giarratana
È in corso di attuazione l'iter di realizzazione del Parco Nazionale
degli Iblei, previsto dall'art. 26, comma 4 septies, della Legge 222 del
29 novembre 2007
[23][24].
Si tratta del primo parco nazionale della Sicilia e anche della più
grande area naturale protetta dell'isola, che abbraccia i territori di
Siracusa (60%), Ragusa (30%), Catania (10%). L'8 febbraio
2011 il consiglio provinciale ha approvato una proposta di perimetrazione del parco
[25].
Tale proposta, che esclude le principali aree di interesse del biotopo
ibleo e addirittura alcune aree SIC, è stata ritenuta insoddisfacente da
larga parte dell'opinione pubblica e dalle associazioni naturalistiche
della Provincia di Ragusa, che hanno manifestato a tutti i livelli il
proprio dissenso. La Regione ha quindi chiesto a queste ultime
(riunitesi nel Coordinamento delle Associazioni Naturalistiche e
Ambientaliste) di presentare una propria proposta di perimetrazione,
spiegandone le ragioni
[26].
Storia
I confini ufficiali e l'autonomia amministrativa della provincia di Ragusa sono stati definiti nel
1927, durante il
fascismo dal conte Enrico Ucchino.
Il territorio provinciale corrisponde grosso modo all'antica
Contea di Modica, nata il 25 marzo 1296, quando
Federico III di Aragona conferì la concessione a Manfredi
Chiaramonte, investendolo del titolo di conte di Modica e signore di Ragusa,
Caccamo,
Scicli,
Gulfi,
Pozzallo e
Spaccaforno.
In seguito il feudo dei Chiaramonte divenne un'entità amministrativa del tutto autonoma rispetto al
Regno di Sicilia: aveva tribunali con tre gradi di giudizio (compreso quello delle
II Appellazioni, che non esisteva neppure a
Palermo),
un governatore, amministratori per le singole "università" (cioè gli
attuali comuni) e forze di polizia municipale e comitale. Rispetto al
territorio della provincia moderna quello del feudo includeva i comuni
di
Acate (detta Biscari fino al
1930),
Comiso,
Ispica e
Santa Croce Camerina nel periodo dal 1392 al 1457, essendo Conti
Bernat Cabrera
e suo figlio Giovanni Bernardo. Quest'ultimo, a causa di un debito di
60.000 fiorini, fu costretto ad alienare alcuni feudi per far cassa. Fu
così che, fra il 1453 e il 1457,
Comiso fu ceduta ai Naselli,
Giarratana ai Settimo,
Ispica
ai Caruso-Statella, Santa Croce al modicano Pietro Celestre, Acate ai
Paternò-Castello. Per lungo tempo, invece, il feudo comprese anche
Caccamo,
Calatafimi e
Alcamo, città della Sicilia occidentale, queste ultime due fino all'annessione al regio demanio, avvenuta nel
1802, delle terre della Contea di Modica.
Con l'istituzione delle province borboniche nel 1817, il territorio fece parte della
Provincia di Noto che con il Regno d'Italia, nel 1865, divenne
provincia di Siracusa.
Nel
1927, in seguito all'attività politica di
Filippo Pennavaria, (esponente locale di rilievo del
fascismo), Ragusa venne eretta a capoluogo della provincia istituita
[27] a scapito delle aspirazioni di Modica,
che per seicento anni era stata la quarta città della Sicilia, per importanza e popolazione, dopo Palermo, Catania e Messina[senza fonte].
All'atto dell'istituzione della provincia Ragusa aveva una popolazione
di poco inferiore a quella di Modica ed era divenuta un importante
centro industriale ed economico.
Durante la
Seconda guerra mondiale la vita della provincia venne scossa dai bombardamenti alleati, a partire dal
1942 e per tutto il
1943, anche a causa della presenza di vari
aeroporti militari (Comiso,
Vizzini e
Gela), dalle cui piste partivano i
cacciabombardieri dell'
Asse. Nel luglio
1943 la provincia fu uno dei teatri dello
Sbarco in Sicilia degli
Alleati.
Con lo
Statuto speciale siciliano del
1946
furono soppresse le provincie siciliane. Furono ricostituite nel 1963,
recependo la normativa nazionale e furono trasformate in "provincie
regionali" nel
1986[28].
Il 28 marzo 2014 è stata prevista la soppressione delle 9 provincie
regionali, sostituite temporaneamente da nove "Liberi Consorzi comunali"
e 3 aree metropolitane in seguito all'entrata in vigore della legge
approvata dall'Assemblea Regionale Siciliana il 12 marzo 2014
[29].
Una ulteriore legge regionale disciplinerà compiti e funzioni di questi
nuovi enti, mentre ogni provincia è, nel frattempo, retta da un
commissario straordinario nominato dalla giunta regionale.
[30].
Simboli
Il primo stemma della Provincia venne concesso con
regio decreto del 17 aprile 1930 e lettere patenti del 15 febbraio 1932:
« d'azzurro, alla
banda scaccata di due file d'argento, e di rosso, il tutto caricato di
un'aquila dal volo abbassato, rivolta con la testa a destra, tenente fra
gli artigli un fascio littorio d'oro e sormontata da una stella, il
tutto d'oro » |
insieme ad esso venne concesso un gonfalone consistente in un "drappo di azzurro".
[31]
Successivamente alla
caduta del Fascismo dallo stemma venne eliminato il
fascio littorio. Lo stemma e il gonfalone vengono così descritti nell'articolo 4 dello Statuto provinciale:
[32]
« scudo araldico
inquadrato con fondo azzurro, banda scaccata di due file d'argento e di
rosso caricata da un'aquila dal volo abbassato rivolta con la testa a
destra, tenente fra gli artigli una corona di alloro e quercia nastrata
in rosso.La testa dell'aquila è sormontata da una stella d'argento, a
cinque punte.Lo scudo è fregiato dalla corona di Provincia
Il Gonfalone che misura cm. 87×195 è di tessuto raso in seta di
colore azzurro bordato in oro; termina in tre bande, la centrale più
lunga, rifinite con frangia dorata; al centro reca lo stemma, come
descritto circondato da decoro a tralci di acanto ricamate in oro. Il
Gonfalone come sopra descritto è sorretto da bastone lanciato e completo
di due fiocchi che scendono lungo i lati. » |
Fonetica
Come per altre aree italiane, quella che nel parlato di tutta la
Sicilia,
in generale, permane indelebile è la traccia romana o meglio del latino
popolare o volgare. La quasi totalità delle popolazioni che facevano
parte dell'ex
contea di Modica hanno in comune l'evoluzione
[33] dei nessi
cl e
pl, che nel territorio ragusano sono resi in
/t∫/, quando nel resto della Sicilia l'esito è espressi in
/K/[34]. Mentre difatti di
clavis (
chiave),
plangere(
piangere) e
plenus (
pieno) gli altri isolani ne fanno "
chiavi", "
chianciri" e "
chinu", il ragusano ne fa "
ciavi", "
cianciri" e "
cinu".
Eventi culturali
- Festival organistico internazionale. Si svolge a Ragusa tra novembre e dicembre e consiste in una rassegna di 6 serate con concerti organistici di musica barocca eseguiti, nelle chiese cittadine dotate di organi, da organisti italiani e stranieri.
- Festival ibleo del jazz si svolge in ottobre, per la durata di una settimana, a Ragusa Ibla ed è dedicato al jazz sperimentale con la presenza di jazzisti da tutto il mondo.
- Eurochocolate Modica è una manifestazione promossa per valorizzare la ultra centenaria tradizione cioccolatiera
di questa città ragusana e che nella sua ancor breve tradizione, è
giunta alla sua quarta edizione, ha saputo riscuotere già grande
successo tanto che nella edizione del 2007 ha richiamato, nel corso di
nove giorni, quasi 200.000 visitatori[60].
- I Sapori della Cultura a Modica il 7, 8 e 9 dicembre. Evento
organizzato dalla Cooperativa Etnos, in collaborazione con l'Assessorato
Regionale ai Beni e alle attività Culturali, il Comune di Modica, la
Provincia di Ragusa, il Distretto Culturale del sud-est e l'UNESCO. Il programma prevede visite guidate ai musei di Modica, all'interno della Chiesa Bizantina di San Nicolò inferiore, del XII secolo, alla Casa Museo di Salvatore Quasimodo,
alle Grotte Vestite, tradizionali abitazioni in grotta situate nella
parte ovest dello sperone roccioso su cui sorge il castello.
Appuntamenti gastronomici e cioccolato esclusivo.
Eventi religiosi
Tra gli eventi religiosi della provincia vi è il complesso di manifestazioni che si svolgono a
Ispica durante la
settimana santa. Caratteristica è la processione del giovedì santo, detta del "Cristo alla colonna". Nata nel
Medioevo,
originariamente era formata da un gruppo di "flagellanti" che, a torso
nudo e con una corona di spine, si percuotevano le spalle con cordicelle
con vetro, ferro e chiodi: quest'ultima cruenta cerimonia è lentamente
caduta in disuso mentre è ancora oggetto di grande culto la processione
del simulacro.
Modica
Cattedrale di San Giorgio
- A Ragusa si svolgono due feste principali.
- La festa di San Giovanni Battista,
patrono della città e della Diocesi di Ragusa, è l'evento religioso più
importante. Si svolge in tre giornate alla fine del mese di agosto con
una processione che, partendo dalla cattedrale di San Giovanni, si snoda
fino alla chiesa dell'Ecce Homo. Il giorno seguente la processione si
svolge in senso opposto fra due ali di folla devota. Il terzo giorno la
statua del santo patrono ed i cerrei votivi effettuano un giro che
prevede il rientro a tarda notte nella stessa cattedrale.
- La festa di San Giorgio
è celebrata l'ultima domenica di maggio. La chiesa omonima viene
infiorata e addobbata con stendardi policromi con la statua del santo al
centro della chiesa. Vengono aperte le porte scolpite, occultate da
paratie per il resto dell'anno, e la statua viene sollevata dai
portatori, che le fanno compiere evoluzioni a suon di musica facendola
roteare e lanciandola in aria per poi riprenderla. San Giorgio, come da
iconografia, è vestito da soldato romano e uccide il drago con la
lancia. Insieme al simulacro, anche il reliquiario del santo viene
portato in processione.
- A Comiso si svolgono tre feste principali:
- La festa di Pasqua,
denominata A' Paci: dalla Chiesa di Maria SS. Annunziata in mattinata
vengono portati fuori i simulacri di Gesù Risorto e della Madonna
Annunziata e per l'intera giornata percorrono le principali vie
cittadine, ripetendo in ogni parrocchia della città il cosiddetto rito
della Paci durante il quale i due simulacri, posti l'uno di fronte
all'altro, vengono avvicinati e allontanati correndo per tre volte tra
due ali di folla. La festa affonda le sue radici nel periodo della
dominazione spagnola.
- La terza domenica di maggio si svolge la festa di Maria SS. Addolorata, patrona della Chiesa Madre, Santa Maria delle Stelle. Caratteristica principale è la Svelata
del settecentesco simulacro di Maria SS. Addolorata, che viene fatta il
sabato vigilia della festa; per l'occasione l'altare maggiore viene
adornato da fiori, tende, stucchi, elementi architettonici appositamente
creati, candelabri, ceri e quant'altro occorrente al fascino della
festa. Altro momento caratteristico della domenica è a Sciuta
(l'uscita): il fercolo dorato della Madonna non appena esce dalla Chiesa
Madre viene trasportato nella vicina piazza Fonte Diana ove migliaia di
fedeli attendono il canto dell'Inno all'Addolorata cui segue lo sparo
di mortai a volantini ed una nutrita moschetteria. Segue poi la lunga
processione per le strade cittadine fino alla mezzanotte e, al termine,
un imponente spettacolo pirotecnico.
- La seconda domenica di luglio si festeggia il patrono San Biagio, a cui i comisani attribuiscono la salvezza del paese dalla peste e dal terremoto del 1693;
la festa è un susseguirsi di Messe officiate da tutti i parroci delle
parrocchie mentre la chiesa di San Biagio per tutta la giornata è
affollata di fedeli. La processione pomeridiana con il simulacro del
Santo è caratterizzata da fedeli che fanno "u viaggiu" (la processione)
per espletare il loro voto chi percorrendola a piedi scalzi chi portando
a spalla il simulacro o portando le torce votive decorate (i 'ntocci)
con i ceri accesi.
- A Chiaramonte Gulfi
la festa di San Giovanni Battista, compatrono e protettore della città,
è una delle due più importanti; si svolge il 23 e 24 giugno preceduta
da dodici giorni di preparazione con manifestazioni di fede, folclore e
cultura; il 23 con la sacra rappresentazione della vita del santo e il
24, al tramonto, con uscita del Santo seguita dalla processione per le
vie della città. L'altra ricorrenza è quella della Beata Maria Vergine
di Gulfi, patrona principale della città, che si svolge la domenica in Albis e il terzo martedì dopo Pasqua.
- A Giarratana
tra la fine di luglio ed i primi giorni di agosto si svolge la Festa
della Madonna della Neve con caratteristiche processioni che si
tramandano da centinaia di anni. L'evento più importante è la festa del
Patrono ab antiquo, san Bartolomeo Apostolo venerato quasi da 1000 anni
con il titolo patronale; importantissima è la fiera che si svolge 3
giorni prima della festa.
- A Modica si celebrano due feste principali.
- La processione della Madonna Vasa-Vasa[61] si svolge nella mattinata della domenica di Pasqua. Risale alla metà del Settecento
e si svolge con l'incontro fra il simulacro di Maria che muove le
braccia, impartisce benedizioni e si china a baciare il petto del Cristo
morto. A mezzogiorno in punto, cade il mantello nero che la ricopre
mostrandola nella sua veste azzurra mentre viene liberato un nugolo di
colombe bianche dal basamento posto ai piedi del simulacro della
Vergine.
- Altra festa importante è quella di San Pietro, compatrono della città (il principale è San Giorgio), che si svolge il 29 giugno. Fino alla metà del secolo scorso
partecipavano alla processione pomeridiana dodici statue di cartapesta,
alte circa quattro metri, rappresentanti i dodici apostoli (detti i santuni),
che seguivano il simulacro del Cristo. Le statue venivano mosse dalle
gambe di alcuni fedeli, nascosti all'interno, che guardavano il percorso
della processione tramite una finestrella ricavata nel busto di
cartapesta della statua; tale tradizione è caduta in disuso e viene
portata in processione soltanto l'artistica statua in legno di quercia detta di San Pietro e il Paralitico conservata all'interno della Chiesa.
- A Scicli nel corso dell'anno si svolgono tre eventi religiosi importanti:
- Il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, ha luogo la "Cavalcata di San Giuseppe". È una processione, quasi una riedizione in costume, della vita della Sacra Famiglia, che si snoda per le vie della città fra falò e fuochi d'artificio fra due ali di folla festante.
- Il giorno di Pasqua si svolge la processione dell'"Uomo vivo". Una
statua del Cristo risorto viene portata in processione; le vengono fatte
fare alcune evoluzioni che mandano in visibilio la numerosa folla
assiepata lungo il percorso.
- L'ultimo sabato del mese di maggio si svolge la festa della "Madonna delle Milizie", rievocazione delle lotte tra Normanni e Arabi
che si contesero la Sicilia. Il momento più religioso culmina con la
processione, per le vie della città, del simulacro della Madonna su un
cavallo bianco posto sopra un carro infiorato[62].
- A Vittoria è molto sentita la celebrazione del Venerdì Santo la cui tradizione esiste praticamente dalla fondazione della città. Dal 1657
la Congregazione del SS.mo Crocifisso ebbe il compito di fare una
processione solenne il Venerdì santo dalla Chiesa madre al Calvario e
ritorno. La processione a partire dal 1669 fu arricchita da una recita
incentrata sul dramma della passione in versi dialettali recitati da
popolani. Nel 1834 la Congregazione fece costruire un'urna in legno per
trasportare il Cristo morto e deposto dalla croce e dall 1858 la sacra
rappresentazione è incentrata sul dramma scritto dal marchese Alfonso
Ricca. I Parti rappresentano la tradizione più sentita e amata dai
vittoriesi, unica nel panorama della provincia in cui si preferisce
festeggiare la domenica di Pasqua.
Feste e sagre
Date le antiche tradizioni agricole del territorio sono molte le sagre che, nel corso dell'anno, si svolgono in varie località:
- a marzo, a Santa Croce Camerina, la sagra del fiore;
- a maggio la sagra del pomodoro a Ragusa;
- a Giarratana
la sagra della cipolla, il 14 agosto. Grosse cipolle, di colore bianco,
di forma schiacciata o di altri formati vengono servite, sia crude che
cotte, assieme al formaggio locale;
- a Pozzallo, sempre in agosto, si svolge una sagra del pesce;
- a settembre a Roccazzo e a Chiaramonte Gulfi si svolge la sagra dell'uva.
- a settembre a Pedalino si svolge la Sagra della vendemmia.
Comiso
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Còmiso (
u Còmisu in
siciliano) è un
comune italiano di 29 880 abitanti della
provincia di Ragusa in
Sicilia.
Per popolazione è il quarto municipio della sua provincia di appartenenza. Il territorio di Comiso si estende per circa
65 km² alle prime colline dei Monti Iblei e comprende le frazioni di
Pedalino e Quaglio.
Storia
Origini del nome
Si tende a identificare l'odierna Comiso con l'antica
Casmene,
subcolonia siracusana della quale si ha scarsa conoscenza. Le fonti che
riferiscono della posizione di quest'insediamento, supportate dai vari
ritrovamenti archeologici effettuati nella zona e soprattutto nelle
vicinanze, fanno infatti pensare che l'originaria Casmene fosse situata
sul “Cozzo di Apollo”, colle dei
monti Iblei appena sopra Comiso. L'archeologo
Paolo Orsi fa luce su l'origine di
Casmene, che viene individuata dallo stesso, appunto, su
Monte Casale a
Buscemi, di fianco a
Monte Lauro (dal latino
laurus cioè "alloro", uno dei simboli del dio
Apollo).
Si potrebbe anche pensare che il nome
[2]
dell'antica città fosse, più o meno, quello conosciuto oggi,
proveniente da antica origine pre-ellenica o da una voce greca in
relazione con
Κομίζω =
ricovero o con
Κώμη =
villaggio. Sembra che sotto l'impero romano il nome di questa colonia fosse
Jhomisus, che sotto i bizantini diventa
Comicio in onore della loro patria d'origine
Comizo.
Altre tesi sostengono che il nome Comiso sia d'origine araba e ne hanno
offerto varia, e non sempre impeccabile, spiegazione: da
Jomes o
Yomiso =
Testa d'acqua[3], oppure
Kom =
Collina,
Monticello e ancora
Koms o
Hums =
Quinta parte di terra confiscata.
[4], come Homs in Libia; la parola spagnola
Còmiso, di origine evidentemente araba, avrebbe il senso di
confisca.
L'idea secondo la quale il nome di Casmene si sia conservato,
attraverso elaborate modificazioni, in quello di Comiso trova spazio
nello scritto poligrafo di un dotto gesuita di Comiso, P. Biagio La
Leta: attraverso un fenomeno
[5] di metatesi, da
Casmene sarebbe venuto
Camesne e, da questo, gradualmente,
Camese, poi
Comiso. Da rilevare il fatto che già nel Seicento la città viene chiamata nei documenti
Ihomisus Casmenarum.
Sono presenti nei secoli le parole
Comiciana,
Comicini e
Comicio,
tutte forme storiche che introdussero quella definitiva di Comiso. Ma è
precisamente in epoca normanna che si vedrà apparire per la prima volta
il nome
Comiso in documenti sicuri
[6]. Oggi, in dialetto, si tende a chiamarlo “
u Còmisu”, anteponendo l'articolo “
u” che sta per “
il”, e gli abitanti sono detti “
ì Cumisàri”.
Dalle origini ai Cabrera
Le prime tracce di insediamenti umani nel territorio di Comiso
appaiono nel periodo eneolitico, lungo l'arco collinare ibleo, dove si
svilupparono i primi villaggi di popolazioni italo-sicule. Oggi
rimangono una serie di ricoveri a
grotta e
a cella
ricavate nei monti Monterace, Monteracello, Monte Tabbuto, Cozzo Apollo,
Cava Porcaro. A valle, invece, si svilupparono degli insediamenti
abitativi del tipo a
capanna-rifugio. La presenza della terma
vicino alla fonte Diana risalente al II secolo testimonia la presenza di
un nucleo abitativo attorno alla fonte fin dall'epoca romana. Si pensa
infatti che quel luogo sia stato popolato dagli abitanti scampati alla
distruzione di
Kasmenai, durante la spedizione punitiva del console romano
Marcello nel
212 a.C. Con l'arrivo dei
bizantini e l'insediamento del potere religioso dell'impero d'oriente a Siracusa (
330 d. C.), cominciarono ad essere edificate numerose chiese. Nel periodo bizantino il casale di
Comicio
si concentrava attorno alle due chiese di S. Biagio e S. Nicola, in
questo periodo fu munito di forti e torri di difesa. Intorno all'827 il
casale fu duramente provato dall'invasione degli
Arabi,
la cui dominazione si rivelò successivamente benefica e proficua per
l'intero territorio ibleo. È in questo periodo che nascono i
muri a secco,
che caratterizzano ancora oggi il paesaggio collinare. La Comiso
medievale si arricchisce di nuove vie urbane e di chiese, tra cui la
chiesa della
Misericordia, tuttora conservata. Nel
1393 Comiso viene a fare parte della
Contea di Modica, assegnata ai Cabrera, fino al
1453, anno in cui a causa di una crisi economica questi ultimi la vendono a Periconio II Naselli.
La signoria dei Naselli (dal 1453 al 1816)
Sotto i principi Naselli Comiso visse un periodo di rinascenza e splendore, culminato nel
1571,
quando Gaspare II, elevò il "Baronato" di Comiso in "Contea". Durante
il Rinascimento la città si arricchì delle chiese maggiori, di numerosi
conventi e monasteri, di una
Sede giuratoria, che ebbe sede presso il
Castello dei Naselli, di un pubblico Ospedale, detto
Monte di Pietà, accanto alla chiesetta della Misericordia, e di una cartiera. A partire dal
1608 numerose famiglie comisane emigrarono nella vicina
Vittoria, che era stata appena fondata da
Vittoria Colonna. Nella prima metà del Seicento operò a Comiso il Padre
Pietro Palazzo,
uomo di sante virtù, che si adoperò per la crescita culturale e
religiosa della città. Grazie anche al suo operato sorsero diversi
conventi e monasteri che si occuparono della formazione di intere
generazioni. Nel
1693 il disastroso
terremoto che interessò tutto il
val di Noto, rase al suolo le maggiori chiese cittadine e fece 90 morti. Con la soppressione della feudalità in Sicilia, voluta da
Ferdinando di Borbone nel
1816, Baldassarre VII Naselli perdette definitivamente il governo della città.
La Repubblica Indipendente di Comiso
Sul finire del
1944, scoppiava in molte città della Sicilia una rivolta contro la chiamata di leva alle armi del governo di
Pietro Badoglio.
La rivolta veniva alimentata da voci diffuse sulla probabilità che i
coscritti di leva potessero essere inviati addirittura a combattere in
Estremo Oriente
per sostenere gli interessi anglo-americani. Sui muri delle città
comparvero le scritte: “Non presentatevi”, “Presentarsi significa
servire i Savoia”. Ebbero così inizio i cosiddetti moti dei “Non si
parte”. Dopo essere stato assediato dai dimostranti, il prefetto di
Palermo, Pampillonia, richiese l'intervento del
Regio Esercito,
che si rese responsabile della morte e del ferimento di molte persone.
Comiso divenne il centro di questi scenari insurrezionali, tanto che il 6
gennaio 1945 fu proclamata la
“Repubblica di Comiso” retta da un
governo popolare, con tanto di comitato di salute pubblica, squadre per
l'ordine interno e distribuzioni di viveri a prezzi di consorzio.
Comiso visse così per una settimana la sua indipendenza, fino all'11
gennaio quando il Gen. Brisotto circondò la città minacciando
bombardamenti aerei se Comiso non si fosse arresa. Anche per
l'intermediazione del clero cittadino, gli insorti si arresero.
Nonostante gli accordi presi, tutti i ribelli, circa 300, vennero
arrestati e confinati a Ustica e Lipari, per essere amnistiati solo nel
1946 con la proclamazione della Repubblica italiana.
[7] Benito Mussolini, presidente,
de facto, della
Repubblica Sociale Italiana, conferì la medaglia d´argento alla
Repubblica Indipendente di Comiso.
[8][9]
Dal dopoguerra ad oggi
Le principali vicende storiche dal dopoguerra ad oggi sono strettamente collegate alla storia dell'
aeroporto di Comiso. Il 7 agosto
1981 il
governo Spadolini prende la decisione di localizzare nell'ex aeroporto di Comiso una Base
NATO con 112
missili "Cruise" a testata nucleare. La città di Comiso viene a trovarsi improvvisamente al centro di interessi e controversie di
politica internazionale,
che richiamano in città molti degli esponenti politici nazionali.
Giacomo Cagnes, ex sindaco della città ed esponente di punta del
PCI,
si pone a guida dei movimenti locali anti-missili, mentre
l'amministrazione comunale, capeggiata da Salvatore Catalano, si pone a
favore della decisione del governo.
Pio La Torre interviene più volte, allo scopo di dare maggiore impulso al movimento per la pace. Il 4 aprile
1982
a Comiso viene organizzata una grande manifestazione, che fa confluire
in città più di centomila persone provenienti da ogni parte d'Italia,
appartenenti a vari movimenti pacifisti. Nello stesso anno iniziano i
lavori di costruzione della
Base Nato. Il 5 maggio
1983
giungono i primi 225 militari americani. Nell'estate dell'83 cresce la
tensione tra forze dell'ordine e pacifisti, che si erano accampati nei
terreni attorno all'aeroporto; decine di manifestanti vengono feriti,
altri arrestati. Sono anni di continue manifestazioni e scontri, fino al
1986,
quando i campi all'aperto dei pacifisti cominciano a smobilitare. A
livello internazionale, l'arrivo di Gorbačëv inaugura una nuova politica
di distensione e di pace tra le due potenze mondiali, che culmina nel
1987, quando viene firmato l'accordo tra
Reagan e
Gorbačëv
sulla riduzione degli euromissili, con il quale si dichiarava lo
smantellamento di tutte la Basi europee entro i 10 anni successivi, tra
cui anche quella di Comiso. Nel
1991
ultima batteria di "Cruise" lascia la città, si chiude così un capitolo
importante della storia cittadina. I riflettori nazionali tornano ad
essere puntati su Comiso nel
1999, anno in cui nei locali dell'ex Base Nato vengono accolti, nell'ambito della "
Missione Arcobaleno" più di 5 000 profughi
kosovari,
sfuggiti allo scoppio di un conflitto armato e pulizia etnica nei loro
confronti. In quest'occasione Comiso viene ribattezzata "Città della
Pace".
Simboli
Nello stemma del Comune di Comiso è raffigurata la dea
Diana seduta su di una brocca rovesciata e posta sulla fonte a lei dedicata e con sopra la scritta
"Post Casmenarum fata nitida resurgo" è il motto inserito sul gonfalone nel
XV secolo, per sottolineare l'origine della città di Comiso dall'antica
Casmene.
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Chiesa di S. Maria delle Stelle
Duomo di Santa Maria delle Stelle - Chiesa Madre
La chiesa Madre di Comiso fu edificata nel XV secolo, su un tempio
preesistente di impianto chiaramontano, dedicato a Santa Maria del
Mulino, per la vicinanza all'antico mulino. Dopo il disastroso terremoto
del 1693 fu distrutta e ricostruita nel 1699 grazie al generoso
contributo del conte Baldassarre IV Naselli. Dell'originaria costruzione
rimangono i pilastri ed il sesto acuto della navata centrale. La
cupola, di stile neogotico, fu ultimata nel 1894, mentre il campanile fu
completato solo nel 1936 ad opera dell'ing. Santoro Secolo. All'interno
è possibile ammirare: un pregiato soffitto ligneo, opera del messinese
Antonio Iberti, detto il Barbalonga; una statua marmorea della Madonna
del Carmelo, attribuita alla scuola del
Gagini; l'altare maggiore in marmi policromi e lapislazzuli; il monumento funerario di Baldassarre V Naselli.
Basilica Maria SS. Annunziata
Basilica Maria SS. Annunziata
La chiesa fu ricostruita e ampliata sulla preesistente chiesa di
origine bizantina di San Nicola e ultimata nel 1591. A causa del
terremoto del 1693 il tempio subì danni, ma fu ricostruito in stile neoclassico tra il
1772 e il
1793 su progetto dell'architetto G. B. Cascione Vaccarini, nipote del palermitano
G. B. Vaccarini. La cupola, progettata dall'architetto comisano S. Girlando, fu ultimata nel
1885.
Posta in cima a una scenografica scalinata, la Chiesa possiede una
pianta a croce latina ed è divisa in tre navate, con volta a botte
sostenuta da 10 grandi archi a tutto sesto. L'interno è arricchito di
opere di notevole importanza, tra cui una statua lignea policroma di
S. Nicola che recenti studi hanno datato alla seconda metà del XVI secolo, due tele di
S. Fiume raffiguranti
La Risurrezione e
La Natività, un crocifisso ligneo attribuito a frate
Umile da Petralia del XVII sec; una pregevole tela dell'
Assunzione di Maria,
firmata "Narcisus Guidonius", un monumentale fonte battesimale in marmo
e bronzo opera di Mario Rutelli, realizzato nel 1912 e inaugurato il 15
agosto 1913.
Santuario di San Francesco all'Immacolata
Splendido gioiello dell'architettura comisana, questa chiesa fu
edificata sotto i Chiaramonte, feudatari di Comiso, nei primi anni del
Trecento. La Chiesa, Monumento Nazionale, è a una sola navata con
copertura a capriate scoperte, presenta un'abside a pianta quadrata, con
absidiola a cupola ad otto spicchi su pennacchi a favo, e stalattiti a
conchiglia di chiara ispirazione arabo-gotica. Nel
1478
fu addossato alla chiesa il convento dei frati minori, che presenta un
grazioso chiostro, racchiuso da un sobrio portico di spirito
quattrocentesco. All'interno troviamo: il monumento funebre di
Baldassarre II, detto il
Conte Rosso (attribuito ad
Antonello Gagini),
composto da un sarcofago, sul cui coperchio è posta una statua del
defunto, giacente come immerso in un sonno sereno. Il tutto è sormontato
da una formella quadrangolare raffigurante la
Madonna col Bambino;
il monumento funebre di Baldassare I, posto dietro l'altare maggiore;
un portale rinascimentale in pietra locale, proveniente dall'antica
chiesa del SS. Cristo; una tela raffigurante la
Madonna Immacolata; una tela raffigurante S. Placido, S. Tecla e S. Donato, opera di ignoto.
Chiesa di S. Biagio
I lavori per la costruzione della chiesa del santo patrono iniziarono
nel 1500 sulle rovine dell'antichissima chiesa basilide di
Abraxia (III-IV sec), a sua volta incorporata nelle strutture della chiesa romanica di
San Biagio il Vecchio. La chiesa si presentava a tre navate con cupola centrale, che andarono completamente distrutte nel
terremoto del 1693. Nel
1700
fu ricostruita a una sola navata, fu innalzato un piccolo campanile
ricoperto di raffinati cotti smaltati e fu collocata all'esterno una
statua di pietra locale raffigurante il santo patrono
San Biagio. La graziosa facciata, armoniosamente scandita da paraste e nicchie, domina l'imponente scalinata di accesso.
Ex Chiesa del Gesù (o di San Filippo Neri)
La chiesa fu eretta per volontà del comisano servo di Dio Padre
Pietro Palazzo nel
1616, realizzata per ospitarvi la nascente comunità della congregazione dei padri filippini e fu definitivamente sconsacrata nel
1866 a causa della soppressione degli ordini religiosi. L'edificio conserva una pregevole soffitto ligneo, attribuito a
Olivio Sozzi, con una serie di dipinti raffiguranti scene della vita di
San Filippo Neri.
Chiesa S. Maria della Grazia (detta dei Cappuccini)
La chiesa è situata nella parte alta della città, dove anticamente
sorgeva il convento dei padri cappuccini, già sede dell'ospedale
Regina Margherita. La data di edificazione è indicata nel
1614.
Il tempio è a una sola navata, di semplice fattura. Addossato al tempio
è presente una cappella mortuaria, nella quale si conservano le spoglie
imbalsamate di frati e borghesi, tra cui in buono stato di
conservazione la salma di Gabriele Distabile (detto "u Caviraruni"). Nel
suo interno si conservano opere di notevole interesse artistico tra cui
spicca un raffinato altare ligneo con intarsi.
Quella di Comiso è una delle pochissime pagode realizzate in Europa.
Essa è stata fortemente voluta dal rev. G. Morishita, venuto a Comiso
negli anni ottanta, ed è stata inaugurata il 24 maggio
1998.
È alta 16 metri con un diametro di 15 e ha l'aspetto classico dello
stupa indiano con la sua forma a cupola rotonda sormontata da un
pinnacolo.
[10]
Interamente rivestita di pietra locale, di colore bianco, che le
conferisce visibilità a chi dalla città volge lo sguardo verso la
collina di Canicarao.
Architetture civili
Il castello dei Naselli d'Aragona
Il palazzo comunale di Comiso
Castello dei Naselli d'Aragona
Le prime notizie certe sul castello risalgono al
1330, ma nella sua struttura attuale fu costruito intorno al
1497.
Il castello rinascimentale sorse su un edificio sicuramente di epoca
classica, lo testimoniano alcuni busti e iscrizioni di epoca romana, che
furono inglobati nel nuovo edificio. L'edificio appartenne ai vari
signori di Comiso, dai Berlinghieri, alla casata dei Chiaramonte, ai
Cabrera, fino ai Naselli che lo acquistarono nel
1453.
La parte più antica del Castello è il Battistero dedicato a San
Gregorio Magno, con resti di affreschi di epoca bizantina e risalente
intorno all'anno mille. Il castello presenta un torrione rotondo a nord,
che in origine era una cuba araba, e una torre quadrangolare sul lato
est. La parte nord del Castello è caratterizzata da un'elegante Trifora
Serliana, che fu aggiunta nel
1728, nella loggetta le pareti sono affrescate con paesaggi e voli di uccelli.
Palazzo comunale
Il palazzo del municipio sorge dove un tempo si trovavano il
monastero e la chiesa di San Giuseppe e si affaccia sulla piazza Fonte
Diana. Edificato tra il
1872 e il
1887, presenta una facciata di
stile neoclassico
scandita da finestre con timpani curvilinei e triangolari. Al suo
interno una imponente scala in marmo di carrara progettata
dall'architetto Fianchini.
Ex Mercato Ittico
Il mercato vecchio fu costruito nel 1867 su progetto dell'architetto
Fianchini, e fino alla metà del Novecento vi si vendeva il pesce e la
carne. L'edificio, caratterizzato da eleganti loggiati esterni ed
interni è abbellito all'interno da una fontana. Oggi ospita il Museo
Civico di Storia Naturale e la sede della Fondazione "
G. Bufalino".
Palazzo Occhipinti
Risalente al 1700. Progettato da
Rosario Gagliardi in stile tardo-barocco.
Palazzo Iacono-Ciarcià
Si presume realizzato dal
Gagliardi, si affaccia sulla piazza cittadina con un vasto ballatoio a terrazzo, sotto un elegante portico (i cosiddetti
"archi ri ronna Pippa").
Palazzo Trigona di Canicarao
Costruito nel 1700, su un nucleo originario del 1400, dall'architetto
Rosario Gagliardi.
Il palazzo, voluto dalla famiglia Trigona, marchesi del feudo di
Canicarao, come sede residenziale e amministrativa, domina l'ampia
vallata e la campagna circostante Comiso. Il corpo dell'edificio è a
blocco, con torre centrale merlata, che si eleva al di sopra del portale
archivoltato. La residenza del Signore era posta ai piani superiori,
mentre nei locali del piano terra vi alloggiavano i servi e i mezzadri.
Il tutto si affaccia su una corte interna rettangolare rivestita di
basole.
Siti archeologici
Mosaico delle terme romane.
Terme Romane di Diana
Si tratta di vere e proprie terme urbane costruite tra il
Dianae fons e il fiume
Ippari. Furono studiate per la prima volta nel 1935 dagli archeologi
Biagio Pace
ed E. Erias e portate alla luce nel 1989. Alimentate un tempo dalla
fonte Diana, hanno origine in epoca romana (sec II-III d.C.) e furono
utilizzate fino al periodo bizantino. Le tre campagne di scavi hanno
messo il luce il
tepidarium, un grande ninfeo poligonale, un alveus, il
calidarium.
È stato inoltre rinvenuto un raffinato pavimento a mosaico costituito da
tessere di bianco calcare compatto e tessere nere di basalto
raffigurante
Nettuno, attorniato da due gruppi di Nereidi cavalcanti dei tritoni.
Cava Porcaro
Il sito archeologico di Cava Porcaro comprende alcune grotte ipogeiche con tombe preistoriche.
Eventi
Feste religiose
La città Casmenea si prepara a festeggiare la Santa Pasqua passando
dal susseguirsi delle funzioni liturgiche che iniziano la domenica delle
Palme e che proseguono per tutto il corso della Settimana Santa
culminando nel Triduo Pasquale. Il Sabato Santo alle ore 12
l'arcidiacono parroco della Basilica dell'Annunziata, sul sagrato
gremito di fedeli, benedice le uova naturali di pasqua simbolo del
dischiudersi della vita nuova. La sera alle 20 inizia la solenne veglia
pasquale che si conclude col canto del GLORIA e la svelata dei simulacri
del Cristo Risorto e della Vergine Annunziata situati nell'altare
maggiore addobbato a festa (a sciugghiuta a loria) accompagnati da una
potente moschetteria e dal suono gioioso e squillante delle campane
della Basilica. Ha così inizio la solenne celebrazione eucaristica con
la Chiesa stracolma di fedeli giunti in massa per celebrare la Pasqua
del Signore Risorto. A conclusione della messa, in via del tutto
eccezionale al mondo segue la solenne processione eucaristica col Cristo
vivo vero e Risorto, che viene portato in processione per le strade del
centro storico, accompagnato dal giubilo dei pellegrini e dal suono
festoso della banda musicale che intona l'alleluia pasquale. Al rientro
della processione e dopo la benedizione eucaristica segue verso le ore
23 la discesa dei simulacri che dall'altare in cui erano stati collocati
vengono caricati nelle vare dorate per essere portati in processione
l'indomani mattina. Il Sabato Santo si conclude poi con la tradizionaria
e millenaria notturna pasquale (di origine spagnola) in cui diversi
parrocchiani girando per la città sparano mortaretti , corrono e danzano
a ritmo di melodie intonate dalla banda musicale per portare a tutti la
gioia del Cristo Risorto. La Domenica di Pasqua alle ore 7.30 la città
di Comiso si sveglia con i "salvi rigghina" ossia centinaia di colpi a
cannone ritmati e con il suono a distesa delle campane della Basilica
che annunciano alla città il giorno di festa. A conclusione della
solenne celebrazione eucariatica delle ore 10 ha inizio la processione
pasquale caratterizzata dalle
Paci. Dalla Basilica escono i
simulacri di Gesù Risorto e della Madonna Annunziata e per l'intera
giornata percorrono le principali vie cittadine, ripetendo in ogni
parrocchia della città il rito della
Paci: i due simulacri posti l'uno di fronte all'altro, dopo il canto del
Regina Coeli
da parte di due bambini vestiti da angioletti che si trovano ognuno su
uno dei due simulacri, si avvicinano e si allontanano correndo per ben
tre volte tra due ali di folla festante. Una festa antichissima che
affonda le sue radici nel periodo della dominazione spagnola ed unica
nel suo genere.
- La terza domenica di Maggio si svolge la festa di Maria SS. Addolorata, venerata nel Duomo di Santa Maria delle Stelle - Chiesa Madre.
Simulacro settecentesco di Maria SS. Addolorata venerato a Comiso
Da "Vicende storiche di Comiso" di Fulvio Stanganelli:
«
Fino al 1764 la festa di Maria SS. Addolorata consisteva
in poche e modeste manifestazioni di culto, organizzate la 3ª domenica
di settembre dai sagristi madriciari, davanti a un'immagine appunto
dell'Addolorata, venerata in una edicola tuttora esistente.
Fu
appunto in quell'anno (1764) che la Congregazione della Carità,
essendosi con permesso vescovile del 4 maggio, trasferita dalla sua sede
di S. Biagio alla Madrice, volle dare un segno tangibile della sua
esistenza, onorando la sua Patrona nel giorno anzidetto, con
illuminazione, processione del Sacramento, benedizione fatta all'aperto
davanti a quella nicchia e sparo di petardi.
Nel 1774 i
madriciari acquistavano a Napoli una bella statua in legno
dell'Addolorata, che accolsero e benedissero nella lor chiesa con grandi
tripudi. Il loro scopo era chiaro: celebrare per la loro Madonna una
festa vera e propria, cominciando col farla intervenire, il venerdì
Santo 28 marzo del 1777, alla processione del Cristo morto dentro l'urna.
Nel
1803 fu fatta una processione molto più chiassosa degli altri anni, il
clou della quale fu sempre d'allora in poi l'intervento dell'onorata
maestranza in tuba, giamberga e torcia, che dava un aspetto imponente e
originale a quella religiosa manifestazione.
Poiché avveniva però
spesso che per l'instabilità della stagione, la festa, celebrata nel
venerdì di Passione, non riusciva come ai più caldi madriciari sarebbe
piaciuto, essi pensarono di trasportarla nella 3ª domenica di Maggio. Il 15 febbraio 1910 l'arcivescovo di Siracusa Mons. Luigi Bignami confermava e disciplinava la detta trasposizione.
Per
questa occasione il maestro Alfio Pulvirenti, direttore della Banda
musicale, musicò l'Inno alla Madonna Addolorata, il cui testo era stato
scritto dall'arciprete-parroco della Chiesa Madre, Mons.Francesco
Rimmaudo».
Lo svolgersi della Festa:
Il primo evento ha luogo il martedì successivo alla domenica di
Pasqua, quando, presso la sagrestia della Chiesa Madre, si insedia il
Comitato dei festeggiamenti, presieduto dal Parroco, collaborato dal
Vicepresidente, dal Tesoriere e dal Segretario. Non appena viene formato
il Comitato, si dà inizio alla prima raccolta dei contributi da parte
dei presenti, cui segue il suono festante delle campane e lo sparo
beneaugurante e simbolico di sette bombe a cannone.
La domenica che precede la festa si svolge la “
Cena”: ogni
iniziativa richiede risorse, ed il popolo contribuisce alla festa non
solo con offerte in denaro, ma anche con doni in natura, che sono
raccolti a cura del comitato organizzatore la mattina e messi all'asta
nel pomeriggio della domenica precedente la festa. È un momento atteso
dalle persone dei vari quartieri, che spontaneamente preparano tavoli
addobbati e pieni di doni. C'è di tutto: pasta, vino, salsiccia,
liquori, il nostro tipico formaggio locale (il "cosacavaddu rausanu"),
dolci di ogni genere, ortaggi, frutta, carne, ecc. Importante è la
figura del banditore al quale è richiesta simpatia ed abilità; la prima,
per intrattenere coloro che assistono interessati all'asta; la seconda,
per spingere i presenti all'acquisto, elevando il più possibile il
livello dell'offerta.
In preparazione della festa, nella Chiesa Madre si svolge un devoto Settenario (detto “
a Sittina”
composto prima del 1880): si tratta di sette strofe (chiamate in
dialetto “spate”) cantate da due tenori ed un baritono in Chiesa Madre
al termine della Messa vespertina. Le “spate” raccontano i sette dolori
di Maria (1- la profezia di Simeone; 2- la fuga in Egitto; 3- il
ritrovamento di Gesù nel tempio; 4- l'incontro di Gesù e la Madre sulla
via del Calvario; 5- la Crocifissione di Gesù; 6- la morte di Gesù; 7-
la deposizione con la sepoltura) e sono composte da otto ottonari piani,
di cui le prime sei musicate a due a due per una voce, mentre l'ultima
si canta a tre voci. La “Sittina” si svolge dal venerdì precedente la 2ª
domenica di maggio al giovedì successivo. Il venerdì precedente la
domenica della festa si svolge, invece, la
Via Matris, una
processione esterna con il quadro dell'Addolorata, nel corso della quale
si canta per l'ultima volta la “Sittina”. Per tutta la durata del
Settenario l'Altare Maggiore della Chiesa Madre rimane velato da una
pregevole tenda di filet ricamata nel 1928 nel laboratorio della
signorina Giuseppina Agosta. Il ricamo è costituito da un grande cuore
trafitto da una spada, dai simboli dei quattro Evangelisti e dalle
parole di Gesù a Giovanni: “Ecce Mater Tua”.
Il sabato vigilia della festa si tiene la processione detta “
a piddiata ro mantu”,
ovvero una processione dalla Chiesa di San Biagio alla Chiesa Madre con
il prezioso manto di velluto blu notte che avvolge il simulacro, la
spada, la raggiera e il fazzoletto che la Madonna stringe tra le mani. A
tale processione segue quello che è tra i momenti più attesi e carichi
di emozione, nonché suggestivi ed affascinanti della festa: la “
Svelata”.
È un momento molto atteso da tutti perché dopo un anno il simulacro
settecentesco della Vergine Addolorata, gelosamente custodito nella
nicchia dell'Altare laterale a Lei dedicato, riappare agli occhi dei
tantissimi fedeli che gremiscono la Chiesa. Per l'occasione l'Altare
Maggiore su cui viene disposto il simulacro viene adornato da uno
splendido addobbo costituito da innumerevoli fiori, tende, stucchi,
elementi architettonici appositamente creati, candelabri, ceri e
quant'altro occorra a rendere l'addobbo dell'altare un elemento di
sorpresa, di fascino e di distinguo della festa. La “Svelata” si celebra
all'inizio della Messa pomeridiana e consiste nel ritiro della tenda di
filet, accompagnato dal lancio di petali di rose e di volantini in
tutta la navata centrale, nonché dallo sparo di una nutrita
moschetteria, e dagli entusiastici “Viva Maria Addolorata!!!” che hanno
inizio con l'apparire del simulacro dell'Addolorata. Subito dopo la
“Svelata”, uno stuolo di voci bianche (circa 150 bambini) canta l'
Inno all'Addolorata.
È uno dei momenti più vibranti ed emozionanti della festa. Subito dopo
l'Inno continua regolarmente la solenne Celebrazione Eucaristica.
L'alba della domenica della festa è salutata dallo sparo di un
centinaio di colpi a cannone ed altri artifizi più elaborati, cui
risponde il suono gioioso e festante delle campane della Chiesa Madre.
Sin dal mattino i fedeli giungono a trovare posto nel vastissimo Duomo
della Chiesa Madre per partecipare alla solenne Celebrazione Eucaristica
e per fare affidamento alla Vergine Addolorata. Nel pomeriggio si
assiste ad un altro momento cloue della festa: “
a sciuta”. La
Madonna, posta nel suo magnifico fercolo dorato, sospinto con devozione,
entusiasmo e senso di appartenenza da circa 100 portatori, esce dalla
“Matrice” tra gli entusiastici “Viva Maria Addolorata!!!” dei fedeli, lo
scampanìo e il tradizionale “Trionfo di Maria SS. Addolorata” (la
caratteristica marcia della festa eseguita dalle bande musicali). Subito
dopo l'uscita, il fercolo fa trionfalmente ingresso nella vicina Piazza
Fonte Diana, straripante di fedeli, ove il coro di bambini canta
nuovamente l'Inno all'Addolorata, seguito dallo sparo di numerosissimi
mortai a volantini e da una prolungata moschetteria. Segue poi la lunga
processione per le strade cittadine fino alla mezzanotte, al termine
della quale segue, come consuetudine e tradizione vuole, un imponente
spettacolo pirotecnico, che conclude in maniera entusiasmante la ricca
giornata di festa.
- La seconda domenica di Luglio si festeggia il Patrono di Comiso, San Biagio,
al quale i Comisani attribuiscono il merito di aver difeso il paese
dalla peste e dal terribile terremoto del 1693. La domenica della festa è
un susseguirsi di Sante Messe officiate da tutti i parroci delle
parrocchie comisane; la chiesa di San Biagio per tutta la giornata è
perennemente traboccante di fedeli che si affidano al loro Santo
protettore. La processione pomeridiana con il simulacro del Santo
Vescovo martire è caratterizzata da una infinità di fedeli che fanno "u
viaggiu" (la processione) per espletare il voto
fatto (un sacrificio che i fedeli si prefiggono di offrire al Santo,
per grazia ricevuta o da ottenere): chi percorre l'intera processione a
piedi scalzi; chi porta a spalla il simulacro per l'intero percorso; chi
porta le torce votive decorate (i 'ntocci) con i ceri accesi; chi
recita il Santo Rosario.
Manifestazioni
Vetrina di espositori locali, che mira alla promozione
dell'artigianato, dell'enogastronomia, dell'economia locale. Si tiene
nello scenario del centro storico di solito nei primi giorni di giugno.
Avviata nel 1995, assunze il nome di "Arti e Mestieri" fino al 1999,
anno in cui cambio denominazione in "L'isola dei mestieri",
dall'edizione 2009 ha ripreso il vecchio nome.
Nato nel 1988, è un appuntamento ormai decennale per la città di
Comiso che nel mese di settembre si ritrova per le vie del centro
storico per assistere a concerti musicali, spettacoli, cabaret, rassegne
cinematografiche.
Giarratana
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Giarratana è un
comune italiano di 3.092 abitanti
[2] della
provincia di Ragusa in
Sicilia.
Storia
Tracce
preistoriche, probabilmente dei
siculi, risalenti al
II millennio a.C. sono state ritrovate in località Scalona e più recenti a Donna Scala. Sulla cima del
Monte Casale, in posizione strategica dominante la valle dell'Irminio, si trovava la città greca di
Casmene, avamposto militare di
Siracusa
. In tale città si venerava forse il dio Ares, poiché sono state
trovate armi nel tempio cittadino. La polis aveva un impianto
urbanistico composto da 38 strade parallele orientate nord-sud ed era
munita di una cinta muraria lunga 3,4 km. Vicino Giarratana in
Contrada Orto,
durante il XIX secolo, è stata ritrovata una villa di epoca romana
tardo-imperiale con mosaici pavimentali lungo la via "regia trazzera".
Il paese, di cui non restano tracce, alcuni storici antichi lo
ritenevano nominato da Cicerone.
[3]
Dal periodo
normanno ci sono le prime tracce scritte su Giarratana. La cittadina fece parte della
Contea di Ragusa con
Goffredo figlio di
Ruggero I;
in questi anni iniziò la fortificazione del paese, con mura e un
castello, anche se Giarratana solo agli inizi del XIII secolo fu
inserito nell'elenco dei "castella di Sicilia". Durante il regno dell'
Imperatore Enrico IV
di Germania Giarratana divenne feudo, dal 1195 in poi, di Rinaldo
D'Aquaviva, un parente dell'imperatore stesso. Il paese è stato retto da
importanti famiglie nel basso Medioevo; i più importanti feudatari
furono Gualtieri di Caltagirone, Nicola Lancia, Nicola Alagna e Sancio
Heredia. Il borgo prese parte ai Vespri Siciliani schierandosi contro
gli Angioini che furono massacrati nel 1299 dagli Aragonesi dopo una
battaglia, che diede il nome a una contrada: Porta dei Francesi. Nel
1308 il Vaticano citò il paese poiché la già antica Chiesa di San
Bartolomeo, Patrono ab antiquo, contribuiva alla decima, una tassa
medievale. Nel
1400,
a seguito della partecipazione di Giarratana alla rivolta contro re
Martino I, con Bernardo Cabrera, il feudo fece parte della
Contea di Modica,
il conte però dovendo pagare alcuni debiti vendette Giarratana a
Niccolò Caseggia che poi la vendette di nuovo alla famiglia Settimo.
Questa famiglia, di origine pisana, comprò la baronia di Giarratana nel
1454. Nel paese furono costruite nuove chiese, che si aggiunsero a
quelle già esistenti, per un totale di ben 12 chiese. Nel 1559 Carlo
Settimo, per essersi distinto nella lotta contro i turchi, ottenne
l'elevazione del feudo da baronia a marchesato. L'importanza di
Giarratana crebbe notevolmente con la signoria dei Settimo, tanto che
papa Alessandro VII nel 1600
vendette il corpo della santa ai
signori di Giarratana; il corpo di Santa Ilaria fu in verità acquistato a
Roma dal sacerdote Antonio Distefano. Il corpo oggi è custodito nella
secolare chiesa di San Bartolomeo. Per quanto concerne l'acquisto del
corpo di Santa Ilaria cf. "Documenti per la storia della chiesa di S.
Bartolomeo apostolo di Giarratana nel '600" Ragusa 2010, pag. 14; il
sacerdote Antonino Distefano, come attestano alcuni documenti esaminati
nell'opera citata (pag. 43, 57) acquistò "suo munere" (prima del 1667)
il corpo della martire da papa Alessandro VII (Fabio Ghigi). Nel 1686 fu
castellano di Giarratana don Giuseppe Distefano, nobile dei b.ni di
Cutolia.
[4] Nel 1644 la Madonna della Neve venne proclamata, per ordina regio, Patrona della città.
Il nome precedente al terremoto del
1693 era
Cerretanum Jarratanae. L'antico centro abitato oggi chiamato
Terravecchia[5] era più a Nord, in prossimità del Monte Lauro. In seguito al terremoto del 1693, che rase al suolo l'intera
val di Noto e che causò 541 vittime, la nuova
Giarratana venne ricostruita più a sud, sulle falde di una ridente collina chiamata
Poju di li ddisi. Il 26 agosto
1693
nacque ufficialmente la nuova Giarratana. Con un atto notarile Donna
Pasqua vendette ai giurati di Giarratana la collina dove sorgerà
l'attuale cittadina. Prime fra tutte si iniziarono ad edificare le
chiese, nella stessa posizione che avevano nell'abitato pre terremoto. A
nord la basilica di
Sant'Antonio abate, a sud la chiesa di
San Bartolomeo e, in posizione centrale, la Chiesa Madre dedicata a
Maria SS Annunziata e
San Giuseppe.
Nel 1703 il marchese Girolamo Settimo iniziò la costruzione di un
palazzo signorile sulla sommità della collina; di tale struttura,
chiamata dai giarratanesi castello, rimangono solo i ruderi.
I marchesi risiedettero pochi anni nel palazzo, che già agli inizi
dell'Ottocento era decaduto. Le altre famiglie benestanti di Giarratana
divennero la nuova aristocrazia latifondista; si ricordano i Barone, i
Dell'agli, i Calafato e i Cannizzo.
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Altri monumenti
- I ruderi del Castello dei Settimo del 1703.
- Casmene, una colonia siracusana abbandonata fondata nel 644. Si trova verso Palazzolo Acreide su una strada che devia verso il Monte Lauro.
- Museo a cielo aperto, zona archeologica ' u cuozzu '.
- Villa romana presso la contrada "orto mosaico", con mosaici pavimentali.
- Il parco di Calaforno, che condivide con Monterosso Almo, dove si trova un Ipogeo Preistorico: un susseguirsi di ben 35 piccole camere che in epoca remota sono servite da necropoli e riadattate poi ad abitazioni.
- Palazzo barone
- Il sito archeologico di "Terravecchia"
- "u rugghiu"
- villa romana in contrada margi
- necropoli preistoriche
- chiesetta bizantina
- catacomba cristiana
- castello in contrada monterotondo
Lingue e dialetti
Oltre alla lingua ufficiale italiana, a Giarratana si parla la lingua siciliana nella sua variante metafonetica sud-orientale. La ricchezza di influenze del siciliano, appartenente alla famiglia delle lingue romanze e classificato nel gruppo meridionale estremo, deriva dalla posizione geografica dell'isola, la cui centralità nel mar Mediterraneo ne ha fatto terra di conquista di numerosi popoli gravitanti nell'area mediterranea.
Eventi
Sant'Antonio Abate
La basilica di S. Antonio
Grande è la partecipazione alla liturgia del 17 gennaio che dà il via
alle festività annuali del paese. La festa di Sant'Antonio Abate trae
la sua origine nella povera economia agricola. Al Grande Santo
ricorrevano umili contadini e pastori, ciò legato al fatto che la Chiesa
gli ha riservato il protettorato sugli animali. A tal proposito,
Giarratana conserva l'originalità della benedizione degli animali, i
quali vengono portati, durante il vespro e dopo la prima processione che
sosta in Chiesa Madre, al cospetto della secolare e artistica statua.
La mattina il fragore dei colpi a cannone, lo scampanio solenne delle
campane della Basilica e il giro per le vie cittadine del corpo
bandistico annunciano il giorno della festa. Il Corso Umberto, via che
conduce fino alla Basilica del Santo, diventa un brulicare di fedeli che
vanno ad assistere alla Solenne Celebrazione Eucaristica delle ore
11.00. Alle 12.00 il simulacro del Santo, caricato sulle spalle dei
devoti, attraversa la navata centrale e al grido “viva Sant'Antonii” fa
la sua uscita dalla Basilica. I rintocchi dell'antica campanella
d'argento, le note della banda musicale, accompagnano i fuochi
pirotecnici, il suono delle campane e la pioggia di “nzaiareddi” creando
un'atmosfera suggestiva. Inizia la processione, che vede il simulacro
portato tra le stradine del centro storico. Nel pomeriggio la
tradizionale benedizione degli animali davanti il sacrato della Chiesa,
la quale fa rivivere il senso più naturale e antico della festa:
protezione che un tempo i contadini chiedevano e ricevevano per i propri
animali, ricordo ancora vivo della Sicilia rurale. A ciò segue la
tradizionale “cena” con tipici dolci offerti al Santo e venduti
all'asta. La sera, verso le 20.00 Sant'Antonio Abate ritorna tra le vie
di Giarratana, attraversando la parte nuova dell'abitato per ritornare
nella sua Basilica.
S. Giuseppe
Il 19 marzo e il 19 settembre ricorre la festa in onore del Santo
Patriarca San Giuseppe, protettore che unisce tutti i cittadini in una
festa molto antica, di umili origini, ricca di devozione e spiritualità.
Il fulcro dei festeggiamenti si ha solitamente in Chiesa Madre, qui
si svolgono le celebrazioni liturgiche e si effettua l'uscita a spalla
del Santo alle ore 12,00 in punto. Con la processione diurna S. Giuseppe
va a far visita alla Madonna nella Chiesa di S. Antonio e giunge
successivamente a S. Bartolo. La processione continua per i suggestivi
vicoli stretti e ripidi della parte alta del paese per far nuovamente
ritorno nella Chiesa Madre. Il pomeriggio si svolge la tradizionale cena
dove i tipici dolci e piatti vengono offerti al Patriarca e venduti
all'asta. La sera il Santo riesce dalla Chiesa per la processione serale
ma non più portato a spalla ma trainato da un carro motorizzato e
accompagnato dalla banda così come la mattina. Al termine della
processione, il rientro in Chiesa Madre viene accompagnato da
scoppiettii di cannone e dalle note finali della banda “V. Bellini”.
Maria SS. della Neve
Il 5 agosto di ogni anno, grande festa a Giarratana in onore di Maria
SS. Della Neve. Lo splendido simulacro della Madonna, custodito nella
basilica di S. Antonio Abate, viene tradizionalmente portato in
processione il 5 agosto di ogni anno, a meno di venti giorni dall'altra
grande festa, quella del patrono S. Bartolomeo apostolo.
Alla
festa della Madonna della Neve
vi è grande partecipazione di fedeli, e numerosi sono i devoti
impegnati nel portare per le vie del paese il simulacro della Madonna
sul suo artistico fercolo. Alle 12.00, le campane della basilica
cominciano ad oscillare invitando il popolo a festeggiare la solenne
uscita della patrona, con lo sparo di numerosi nastri multicolori
(‘nzaiareddi), il suono della banda musicale e l'applauso disteso dei
fedeli accorsi per salutare la Vergine Maria.
I devoti, dopo aver alzato in aria il fercolo, con le braccia tese, e
dopo aver compiuto diverse manovre avanti e indietro davanti alla
basilica, partono in corsa e affrontano la salita con grande
determinazione, concludendo in cima con l'applauso generale degli
astanti. Inizia così la processione, che si dirige quasi subito, dopo
esser passata davanti la chiesa madre, verso la chiesa di S. Bartolomeo
Apostolo. Lì, si assiste alla suggestiva salita alla Chiesa di S.
Bartolomeo, attraverso una ripidissima rampa di scale. Quest'operazione
richiede la collazione di esterni, infatti, molti si riuniscono attorno
al fercolo nel tentativo di sorreggerlo, di spingerlo, di alzarlo, fin
quando non si troverà all'interno della Chiesa nella quale si assisterà
solo a qualche minuto di preghiera, in presenza del Patrono esposto
sull'altare maggiore. Successivamente si ricomincia la processione che
continua per le vie del paese, attraversa vicoli e strade, e risale
verso la Chiesa Madre, dove il fercolo e la Madonna verranno ospitati.
Il pomeriggio si svolge la tradizionale cena dove i tipici dolci e
piatti vengono offerti alla Patrona e venduti all'asta. In serata,
un'altra processione conclude i festeggiamenti .
La sagra della cipolla
A Giarratana una tradizione antichissima che, da 35 anni a questa
parte, si perpetua con l'organizzazione di una sagra in grado di mettere
in vetrina le peculiarità di un ortaggio che, proprio nel centro
montano dell'area iblea, trova la sua magnificenza. Accadrà anche
quest'anno, con la “Sagra della Cipolla” edizione 2013, in programma il
14 agosto. I preparativi per la festa cominciano giorni prima con la
preparazione di piatti tipici a base di cipolla, ad esempio la focaccia.
Pochi giorni prima della sagra vengono allestiti degli stand nei
quali la cipolla viene cucinata e servita in ogni modo, cotta, cruda,
accompagnata da formaggio, vino e altre bontà. Oltre a questi vengono
allestiti altri stand con i prodotti tipici del paese come ad esempio:
il torrone “Trapani”, il miele di “Roccuzzo”, l'origano di “Drago”,
l'olio, il paté e le olive di “Angelica”, il formaggio-pecorino di
“Lissandrello” e “Tuminello” e i buoni biscotti del “Forno delle
tradizioni”.
Tutto ciò costituirà il momento clou di questa 35ª edizione che, come
ogni anno, è in grado di richiamare migliaia di persone sino a far
diventare Giarratana un punto di riferimento insostituibile dell'area
iblea in occasione della vigilia di Ferragosto. A rendere ancora più
suggestivo l'appuntamento il grande concerto che, come ogni anno, si
tiene in piazza “13 ottobre 1902”, nel cuore di Giarratana. A fine
serata viene premiata la cipolla più grossa che quest'anno ha raggiunto
il peso di 1.800 g.
Tanti altri sono i momenti che caratterizzeranno la giornata del 14
agosto, a cominciare dalle visite guidate al museo a cielo aperto oltre
all'esposizione di mostre di manufatti in terracotta presso l'aula
consiliare. Senza dimenticare la rassegna sui prodotti tipici
dell'artigianato ibleo, l'esposizione al palazzo Barone di manufatti e
filati, nel quartiere “Cuozzu”, e nei bassi dell'altro palazzo Barone,
in via XX Settembre. La cipolla per Giarratana risulta essere motore di
sviluppo economico, e per questo non possiamo non dedicarle una sagra
con tutti gli onori.
S. Bartolomeo apostolo
La chiesa di San Bartolomeo
Ogni anno molti emigrati rientrano a Giarratana il 24 agosto per la
festa di S. Bartolomeo, patrono principale 'ab antiquo' di Giarratana.
Questa ha inizio il 16 agosto, quando il suono delle campane, suonate a
mano, della Chiesa del Santo Patrono, tra lo sparo di 24 colpi a
cannone, annunciano la discesa della “vara” del Patrono, che lascia
l'altare maggiore della Chiesa di San Bartolomeo di Giarratana, dove è
stata custodita per un intero anno, per essere posta nella navata
centrale.
Una settimana intera di festeggiamenti, ricca di eventi e spettacoli.
Evento culminante è quello della secolare Fiera di San Bartolomeo (“a
fera ro patronu”) la quale si svolge il 21 agosto con la promozione di
prodotti tipici locali, agricoli e per l'allevamento.
Il 24 agosto la santa messa delle ore 11:00 viene celebrata dal
Vescovo di Ragusa. A seguire la tradizionale “Sciuta” del simulacro di
mezzogiorno con lo sparo di mortai e il lancio degli “nzaiareddi”
accompagnato dal corpo musicale “V. Bellini”. Tutti i devoti che portano
il santo vestono con magliette rosse. In un clima di gran confusione e
di commozione san Bartolomeo inizia la discesa di quei ripidissimi
diciannove gradini. Una muraglia umana ne accompagna l'arrivo in strada.
La processione inizia il suo lento camminare, scandito dal suono della
campana d'argento, tra il quartiere antico “u cuozzu”. Di pomeriggio
sono tanti i cittadini che offrono i prodotti di qualsiasi genere
alimentare per la tradizionale Cena. A concludere è la processione
serale, che riprende il cammino interrotto la mattina fino a sera
inoltrata. Subito dopo l'entrata tutti i cittadini si recano verso la
villa comunale del paese per assistere a fantastici fuochi d'artificio.
Il presepe vivente
Nel momento più magico dell'anno, Giarratana diventa un presepe
incantato. Un intero paese rivive il natale attraverso "Quadri viventi"
di intensa suggestione. Ne sono attori gli stessi cittadini,
riappropriatisi di luoghi e tradizioni dei loro padri. Ed ecco, al calar
della sera e al chiarore di lumi a petrolio e candele, animarsi vicoli,
abitazioni e botteghe; ecco riprender vita tutto un mondo, quello fra
la fine dell'ottocento e i primi del Novecento, tipicamente rurale e
artigianale.
I numerosi visitatori, si inoltrano a piccoli gruppi lungo un
percorso prestabilito nel quale i quadri viventi hanno un'appropriata
cornice. Nelle strade di Terravecchia, gli uomini, le donne e i bambini
che indossano costumi d'epoca e lavorano con gli strumenti e gli arnesi
degli antichi mestieri scomparsi, rievocano il passato di questa
cittadina.
Un tempo in cui gli agricoltori, le massaie, gli artigiani e gli
allevatori seguivano i ritmi del giorno e della notte, e la loro vita
scorreva in sintonia con la resa dei raccolti nei campi, le feste
tradizionali e le antiche consuetudini. I paesani rappresentano con
genuinità l'autenticità di questo evento che, ogni anno, regala un
momento magico ai visitatori.
La grotta della Natività è ambientata alla sommità dell'abitato
antico di Giarratana, fra i ruderi del Castello dei Marchesi Settimo,
noto in paese come "U Castieddu", simbolo della cittadina montana. In
quest'ultima scena, che riassume tutte le altre, il silenzio diventa
protagonista, rispetto ai suoni, agli odori, alla musica, ai gesti
quotidiani che fanno parte integrante degli altri quadri viventi.
Il tutto si svolge all'interno del “Museo a Cielo Aperto”, tuffo
nella memoria, dove ogni cosa esposta in un magico itinerario di
tradizioni ha il dolce sapore del ricordo. Si trova nella parte più
antica della città, "U Cuozzu". È uno spazio dedicato alla civiltà
contadina e artigiana ed è suddiviso in 15 ambienti rappresentanti la
quotidianità, i costumi, gli usi delle arti e degli antichi mestieri.
Lungo le scalinate più caratteristiche del paese, fatte di pietre
bianche e oasi di pace e verde, sono stati ricreati gli ambienti
prescelti da questo Museo all'aperto. Della masseria è ricostruita la
stanza in cui si cucina il pane, il formaggio, e la ricotta cucinata con
l'attrezzo chiamato "a caurara". Nella casa del contadino sono riposti
gli aratri, "u mazziaturi" per i cereali e il carretto (u carrettu) per
trasportare i prodotti della terra. L'ambiente familiare è il regno
della massaia che utilizza gli attrezzi caratteristici come "u scanaturi
", "a maidda" e "a sbriula" mentre la biancheria lavata viene stesa ad
asciugare sul "circu ra conca".
Ispica
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Ispica (
Ispica o Spaccafurnu in
siciliano) è un
comune italiano di 16.063 abitanti
[1] della
provincia di Ragusa in
Sicilia.
Settimo comune più popoloso della provincia, è situato sulla costa
sud-orientale dell'isola e confina a nord-ovest con il territorio del
comune di
Modica, a ovest con
Pozzallo, a sud-est con il territorio di
Pachino e ad est con il territorio di
Rosolini e
Noto (questi ultimi tre in
provincia di Siracusa).
Geografia
Territorio
Situata su una collina ("
colle Calandra") ad un'altitudine di 170 m s.l.m. e a 7 km dalla costa, dista 31 km a sud-est del
capoluogo provinciale. Il territorio ha un'altitudine che va dai 0 m s.l.m. ai 309 m s.l.m.
[3] ed è il sesto della provincia per superficie (113,5 km²). Include il
Parco archeologico della Forza, con scavi e reperti fin il
1692, e
Cava Ispica, riserva naturale prossima a far parte del
Parco nazionale degli iblei. Inoltre fanno parte le riserve naturali dei
Pantani, del
Maccone Bianco e dell'
isola dei porri, uno scoglio meta di escursioni subacquee, situato a 2 km dalla costa. Ad est, lungo la
Cava Ispica, è attraversato dal fiume Busaitone, spesso in secca, le cui acque alimentavano, con il nome di
Rio della Favara, i
Pantani. La sua costa si estende fra il comune di
Pozzallo e quello di
Pachino, in
provincia di Siracusa, per 13 km di lunghezza, prima con tratti bassi e sabbiosi e poi alti e rocciosi.
"Punta Ciriga", che si trova nel territorio comunale, segna il punto più meridionale della
provincia di Ragusa.
Clima
Il clima nella città di Ispica è temperato di tipo
mediterraneo,
è caratterizzato da inverni miti ed estati abbastanza calde. La
piovosità è in genere scarsa: una media dei rilevamenti del trentennio
1961-
1990, registrati dalle due
stazioni di rilevamento di Gela[4], e di
Cozzo Spadaro[5][6] evidenzia, per il trimestre giugno-agosto, precipitazioni di appena 2–3 mm di
pioggia.
L'
umidità relativa
media è invece significativa e si mantiene a una media del 72-79%,
salvo una flessione al 66-69% nel trimestre giugno-agosto. La
temperatura media annua oscilla sui 18°-19° mentre il valore della media delle temperature massime del mese più caldo si attesta sui 30°
[7].
Un discorso a parte merita il microclima presente nelle zone costiere
del comune: Santa Maria del Focallo, Marza, Ciriga. La presenza del
mare e di una zona pianeggiante seppur limitata fa sì che vi siano
differenze accentuate rispetto alla stessa città posta su una collina e a
6 km dal mare. In inverno come in estate nelle notti serene e con
assenza di vento le temperature possono scendere anche di 3 - 4 °C in
meno rispetto alla città di Ispica. In estate, specialmente di giorno,
la brezza marina molte volte forte è spesso presente e mantiene le
temperature molto più fresche e sopportabili anche sui 5 °C in meno
rispetto all'entroterra.
Ispica, come del resto tutte le aree a sud e costiere della
Provincia di Ragusa,
non ha stazioni meteorologiche. Quindi un'indicazione di massima ci
viene fornita principalmente dai dati rilevati dalla stazione di
Cozzo Spadaro su territorio di
Portopalo di Capo Passero in
Provincia di Siracusa essendo ubicata sulla costa e a pochi chilometri dal territorio ispicese:
COZZO SPADARO (51 metri s.l.m.)[5][6]. |
Gen |
Feb |
Mar |
Apr |
Mag |
Giu |
Lug |
Ago |
Set |
Ott |
Nov |
Dic |
Anno |
Temperatura massima media (°C) |
15 |
15 |
17 |
19 |
22 |
26 |
30 |
30 |
28 |
24 |
20 |
17 |
21,9 |
Temperatura minima media (°C) |
9 |
9 |
10 |
12 |
15 |
19 |
21 |
22 |
21 |
17 |
14 |
11 |
15 |
Piogge (mm) |
61 |
43 |
33 |
18 |
13 |
27 |
2 |
5 |
25 |
78 |
51 |
71 |
427 |
Storia
Origini ed etimologia del nome
Ipotesi sull'etimologia del nome |
Chiesa Madre - Si legge il nome della città in latino Hyspicefvndi
Chiesa della Madonna del Carmelo - Visibile il toponimo Hyspicefundiom in latino
L'etimologia del nome Ispica è incerta. Per alcuni il nome deriva dal latino gypsum ("calce") o dalla frase greca gupsike kaminos ("fornace da calce"), che si ricollega anche con il toponimo di "Spaccaforno"[8]. Altri sostengono che il nome derivi da quello dell fiume Hyspa[9],
che scorreva nella vallata. Il toponimo "Spaccaforno" potrebbe derivare
dall'unione dei termini "Spacca", derivazione fonetica di "Ispica" e
quindi dal latino "speca" ("grotta")[10],
e "forno", indicante le sepolture a forma di forno rinvenute nei pressi
dell'abitato. Altri sostengono la tesi che il toponimo deriverebbe
invece dalla deformazione della locuzione greca "eis pegas", "verso le
fonti" (del fiume Busaitone che attraversa la Cava Ispica).
Molto probabilmente tutti i vari passaggi che hanno portato alla
denominazione attuale deriverebbero da una corruzione della locuzione
latina Hyspicaefundus ("fondo di Cava Ispica"). |
Una
catacomba paleocristiana
in località San Marco e e una necropoli in contrada vignale San
Giovanni testimoniano che la zona era abitata in epoca tardo romana.
Secondo la tradizione,
sant'Ilarione di Gaza, eremita, avrebbe soggiornato nella regione, in una grotta di
Cava Ispica tra il
III e il
IV secolo, frequentando la chiesetta di Santa Maria della Cava
[11]. L'antichità della chiesa è sottolineata nella scritta presente in uno scudo dipinto sul portico: "
Antiquam terra fieret ego sum.." ("Prima che la terra (il paese) fosse io sono..."). La città ha avuto il nome di
Hyspicaefundus in epoca romana, successivamente cambiato in
Spaccaforno fino al
1934.
Medioevo
Nel territorio si succedettero le dominazioni
sicula,
greca,
romana e
bizantina. Lo storico palermitano
Antonio Mongitore, nel suo
Della Sicilia Ricercata, riferisce che l'
apostolo Paolo
avendo soggiornato a Spaccaforno, non lontano dal castello, fece
scaturire una fonte, al contatto della cui acqua i serpenti
intorpidivano e morivano. La località di Porto Ulisse sulla costa fu
usata come porto naturale fino a quest'epoca, come conferma il
ritrovamento nel tratto di mare antistante di un relitto datato al
VI secolo[12]. I
musulmani arabi e berberi dominarono la regione dal IX all'XI secolo. È in questo periodo che nasce la leggenda di una
magha sarachina
a cui si attribuisce la costruzione di un centro abitato: secondo tale
leggenda la maga fu seppellita a Ispica, e volle trasmettere le sue
virtù alle abitanti, che pare le perpetuarono per parecchi secoli
[13]. Ad ogni modo la dominazione saracena prese fine quando tutta la Sicilia sud-orientale fu liberata da
Normanni guidati da
Ruggero il Normanno. Il primo documento che menziona l'abitato con il nome di
Isbacha è del
1093, in una bolla che
papa Urbano II emanò subito dopo la fine dell'occupazione araba della regione. Un'altra bolla del
1169 di
papa Alessandro III assegnò al vescovo di
Siracusa anche le "ecclesias quae sunt in tenimento
Spaccafurni cum pertinentiis suis"
[14].
Dopo essere passata nella dominazione
sveva e
angioina, all'inizio del
XIV secolo fu in possesso del viceconte Berengario di Monterosso, tesoriere del regno, che ne fece dono alla regina
Eleonora d'Angiò, moglie del re
Federico III.
Parco Forza: Resti del Castello - Fortilitium
Pietro II
la concesse in feudo al fratello Guglielmo duca di Atene, dal quale
passò in eredità al suo maggiordomo Manfredi Lancia. Fu confiscata
quindi agli eredi di questi, che si erano ribellati al re
Federico III. Occupata da Francesco Perfoglio nel
1367 gli fu concessa in feudo nel
1375. Il territorio seguì quindi le vicende della contea di
Modica e fu in possesso di Andrea
Chiaramonte e dopo la sua ribellione fu assegnata dal re
Martino I a
Bernardo Cabrera. Nel
1453 passò a Antonio Caruso di Noto, "maestro razionale" del regno
[11] e nel
1493 fu portata in dote dalla figlia di questi, Isabella Caruso, al marito Francesco II
Statella e gli eredi ne rimasero in possesso fino all'abolizione della feudalità nel
XIX secolo.
[14]
Il Terremoto del 1693
L'11 gennaio
1693 alle ore 13,30
Ispica fu colpita da un violento terremoto il quale, assieme al
terremoto del 1908, rappresenta l'evento catastrofico di maggiori dimensioni che abbia colpito la Sicilia. Con un'intensità pari a 7,4°
[15]
della scala Richter è stato in assoluto il terremoto più intenso mai
registrato nell'intero territorio italiano. L'evento sismico ha
provocato la distruzione totale di oltre 45 centri abitati, interessando
con effetti pari o superiori al X grado MCS (scala Mercalli)) una
superficie di circa 5600 km² e causando un numero complessivo di circa
60.000 vittime e raggiungendo in alcune aree l'XI grado MCS. Il
terremoto rase al suolo l'intera cittadina che prima si estendeva per
gran parte all'interno della
Cava Ispica. Inoltre scomparve
il Fortilitium(castello medievale della famiglia
Statella)
e numerose chiese non più ricostruite. Inoltre il sisma inevitabilmente
favorì fame e malattie come la peste, la quale colpì chi fortunatamente
era sopravvissuto ad esso. Nonostante le numerose perdite, i pochi
rimasti ebbero la forza di ricostruire la città, grazie all'aiuto di
persone provenienti dai paesi vicini e alla generosa beneficenza dei
baroni locali.
Dopo il terremoto del 1693
La città venne quindi trasferita nella zona pianeggiante al di fuori
della cava, sebbene l'antico insediamento non fosse mai del tutto
abbandonato. Alcuni quartieri furono ricostruiti intorno alle chiese
rimaste in piedi (seppur danneggiate) di S.Antonio e del Carmine, mentre
gli altri furono costruite ex novo seguendo una struttura a scacchiera
con strade larghe e dritte, secondo il tracciato di due ingegneri venuti
da Palermo al seguito di don Blasco Maria Statella
[16]. La nuova
Spaccaforno
portò la nascita di bellezze barocche come Santa Maria Maggiore, la
Chiesa di San Bartolomeo e la S.S. Annunziata e, in seguito, all'arrivo
del
Liberty, con Palazzo Bruno e Palazzo Bruno di Belmonte di
Ernesto Basile. Dal
1812 la città fu incorporata nel distretto di
Modica e nella
provincia di Siracusa, dalla quale passò nel
1927 alla nuova
provincia di Ragusa.
Nel
1934
il Podestà Dott. Dionisio Moltisanti, sulla scia della politica
fascista del cambio dei nomi delle città e con l'avallo del prof.
Gaetano Curcio, Preside dell'
Università di Catania, chiese al governo, a nome della cittadinanza, il cambiamento del nome di
Spaccaforno in
Ispica. L'autorizzazione era concessa Con Regio Decreto 6 maggio
1935 e pubblicato il 21 giugno successivo.
Il 12 ottobre
1987 Ispica, su iniziativa dell'allora sindaco Dott. Quinto Bellisario, ha ottenuto il titolo di
città con
decreto del presidente della Repubblica[17].
Simboli
Stemma della famiglia
Statella sul portone d'ingresso della Chiesa Madre
Architetture religiose
Basilica di Santa Maria Maggiore
La facciata della basilica di Santa Maria Maggiore
La basilica
settecentesca venne progettata dall'architetto di
Noto Vincenzo Sinatra e vi è aggiunto un porticato con 23 passaggi che delimita la piazza. L'interno, a tre
navate conserva una decorazione in
stucco opera di Giuseppe e Giovanni Gianforma e affreschi del
1765 di
Olivio Sozzi. Ospita una statua del
Cristo flagellato alla colonna che venne qui trasferita dopo essersi salvata dal terremoto e che è oggetto di particolare venerazione durante i riti della
settimana santa.
L'edificio è stato dichiarato
monumento nazionale nel
1908[18].
Basilica della Santissima Annunziata
La chiesa dell'Annunziata
La chiesa venne costruita dopo il terremoto a partire dal
1704, in sostituzione dell'omonimo edificio distrutto nell'antica
Spaccaforno, oggi nel parco Forza.
All'interno conserva la decorazione a stucco in stile
rococò
del palermitano Giuseppe Gianforma e ospita alcune opere salvatesi
dalle distruzioni del sisma: un "Adorazione dei Magi" e una tavola
dell'"Annunciazione" del
1550. Contiene il
settecentesco Cristo con la Croce dello scultore
Guarino da Noto,
un gruppo scultoreo in legno con il Cristo e due Giudei, anch'esso
oggetto di particolarissima devozione da parte degli Ispicesi durante la
Settimana Santa.
Chiesa madre di San Bartolomeo
La chiesa matrice, consacrata a san Bartolomeo
La chiesa madre, consacrata a san Bartolomeo venne ricostruita dopo il terremoto a partire dal
1750
e completata nel corso di un secolo e mezzo. Esternamente è preceduta
da una doppia scalinata che la eleva rispetto alla piazza antistante. La
facciata coniuga elementi tardo-
barocchi con altri
neoclassici. L'interno è suddiviso in tre
navate
da pilastri di ordine tuscanico. Conserva all'interno il monumento
funebre di Don Giovanni Statella Caruso ed un pregevole altare del
Crocifisso in marmi policromi entrambi del XVII secolo, oltre ad un
antico crocifisso ligneo dell'interessante iconografia tardo-bizantina
del XV secolo.
Il crocifisso ligneo Crocifisso dipinto su croce lignea (sec.
XV). Presenta un'interessante iconografia tardobizantina. Il Cristo
nudo, con perizoma, dai tratti anatomici schematizzati, ha una testa
reclinata in avanti all´interno di un nimbo sporgente dal piano ligneo.
Nelle estremità dei bracci della croce sono rappresentati Maria (a
sinistra), Giovanni (a destra) e il pellicano in alto. Nella lettera di
donazione alla chiesa La marchesa Pilegra, vedova Statella, nel 1738,
scrive: «credo esser opera di Trapani».
Chiesa Madonna del monte Carmelo
Interno della chiesa: nicchia della Beata vergine Maria del monte Carmelo, patrona della città
Il complesso della chiesa e dell'ex convento del Carmine risale al
1534.
La sua struttura architettonica viene, via via, ad essere definita
lungo tutto il Seicento con 18 celle per i frati e gli altri locali di
servizio. Ridotto in macerie a causa del terremoto del 1693 viene
riedificato unitamente alla chiesa nel '700. Il prospetto della chiesa
comprende artigianali bassorilievi di stile rinascimentale databili tra
la seconda metà del sec. XVI e la prima metà del secolo XVII. Un putto
reggicartiglio sull'arco d'ingresso reca la data
1632
mentre tra lo stemma carmelitano e la base della nicchia con la statua
della Madonna del Carmelo si legge la data di una ristrutturazione della
facciata,
1730.
La fisionomia attuale viene definita alla fine dell'Ottocento con la
realizzazione della cella campanaria. Nel complesso è un risultato di
continue integrazioni col riutilizzo di frammenti architettonici legati
al momento tardorinascimentale. La chiesa ospita il simulacro della
Beata Vergine Maria del monte Carmelo, patrona della città.
[19]
Architetture civili
Palazzo Bruno di Belmonte
Palazzo Bruno di Belmonte
Il palazzo in stile
liberty più importante della
provincia fu commissionato dall'on.le Pietro Bruno di Belmonte all'architetto palermitano
Ernesto Basile, dal
1906. Non divenne mai dimora della famiglia
Bruno di Belmonte,
considerata la famiglia più importante della città dell'inizio del
secolo scorso, in quanto il palazzo non fu mai completato per lo scoppio
della Grande Guerra, poi nel 1918, per la morte di Giovanna Modica di
San Giovanni, moglie amatissima dell'On.le Pietro e infine nel 1921 per
la morte dello stesso Pietro. Solo una parte fu completata e resa
abitabile dopo il 1921 (l'arch. Basile da quattro piani dovette ricavare
cinque quote) quella dell'ultimo figlio dell'On.le Pietro, il barone
Giambattista, dove però visse solo la sorella Preziosa, unica tra i
figli dell'on.le Pietro a rimanere a Spaccaforno (gli altri si erano
trasferiti a Roma, Firenze, Napoli e Catania). Dal
1975,
dopo la vendita al Comune dei primi tre piani da parte di alcuni eredi
dei figli dell'On.le Pietro, il palazzo è divenuto sede municipale.
L'acquisto è stato completato solo nel 1978 con la vendita al Comune
anche del quarto e ultimo piano.
« Il palazzo con la sua
arcaica identità di un vero e proprio castello, spicca nel paesaggio
urbano e sembra rappresentare la contraddittorietà della sua terra,
divisa tra il torpore di un persistente medioevo e la volontà di
superare nella cultura, nell’intelligenza e nei legami con il continente
la condizione insulare e la sua intramontabile arcaicità » |
(Paolo Portoghesi) |
Altri monumenti di interesse storico
Chiese e conventi
La chiesa di Santa Maria del Gesù
Particolare della Torre di Palazzo Bruno di Belmonte - Sede comunale
Palazzi
- In piazza Unità d'Italia (già Regina Margherita): palazzo Bruno (Liberty) e torre dell'Orologio (epoca fascista);
- Ex-sede comunale ed ex-casa Statella in corso Garibaldi;
- Ex-mercato in corso Umberto che si inserisce nell'architettura sociale del regime fascista;
- Palazzo Modica disegnato dall'architetto catanese Paolo Lanzerotti;
- Palazzo Latino
- Palazzo Gambuzza
- Palazzo Zuccaro
Dintorni
Siti archeologici
Cava Ispica
La
Cava Ispica
è la più importante delle "cave" (profonda valle scavata dall'erosione
dell'acqua) nella Sicilia orientale. Lunga 13 km si estende nel
territorio dei comuni di
Modica, di Ispica stessa e di
Rosolini. È attraversata da un torrente che prende diversi nomi: Pernamazzoni all'ingresso e Busaitone all'uscita.
Vi si trovano una serie di abitazioni rupestri ed è stata abitata dalla
preistoria all'
Ottocento. Le varie fasi si sovrappongono l'una all'altra.
Parco archeologico della Forza
Ingresso principale del parco
L'ingresso di una grotta.
Situato presso lo sbocco sud-orientale nella bassa Cava Ispica, il
toponimo attuale della località, "Forza", deriva dalla corruzione
volgare di
Fortilitium, ossia "piccola fortezza". Sullo sperone
roccioso sorgeva infatti la dimora fortificata dei feudatari della
famiglia Statella. Ai piedi del castello si trovava l'antico abitato di
Spaccaforno: entrambi vennero distrutti dal terremoto del 1693.
La zona ha restituito tracce di frequentazione a partire dalla prima
età del bronzo
(reperti ceramici rinvenuti in corrispondenza dell'attuale ingresso).
L'Antiquarium del parco ospita reperti tra la prima metà del bronzo e il
1693.
Il parco è raggiungibile per mezzo di una discesa scavata nella
roccia ("cento scale") che parte da Cava Ispica, lungo la quale sono
visibili tracce di affreschi bizantini e tombe.
Catacombe di San Marco
Le catacombe di San Marco, a 2 km dal centro abitato costituiscono
una testimonianza della presenza cristiana nel territorio in epoca tardo
romana.
Necropoli Contrada Crocefia
Il 2 novembre 2013, a circa 3 km dal centro abitato verso Modica e a 300 metri dal lato ovest di
Cava Ispica,
durante una battuta di caccia è stata casualmente rinvenuta dal Dott.
Giuseppe Bellisario una necropoli fino ad allora ignota alla letteratura
locale.
[2] La Soprintendenza di
Ragusa ha stabilito che la necropoli risale al periodo
tardo-antico.
La necropoli conta circa 20 loculi funebri, tutti rivolti ad est. Nello
stesso sito e nelle sue prossimità sono state rinvenute anche diverse
lastre di copertura. L'intera area, con provvedimento della
Soprintendenza di Ragusa, è stata sottoposta a tutela archeologica.
[22]
Feste religiose e folklore
Santissimo Cristo alla Colonna
Santissimo Cristo con la Croce
Cristo Risorto, incontro con la Madre nella Domenica di Pasqua
A
Ispica le feste religiose assumono una particolare importanza grazie alla presenza di molte
confraternite, in particolare quelle della Santissima Annunziata e di Santa Maria Maggiore
[26], una volta antagoniste ed in competizione. Queste ultime infatti organizzano i riti della
Settimana Santa.
Settimana Santa
- Il Giovedì santo si svolge la "festa dei Cavari", che inizia alle due di notte con la via Crucis;
questa parte dalla chiesa rupestre di Santa Maria della Cava e termina
nella basilica di Santa Maria Maggiore, dove vengono aperte
improvvisamente le porte ( 'a raputa re porti) e inizia il pellegrinaggio all'altare del Santissimo Cristo alla colonna (u Patri a culonna)
che verrà portato in processione nel pomeriggio dopo la solenne messa.
Durante la processione viene eseguita la celeberrima marcia funebre
intitolata SS.Cristo alla Colonna, composta dal M° Giuseppe Bellisario
nel 1933, divenuta famosa anche per essere stata utilizzata in molti
film e cortometraggi, tra cui il film di G.Tornatore "L'uomo delle
Stelle".
- Il Venerdì santo i "nunziatari" portano in processione la statua del Santissimo Cristo con la croce:
nella mattinata inizia la cerimonia nella chiesa della Santissima
Annunziata con l'apertura delle porte e la processione si svolge poi nel
pomeriggio con la caratteristica cavalleria romana, toccando tutte le vie della città. Passando davanti alla chiesa di Santa Maria Maggiore, si ha l'incontro tra il Cristo e l'Addolorata.
Dopo questo momento di commozione popolare la processione del Cristo
continua il suo percorso concludendosi poi con il rientro in basilica e
lo svolgimento dei tradizionali giri nelle navate della basilica stessa.
- Nella Domenica di Pasqua
avviene il tradizionale incontro tra il Cristo risorto della basilica
della Santissima Annunziata con la Madonna della chiesa madre San
Bartolomeo. Momento di forte emozione è quando i "nunziatari" portano il
Cristo risorto incontro alla Madre correndo lungo il Corso Garibaldi.
Dopo l'incontro e i tre inchini di omaggio la statua viene portata in
Chiesa Madre. Da qui la sera verrà ripresa dai "nunziatari" che in
processione la riporteranno in Basilica.
Altre feste
- La festa patronale si svolge in onore della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo nel santuario parrocchia della Madonna del Carmine
la domenica successiva al 16 luglio. La mattina si ha la consegna di un
omaggio floreale, di un cero votivo e delle chiavi della città da parte
delle autorità, guidate dal sindaco, a cui segue una processione per le
vie della città.
- A Natale viene realizzato un presepe vivente presso il Parco Forza di Cava d'Ispica che attira visitatori da tutta la Sicilia orientale.
- I festeggiamenti in onore dell'Assunta
si svolgono nella chiesa di Santa Maria Maggiore il 15 agosto, con la
processione del simulacro e la partecipazione di "confrati" e
"fazzoletti rossi". La festa prosegue la sera con uno spettacolo
musicale e fuochi d'artificio.
- Festa della Madonna delle Grazie, nella chiesa omonima la prima domenica di luglio.
- Festa di sant'Antonio da Padova, nella chiesa di Santa Maria del Gesù il 13 giugno.
- Festa di san Giuseppe, nella chiesa omonima la domenica successiva al 19 marzo.
- Festa della "patena", nella basilica di Santa Maria Maggiore il martedì che precede l'inizio della Quaresima. La "patena" è l'aureola d'argento posta sopra la testa della statua lignea del Cristo flagellato alla colonna, dove sono incastonate le reliquie della santa Croce.
- Festa di santa Lucia, nella chiesa di Sant'Antonio abate il 13 dicembre.
Sagre ed eventi
- "Carotispica", manifestazione giunta nel 2011 alla sua sesta edizione, ideata dall'Amministrazione comunale per valorizzare la “carota novella”, prodotto principe dell'agricoltura ispicese.
- "Zagara e rais", manifestazione culturale su scambio e integrazione con i paesi mediterranei a fine luglio[27]
- "Notte dei sapori", dalla prima edizione del 2005, manifestazione culturale e gastronomica del Parco Forza di Cava Ispica.
- "Palio dell'Assunta" organizzato nella prima metà di agosto dall'arciconfraternita di Santa Maria Maggiore, con giochi di squadra in acqua.
- "Note di notte", festival musicale della provincia di Ragusa.
- "Rassegna bandistica "Città di Ispica" sulla letteratura musicale della Settimana Santa in Sicilia",
durante la Settimana Santa con la partecipazione di diversi corpi
bandistici della Sicilia e proposte della tradizione musicale siciliana.
Modica
Modica (
Muòrica in
siciliano,
Μότουκα per i Greci,
Mutica / Motyca in
latino, in
arabo:
موذقة,
Mūdhiqa) è un
comune italiano di 54.651 abitanti
[3] della
provincia di Ragusa in
Sicilia. La città per popolazione è il
tredicesimo comune
della Sicilia ed il 124º d'Italia, mentre è per estensione del suo
territorio all'11º posto fra i comuni siciliani, ed al 41º fra tutti i
comuni d'Italia. Nel
2002 è stata inclusa, insieme con il
Val di Noto, nella lista dei
Patrimoni dell'Umanità dell'
UNESCO per il suo
centro storico, ricco di
architetture barocche[4].
Geografia fisica
Territorio
Mòdica, il cui nome originerebbe dal
fenicio Mùtika (albergo, dimora: chiara l'analogia con la fenicia
Utica, città dove si diede la morte
Catone Uticense)
[5] o dal
siculo Mùrika (roccia nuda, non coltivabile), chiamata in seguito
Μότουκα dai
greci, è situata 15 km a sud del
capoluogo di provincia, ed il suo territorio urbano si sviluppa su un esteso
altopiano solcato da profondi
canyon (detti localmente "cave"). La città sorge sulla
confluenza
di due fiumi a carattere torrentizio che dividono l'altopiano in
quattro colline: Pizzo a nord, Idria ad ovest, Giganta ad est e
Monserrato a sud.
I due fiumi,
Pozzo dei Pruni e
Janni Mauro (ormai asciutti e coperti nel tratto urbano), si uniscono a formare il
Modicano, il cui
alveo è stato coperto nei primi del Novecento divenendo l'odierno Corso Umberto I, asse principale della città. Il
Modicano
aveva dignità di fiume perenne, fino ai primi decenni del Novecento, in
quanto alimentato da sorgenti permanenti, fra cui la più cospicua
quella della Fontana Grande, la quale con le sue acque permetteva che
fra il Cinquecento e l'Ottocento, lungo le rive del
Μότουκανυς ποταμός, come lo chiamò il geografo greco
Tolomeo nel II secolo d.C., sorgessero nel tratto modicano del fiume ben 23
mulini ad acqua!
Poi vennero i mulini industriali, e l'acqua delle sorgenti fu
incanalata nella rete idrica cittadina. Dal Settecento alla fine
dell'Ottocento, la presenza lungo gli argini dei torrenti di 17 ponti,
che consentivano il transito di uomini, animali e carri da un lato
all'altro, fecero sì che in una delle prime edizioni, quella del
1934[6], della
Enciclopedia Treccani, Modica fosse definita
la città più singolare d'Italia, dopo Venezia, riportando l'impressione che la città aveva suscitato all'abate
Paolo Balsamo da Palermo, nel
1808.
Il nucleo urbanistico più antico è situato sulla collina (il cui
promontorio è sormontato dai resti del Castello medievale) che separa i
due torrenti, e sui versanti da essi creati. Il Comune di Modica gode di
un vastissimo territorio comunale sviluppato in senso longitudinale,
che partendo dalle pendici dei
Monti Iblei, con un'altezza sul
livello del mare compresa fra i 500 ed i 550 metri, nei pressi dei comuni montani di
Giarratana,
Monterosso Almo e
Palazzolo Acreide, degrada lentamente fino alla costa che si affaccia sul
Canale di Sicilia, con le sue due frazioni marinare di
Maganuco e
Marina di Modica. Il punto più alto del centro urbano, con i suoi
449 m s.l.m., corrisponde al campanile della
chiesa di San Giovanni Evangelista a Modica Alta, mentre la sede comunale, a Modica Bassa, si trova a
296 m. di altezza sul
livello del mare.
Clima
Il territorio comunale si divide in due zone climatiche ovvero la
meridionale, o costiera, e la settentrionale, o montuoso-collinare. Il
clima a Modica è mite e la neve rappresenta un evento raro nella parte
bassa della città, ma più frequente nella parte alta e sull'altopiano,
dove ogni anno può verificarsi un evento nevoso anche senza accumulo;
alcune nevicate storiche e più consistenti risalgono al 1895 (febbraio),
1905, 1909, 1929, 1956 (febbraio), 1979, 1985 (febbraio), 1998 e 2005
(26 gennaio). Intensissima e della durata di molte ore è stata la
nevicata che ha ricoperto di una coltre di oltre 30 cm di neve
[7] l'intera città, nella nottata di Capodanno
2015, dall'una alle sei del mattino circa. Frequente è nella zona montuosa la formazione di
brina e di gelo, mentre è rara la formazione di banchi di nebbia notturni nell'altopiano. La temperatura media annua è di circa
17 °C
nella parte bassa) e 16 °C nella parte alta, con una media a gennaio di
9 °C nella parte bassa ed 8 °C nella parte alta (con temperature
solitamente inferiori ai 4 °C durante la notte), e una media a luglio di
26 gradi. L'estate è calda ma asciutta e ventilata, soprattutto nelle
parti più alte della città (oltre i
440 m). L'inverno è fresco e piovoso, con una pluviometria media annuale di circa
650 mm concentrati nel periodo autunno-inverno ed anche in parte della primavera.
Elementi caratteristici
Veduta panoramica notturna
Modica, come altri centri storici del
Val di Noto, deve la sua particolare configurazione urbana alla non comune conformazione del territorio combinata ai vari fenomeni di
antropizzazione.
Molte abitazioni della parte vecchia della città, addossate le une
sulle altre, sono spesso l'estensione delle antiche grotte, abitate fin
dall'
epoca preistorica.
Sono state censite circa 700 grotte che una volta erano abitate, o
comunque adibite a qualche uso, fra quelle visibili e quelle "inglobate"
in nuove costruzioni. Di notevole rilevanza storica è l'ottimo stato di
conservazione, in pieno centro storico, della
necropoli del
Quartiriccio, al quartiere Vignazza, con alcune decine di tombe a forno scavate nella roccia, risalenti al
2200 a.C.
Il tessuto urbano, adagiato sui fianchi delle due vallate e sui pianori
delle colline sovrastanti, è un intrigo di casette, viuzze e lunghe
scale, che non possono non ricordare l'impianto medievale del centro
storico, tutto avviluppato intorno allo sperone della collina del Pizzo,
sul quale poggiava inaccessibile il
Castello.
Modica
è un'inaspettata meraviglia... È un effetto bizzarro, unico, qualcosa
di addirittura irreale come visto nel prisma deformante del sogno, come
un immenso fantasmagorico edifizio di fiaba, il quale, anziché di piani,
fosse fatto di strati di case. Da questo accastellarsi, svettano
campanili e campanili: con queste parole il poeta e scrittore veronese
Lionello Fiumi
descriveva il suo stupore nel raccontare sulle pagine di un quotidiano
il suo viaggio a Modica negli anni sessanta del Novecento. Le chiese
solitamente non si affacciano su
piazze,
ma su imponenti e scenografiche scalinate modellate sui declivi delle
colline. Lo stile prevalente dei monumenti è quello comunemente
identificato come
tardo barocco, ma più specificatamente, per quel che riguarda Modica, dobbiamo parlare del
Barocco siciliano della
Sicilia sud orientale, quello successivo al catastrofico
terremoto del Val di Noto del 1693.
L'aspetto molto caratteristico del centro storico è stato turbato da
alcuni scempi edilizi succedutisi dagli anni sessanta agli anni ottanta
ad opera di alcuni imprenditori edilizi poco coscienziosi, con il
permesso di una classe politica non sempre all'altezza del proprio
ruolo.
Altro elemento caratterizzante il territorio, in particolare la
campagna, è la fitta rete di "muri a secco" che delimita gli
appezzamenti di terreno, trapunti di maestosi alberi di
carruba,
molto frequenti in tutto il territorio provinciale (maggior produttore
italiano del suo frutto). La ragione della fitta maglia di
muri a secco
va ricercata nella precoce formazione di una classe di piccoli
proprietari terrieri, che dalla prima metà del Cinquecento frazionarono
un immenso feudo, la
Contea di Modica, corrispondente grosso modo al territorio dell'odierna
Provincia di Ragusa, delimitando le nuove proprietà con tali recinti.
Come retaggio ed eredità di una bizzarria storica, che ha privato Modica
della sua secolare centralità politica, amministrativa e culturale, la
città conserva una sua autonomia comprensoriale. Per esempio, quando nel
1955 fu istituita la
Diocesi di Ragusa, la città di Modica, insieme alle limitrofe
Scicli,
Pozzallo e
Ispica, rimase a far parte della
Diocesi di Noto, a cui appartiene dal
1844. Inoltre la città ha mantenuto il suo storico
Tribunale, che risale al
1361.
Le Istituzioni e le strutture scolastiche, sanitarie e giudiziarie,
pertanto, continuano ad essere un punto di riferimento per le
popolazioni della parte orientale della provincia iblea, oltreché
dell'intero distretto geografico sud orientale dell'Isola.
Storia e cultura
Bene protetto dall’UNESCO |
Patrimonio dell'umanità |
Città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud orientale)
(EN) Late Baroque Towns of the Val di Noto (South-Eastern Sicily) |
|
Tipo |
architettonico |
Criterio |
C (i) (ii) (iv) (v) |
Pericolo |
no |
Riconosciuto dal |
2002 |
Scheda UNESCO |
(EN) Scheda
(FR) Scheda |
Toponomastica
Il sito di Modica, che i
Greci chiamarono
Μότουκα[8], e i
Romani Mothyca, poi
Motyca[9],
Mŭtȳcē[10] (da quest'ultima denominazione deriva il toponimo per gli abitanti usato da Cicerone:
Mutycense) e infine
Mutica, fu popolato prima dai Sicani, poi per un certo periodo anche dai Fenici
[11], in seguito stabilmente dai
Siculi. Secondo quanto si può dedurre dai frammenti di
Ellanico e
Filisto, riferiti alla discesa dei Siculi dal
Lazio, e conseguente occupazione della Sicilia orientale
[12] a scapito dei
Sicani, la vera e propria fondazione delle città sicule in questa porzione dell'isola si può fare risalire a 80 anni prima della
guerra di Troia, quindi verso il
1360 a.C.. Secondo
Giovanni Ragusa, storico e filologo locale
[13], il termine verrebbe dal
toponimo Mùrika, significando questo nella lingua dei Siculi
nuda roccia (a riprova sarebbe il fatto che ancora nella parlata locale i residenti si dicono “
Muricàni”), e poi così è stato tramandato dai Greci prima, dai Romani dopo. Un'altra interpretazione filologica propone che il greco
Motyka provenisse dall'
indoeuropeo Moth (= monte, collina) +
Uc
(= molte), dunque Mothuc, la città dalle molte colline, le quattro
colline su cui avevano case, rifugi e sepolture gli antichi modicani
[14]. Durante il periodo della
dominazione araba, e fino al
XIV-
XV secolo, la città veniva citata nei documenti ufficiali col nome di
Mohac o
Mudiqah. Poi, prendendo lentamente il sopravvento, come
lingua ufficiale del
Regno di Sicilia, parallela al latino, la parlata italiana, la denominazione del periodo arabo-normanno andò a scomparire
[15]. Nel dialetto locale, infine, viene chiamata “
Muòrica”.
Gli studi a Modica - Storia
Modica, che dal XV secolo circa fino agli anni trenta del XX era la quarta città della
Sicilia
per numero di abitanti e importanza politica, è stata economicamente e
culturalmente vivace, anche grazie alla presenza di enti d'istruzione
ecclesiastici e laici che l'hanno resa un notevole centro di studi.
I
Carmelitani e i
Domenicani vi stabilirono degli
studia nel
XIV e nel
XV secolo. Già nel
1549 a Modica esisteva una
scuola pubblica, il cui insegnante veniva pagato dal Comune con 4
once annue. Nel
1550 i
Francescani Minori Osservanti, presenti a Modica dal
1343, insegnavano filosofia, teologia, latino e lettere umane, nel loro
amplissimum studium philosophiae, presso il
Convento di Santa Maria del Gesù, completato per la munificenza dei conti Anna e
Federico Enriquez Cabrera. I
Gesuiti vi fondarono
[16] nel
1630, su iniziativa della contessa
Vittoria Colonna de Cabrera (che donò 12 000
ducati d'oro
[17],
da sommarsi ai 10 000 deliberati dal Consiglio cittadino) uno di quegli
importanti collegi pubblici per cui furono giustamente famosi. Il
Collegio Gesuitico concedeva Lauree
[18]. in
Teologia, in Materie Umanistiche (
Filosofia, Retorica, Umane
lettere) e
Arti Liberali (
Fisica,
Matematica) fino al
1767.
Da una delibera inviata nel
1832 alla Commissione di Pubblica Istruzione di Palermo, in cui si chiedeva che si autorizzasse la
riapertura delle
cattedre di Leggi e di Medicina, abolite (con disposizione del
1775)
nei Collegi per doversi studiare nelle Università, si deduce che fino al
1767 il Reale Collegio Gesuitico di Modica concesse anche i
Diplomi
di esercizio in tutte le professioni libere, di Avvocati, Medici,
Notari, ecc. che divenivano esecutivi col visto del Governatore della
Contea[19].
Dal
1812 al
1860 i
Gesuiti tornarono ad insegnare
[16] le discipline che si studiano nelle
scuole secondarie superiori (
diritto,
zoologia,
arti,
scienze e lettere). L'Istituto Tecnico "Archimede" fu, nel
1866, una delle prime scuole secondarie superiori Statali ad essere fondate in
Sicilia, fra i primi cinque nel Regno d'Italia nel suo genere. Nel
1889, l'"Archimede" di Modica era l'unico
Istituto Tecnico dell'intera
provincia di Siracusa ed è l'istituzione scolastica con il più alto numero di iscritti dell'intera
Provincia di Ragusa.
Pochi anni dopo, nel
1875, il Ginnasio comunale circondariale (corrispondente alla
Scuola media inferiore per i primi tre anni, poi al biennio del Liceo Classico), attivo, per Decreto di Stato Prodittatoriale
[20] fin dal
1862, fu trasformato in "
Liceo Ginnasio" Comunale, divenuto infine nel
1878 "Regio Liceo Ginnasio" intitolato a
Tommaso Campailla.
Il liceo classico "Tommaso Campailla" fu tra i primi venti licei
italiani nati subito dopo l'Unità d'Italia, ed al rilevamento del
1889 contava più iscritti del
Liceo Gargallo di Siracusa, fondato posteriormente.
Monumenti e luoghi d'interesse: architetture religiose
Duomo di San Giorgio
La facciata della Chiesa Madre di San Giorgio
Il Duomo di San Giorgio in Modica viene spesso indicato e segnalato come monumento simbolo del
Barocco siciliano tipico di questo estremo lembo d'Italia. La chiesa di San Giorgio, inserita nella Lista Mondiale dei Beni dell'Umanità dell'
UNESCO,
è il risultato finale della ricostruzione sei/settecentesca, avvenuta
in seguito ai disastrosi terremoti che colpirono Modica nel
1542, nel
1613 e nel
1693 (il più grave, vedi
Terremoto del Val di Noto); lievi danni apportarono i sismi nell'area iblea succedutisi nel corso del Settecento e nel
1848.
L'interno della chiesa è a cinque navate, con 22 colonne sormontate da capitelli corinzi. Il tempio è dedicato ai martiri
San Giorgio e
Ippolito,
e fra le navate vi si possono ammirare un monumentale organo con 4
tastiere, 80 registri e 3000 canne, perfettamente funzionante, costruito
tra il
1885 e il
1888 dal bergamasco Casimiro Allieri; un dipinto di scuola toscana,
L'Assunta del tardo-manierista fiorentino
Filippo Paladini (
1610); una pittura naif su legno,
La Natività del pittore milanese
Carlo Cane (1615-1688), della seconda metà del Seicento; la tela (
1671) del
Martirio di Sant'Ippolito del Cicalesius, una statua marmorea di scuola gaginiana, la
Madonna della Neve della bottega di Mancini e Berrettaro, del
1511; il polittico dell'altare maggiore, composto da ben 10 tavole, attribuite per molto tempo al messinese
Girolamo Alibrandi come opera del
1513. Ma gli storici dell'arte del Novecento e gli studiosi contemporanei
[21] hanno attribuito in maniera definitiva l'opera al pittore tardo manierista modicano (per matrimonio)
Bernardino Nigro (
1538 -
1590)
[22], datandola
1573;
le pale raffigurano le scene della Sacra Famiglia e della vita di Gesù,
dalla Natività fino alla Resurrezione e all'Ascensione, oltre a 2
riquadri con le classiche iconografie dei due santi cavalieri, San
Giorgio che sconfigge il Drago, e San Martino che divide il proprio
mantello con Gesù, che gli si presenta sotto le vesti di un povero
accattone.
Duomo di San Pietro
Facciata barocca del Duomo di San Pietro
Un documento del vescovo di Siracusa ne attesta l'esistenza in sito nel
1396, ma la data della sua prima edificazione è da collocarsi dal
1301
al 1350 circa, come attestato dallo storico secentesco Placido Carrafa.
Eretta in collegiata con bolla di Clemente VIII del 2 gennaio
1597, due secoli dopo per Decreto Regio di Carlo III di Borbone (
1797),
ed in seguito a secolare disputa, è stata dichiarata Chiesa Madre al
pari di San Giorgio, la chiesa "ufficiale" dei Conti. Fa parte anch'essa
della lista dei Monumenti Bene dell'Umanità dell'
UNESCO.
Chiesa di Santa Maria del Gesù
Chiostro di S. Maria del Gesù dopo il restauro (2010)
La chiesa di Santa Maria del Gesù (1478-1481) e l'annesso convento (1478-1520),
Monumento Nazionale, resistiti a vari terremoti , appartennero ai Frati
Francescani
Minori Osservanti. La chiesa conserva uno splendido chiostro a due
ordini in stile tardo-gotico, con tante colonnine variamente decorate e
ognuna diversa dall'altra. La chiesa fu costruita restaurando un
preesistente edificio francescano già presente almeno dal
1343, e grazie alla volontà e alla munificenza della contessa Giovanna Ximenes de Cabrera, al fine di celebrarvi, nel gennaio del
1481, le nozze della propria figlia Anna con Fadrique Enrìquez, primo cugino del Re di Spagna
Ferdinando il Cattolico.
Chiesa di San Giovanni Evangelista
La chiesa di San Giovanni Evangelista presenta una facciata la cui ultima versione è stata rifatta dopo il
1839, per essere completata fra il
1893 ed il
1901. Il luogo di culto si trova in questo sito dal
1150 (bolla di
papa Eugenio III). Un documento del marzo
1217 cita le chiese di San Giovanni e di San Giorgio in Modica come poste sotto la tutela della
Chiesa di Mileto, in Calabria.
Palazzo della Cultura e Museo Civico
L'ex Monastero delle
Benedettine, (XVI-XIX secolo), attuale Palazzo della Cultura, era presente in questo sito già nel
1626,
insieme alla chiesa delle Sante Caterina e Scolastica ristrutturata per
usi civili nei primi decenni del Novecento. Il Monastero, dedicato a
San Benedetto nel
1637, fu requisito dal governo regio nel
1860;
ospita nelle sue ampie stanze, oltre ad alcuni uffici municipali, il
Museo Civico Archeologico, il cui pezzo forte, assolutamente da vedere,
racchiuso in una teca, è la statuetta bronzea dell'Ercole di Cafeo,
risalente al III secolo a.C.. Di recente è stata sistemata in un salone
del Palazzo della Cultura una collezione di quadri appartenuta a
Salvatore Quasimodo, acquistata dalla Sovrintendenza provinciale ai Beni Culturali. Al piano terra è ubicata dal
1881
la Società Operaia di Mutuo Soccorso, la quale racchiude al suo interno
uno dei due atri ed alcune colonne del vecchio monastero. Il Palazzo è
stato la sede dello storico
Tribunale di Modica dal 2 giugno
1862 fino a settembre
2003, e il salone delle conferenze sino ad alcuni decenni fa era sede della
Corte d'Assise.
Lavori di restauro murario delle stanze della Società Operaia, tendenti
a riportare all'antico le superfici interne, hanno riservato una
bellissima sorpresa: dietro l'intonaco di una camera, che è stato
ovviamente asportato, è stato riportato alla luce, dopo più di un
secolo, un superbo
confessionale in pietra, incassato nella muratura, con tanto di pareti divisorie e grate metalliche.
Chiesa del Carmine
La chiesa di Santa Maria del Carmelo, detta "del Carmine" (fine XIV -
inizi XV sec.), è uno dei pochi monumenti che resistette alla violenza
del
terremoto del 1693. E infatti il prospetto, che aveva in parte superato anche il
terremoto del 1542 e quello del
1613, è arricchito da un bel portale risalente alla fine del Trecento, già dichiarato
Monumento Nazionale all'inizio del XX secolo, sovrastato da un rosone francescano con dodici
raggi, il tutto in stile
tardo gotico chiaramontano.
Convento del Carmine
L'edificazione avvenne a seguire la Chiesa omonima, fra la fine del
Trecento e la prima metà del
Quattrocento, per ospitare i frati
Carmelitani
giunti in Sicilia già da qualche decennio. Il convento era dotato di 23
celle, ed è stato sottoposto a varie ristrutturazioni ed ampliamenti da
sovraelevazione nel corso dei secoli, soprattutto dopo i danni del
terremoto del 1693, e successivamente, quando fu requisito dal Regno
d'Italia nel
1861 per farne sede della Caserma dei
Carabinieri.
È in questa occasione che vengono a scomparire gli orti antistanti il
Convento, per essere trasformati nella pubblica piazza del Carmine,
intitolata nel secolo successivo a Giacomo Matteotti. Il prospetto è
stato interamente rifatto, in stile neorinascimentale-liberty.
Trasferitasi l'Arma dei Carabinieri in altra sede intorno al 2000, sono
stati pensati, progettati, ed in questo inizio d'anno 2012 quasi
conclusi, degli importanti lavori di restauro e consolidamento, che
hanno portato a fortuiti rinvenimenti delle strutture portanti
medievali, sono state scrostate le mura, e riportati alla luce i
pavimenti in acciottolato del XIV secolo, gli archi ogivali gotici che
immettono da un ambiente conventuale ad un altro, delle finestrelle in
stile svevo chiaramontano del XIV secolo. Il pavimento di un ambiente,
confinante con l'attigua ex Chiesa di San Giovanni Battista dei
Cavalieri Gerosolimitani, sembra, per il suo disegno geometrico, con
quasi certezza appartenere ad una vecchia strada laterale al Convento
stesso inglobata successivamente all'interno della struttura
conventuale. Le notevoli risultanze e rinvenimenti di questi restauri
sono stati presentati nel corso della XX giornata del Fondo Ambiente
Italiano (
FAI), del 24 e 25 marzo 2012.
Chiesa di San Domenico, ex convento e Cripta
La chiesa di San Domenico, detta del Rosario (
1678), presenta uno dei pochi prospetti rimasti integri dopo il terremoto del
1693.
L'originaria costruzione della chiesa, con l'annesso convento dei
Domenicani risale al
1461.
Il luogo sacro è ricco di interessanti tele del Cinquecento, ed ha una
cappella interna, un tempo riservata alla preghiera dei frati,
riccamente decorata con pitture murali e pregevoli stucchi. Il convento è
sede del Palazzo Municipale, dal
1869,
anche se da documenti d'archivio risulta che il consesso dei Giurati
(come si chiamavano allora i consiglieri) ivi si riunivano già nel
1626.
Nell'atrio è visitabile una interessante cripta sotterranea (Seicento),
scoperta da Giovanni Modica Scala a metà Novecento, contenente resti
ossei, attribuibili ai Frati Domenicani stessi, e che lascia intravedere
tracce di affreschi. Il convento era sede, per la diocesi di Siracusa,
del
Tribunale dell'Inquisizione, o Sant'Uffizio.
Chiesa di Santa Maria di Betlem con preesistente Cappella Palatina
La chiesa di Santa Maria di Betlem è una delle tre antiche
collegiate (dal
1645)
della città e risale al XIV secolo. La Cappella Palatina, preesistenza
architettonica costruita fra la fine del Quattrocento ed i primi decenni
del Cinquecento, è un
Monumento Nazionale, facente parte dell'apposito elenco dei beni da salvaguardare, istituito intorno al 1930 dal governo del Regno d'Italia.
Portale de Leva
Il Portale
De Leva, di primo Trecento,
Monumento Nazionale, è un elegante esempio dello stile
gotico chiaramontano che poi dominò come stile in
Sicilia nel corso di tutto il Trecento. È, insieme al portale della Cappella Palatina custodita all'interno della
Chiesa di Santa Maria di Betlem,
il più bel portale di Modica, con gli archi di una grande ogiva
scolpiti a tre ordini, con decorazioni geometriche a zig zag, e foglie
di acanto a completare la fitta trama di ricami arabeschi. Era con molta
probabilità la porta d'ingresso di una chiesetta (dedicata ai santi
Filippo e Giacomo), come fa pensare una piccola finestra circolare che
sormonta il portale, e che doveva contenere un rosone, tipico ornamento
ecclesiastico. La chiesetta, sopravvissuta al terremoto del
1693,
sarebbe poi divenuta cappella privata della nobile famiglia De Leva,
incorporata nel loro settecentesco Palazzo. Il portale, coi suoi
fraseggi arabo normanni, ricorda i coevi portali della
Cattedrale di Nicosia e della
chiesa di San Francesco di Assisi di Palermo.
La
porta della casa De Leva è l'ultimo avanzo frammentario di una
Chiesetta gotica non più esistente, arieggiante... la splendida ogiva
delle due grandi finestre della Cattedrale di Palermo, scriveva Salvatore Minardo in
Modica Antica, opera edita nel
1952.
Convento dei Cappuccini e chiesa di San Francesco
Il settecentesco Convento dei Frati
Cappuccini
e l'annessa chiesa di San Francesco d'Assisi, sempre del Settecento,
sono assolutamente da visitare per il perfetto stato di conservazione.
Il convento ha un bellissimo chiostro lastricato con suggestive basole
di pietra locale, con un pozzo al centro, il tutto tipico delle
silenziose e affascinanti costruzioni francescane. La chiesa, cui si
arriva percorrendo un vialetto circondato da alti cipressi, nasconde al
suo interno due capolavori scultorei in legno indorato, un
reliquario e la
custodia del SS. Sacramento.
Santuario della Madonna delle Grazie
Monumenti e luoghi d'interesse: architetture civili
Palazzo Polara
Sul lato sinistro del Duomo di San Giorgio è visibile Palazzo
Polara, della fine del Settecento, sul cui frontone spicca lo stemma della famiglia con la stella polare.
Palazzo Polara,
è una costruzione in stile tardo barocco, introdotta da un elegante
scalone. La facciata, in un tutt'uno scenografico con la scalinata
monumentale ed il prospetto del Duomo di San Giorgio, domina la parte
bassa del centro storico di Modica e le colline che la circondano
facendole corona, in un suggestivo colpo d'occhio che ci conduce verso
il Belvedere della città alta, il cosiddetto
Pizzo.
Palazzo Napolino-Tommasi Rosso
Posto nel cuore dell'antico quartiere di Francavilla, alle spalle del
Duomo di San Giorgio e nei pressi dell'entrata del Castello dei Conti, è
fra le testimonianze più significative dell'architettura tardo-barocca
di Modica. La sua costruzione risale alla seconda metà del XVIII secolo.
La sua facciata comprende un bel portale d'ingresso, le cui colonne ai
lati lasciano scendere degli eleganti tendaggi scolpiti nella pietra, ed
emergenti dalla bocca di due leoni. Il portale è sovrastato da un
elegante balcone in ferro battuto, sorretto da mensoloni decorati con
mascheroni. Altri due balconi sono posti simmetricamente ai lati di
quello centrale, a completare il prospetto di quella che è riconosciuta
come la più elegante architettura civile del barocco modicano. Edificato
dai Lorefice, poi passato ai Napolino ed infine ai Tommasi Rosso.
Palazzo degli Studi
Il Palazzo degli Studi (
1610 -
1630) era in realtà il Convento dei Padri
Gesuiti,
i quali fin dal loro insediamento nella struttura ne fecero il Collegio
dove istruire i rampolli dell'aristocrazia di Modica. Il Collegio,
costruito ampliando e restaurando un palazzo donato al Comune dal nobile
palermitano Alliata, era annesso alla chiesa dei SS. Gesù e Maria, o
del Collegio (oggi
S. Maria del Soccorso), il cui prospetto barocco fu rifatto nel
1714 su progetto di
Rosario Gagliardi,
mentre il Convento, resistendo al terremoto del 1693, determinò la
scelta dei Gesuiti e del popolo modicano di non spostare la città sugli
altopiani limitrofi. L'intero edificio sorse per volontà della contessa
Vittoria Colonna de Cabrera, che si fece promotrice
[17]
della venuta a Modica dei Gesuiti, e contribuì finanziariamente,
insieme al Comune e ai possidenti del tempo, al che nella capitale della
Contea si istituissero corsi di studio di livello universitario. Fu
dunque sede del Collegio Gesuitico sin dal
1630, del Ginnasio comunale nel
1862, del Regio Istituto Tecnico "Archimede" dal
1866, e ospita, dal
1878, il
Liceo Classico intitolato allo scienziato e filosofo modicano Tommaso Campailla.
Teatro Garibaldi
La prima costruzione fu realizzata fra il
1815 ed il
1820, accorpando un magazzino con la casa di un aristocratico, e fu chiamato
Real Teatro Ferdinandeo in onore al regnante dell'epoca. Aveva due file di 24 palchi e la platea. Nel
1844
fu affidato all'ingegner Salvatore Riga il compito di progettare
l'ampliamento del teatro, raddoppiando la grandezza della platea,
innalzando una terza fila di palchi ed aggiungendo il loggione,
riproducendo così lo stile dei teatri lirici all'italiana presenti nelle
maggiori città siciliane. Eseguiti i lavori fra il
1852 ed il
1857
sotto la direzione dell'architetto Salvatore Toscano, il teatro, dopo
l'Unità d'Italia fu intitolato a Garibaldi. Esso si presenta con la
facciata in stile liberty (o neoclassico), con i due piani sormontati da
una balaustra che presenta al centro un pannello scultoreo decorato con
strumenti musicali. Sopra il pannello fu posto, sorretto da due figure
maschili, un orologio, con in cima l'aquila, simbolo della Contea di
Modica. Fu inaugurato nel
1857 con la
Traviata di
Giuseppe Verdi.
È un piccolo vero gioiello, che in miniatura riproduce i teatri delle
grandi città, con la sua platea, i suoi tre ordini di palchi molto
eleganti, il loggione, la volta istoriata nell'agosto-settembre
1999 con un grandioso dipinto, un olio su tela (diametro m. 4,40) del maestro
Piero Guccione
e degli altri del Gruppo di Scicli, i pittori Franco Sarnari, Giuseppe
Colombo e Piero Roccasalva. Dopo lavori di restauro e di messa in
sicurezza, è stato riaperto al pubblico definitivamente nel
2004.
La stagione teatrale
Da qualche anno a questa parte, il Teatro Garibaldi, con i suoi 313
posti complessivi, è ritornato ad essere il luogo di intrattenimento
culturale per eccellenza per i modicani, ma anche per gli appassionati
di teatro e musica di vario genere dell'intero comprensorio orientale
della provincia. Le stagioni di prosa e le stagioni musicali dal 2008/09
in poi sono state curate dall'attore modicano
Andrea Tidona, con la collaborazione del concittadino Giorgio Pace, direttore amministrativo del
Teatro Massimo di Palermo. Ulteriori manifestazioni vi si tengono a cura dell'assessorato provinciale al turismo. La sezioni locale degli
Amici della Musica
svolge il suo programma concertistico annuale presso il teatro
cittadino, oppure presso l'ampia sala conferenze del Palazzo della
Cultura. Infine, la Compagnia del Piccolo Teatro di Modica organizza
presso il Teatro Garibaldi una o più rassegne annuali di teatro
dialettale. Al fine di valorizzare il Teatro ai massimo livelli, per
quanto riguarda la sua funzione culturale, e per la fruizione turistica,
nel corso del
2009 è stato approntato lo statuto della
Fondazione Teatro Garibaldi[23], istituita ufficialmente il 29 gennaio
2010, e la cui Direzione Artistica è stata affidata ad
Andrea Tidona.
Palazzo Grimaldi con Pinacoteca
Palazzo Grimaldi, XVIII-XIX secolo, con l'annesso portale della
Chiesetta di S. Cristoforo, cappella privata della famiglia Grimaldi, si
incontra lungo il corso principale a poche decine di metri dal Duomo di
San Pietro. Rappresenta, forse, con i suoi 14 balconi in due piani, il
più bell'esempio di edificio in stile neorinascimentale fra quelli che
si affacciano sul centro storico di Modica Bassa. Il terzo piano è stato
sovrapposto nel secondo Ottocento ma il progettista ha lavorato nel
segno di chi lo aveva preceduto, inserendo le mensole sotto i balconi
del terzo piano. Qui, peraltro, il partito centrale ripropone un balcone
quasi identico a quello del secondo piano, in cui si nota la presenza
ai lati degli scudi araldici di famiglia. Il palazzo è sede della
Fondazione Giovan Pietro Grimaldi, creata dall'illustre fisico che fu anche
Magnifico Rettore dell'Università di Catania, nonché fratello del celebre agronomo
Clemente, ed ospita nei suoi saloni una
Pinacoteca, ricca di opere pittoriche dei più noti artisti dell'area iblea dalla seconda metà dell'
Ottocento fino ai nostri giorni.
Monumenti e luoghi d'interesse: architetture militari
Castello dei Conti di Modica
L'ingresso del Castello dei Conti
In cima ad una rupe, costruito sul pianoro conclusivo di un
promontorio roccioso a becco d'aquila, ha rappresentato per tanti secoli
la sede del potere politico e amministrativo di quella che fu la
Contea di Modica.
Dal punto di vista monumentale, il Castello, o ciò che di esso rimane,
nato come fortificazione rupestre che si sovrappone ad un'emergenza
funeraria del tipo di
Pantalica,
viene modificato in varie epoche tra l'VIII e il XIX secolo, e si erge
su un promontorio roccioso difficilmente attaccabile, con due lati su
tre costituiti da pareti a strapiombo.
Torretta dell'Orologio
Il Castello dei Conti di Modica. Torretta dell'Orologio
Sui resti post-terremoto (fine XVII sec.) di una torretta di avvistamento (
fano) medioevale del castello dei Conti, posta a cavaliere delle mura sottostanti, è stato apposto, nel
1725[24],
un orologio meccanico a contrappesi, ancora perfettamente funzionante, i
cui complessi meccanismi vengono controllati e riavviati ogni 24 ore
circa. Nel
1777 viene inviata lettera a Re Ferdinando di Borbone, in cui si chiede autorizzazione alla spesa per un primo restauro, in quanto
il
primo orologio è arrivato a tale stato che rendesi affatto
inservibile... perché tutte le ruote sono contorte in grado che da più
tempo a questa parte or non suona, ed or trasferisce notabilmente le ore
in grave pregiudizio del pubblico nella vita civile[25].
Gli ingranaggi, che permettono a tutt'oggi il funzionamento di
quest'orologio esclusivamente in modo meccanico, vengono quotidianamente
curati e regolati da un tecnico del Comune. L'interno della torretta -
caratterizzato grandi molle metalliche, pesi e contrappesi, grosse funi e
catene
[26]
- è visitabile soltanto in particolari occasioni. Dalla balaustra della
torre si può godere di un suggestivo, insolito, panorama sulla parte
bassa del centro storico. La torre dell'orologio - imponente testimone
secolare della vita cittadina - è sempre stata considerata il "simbolo"
dell'antica nobile Città di Modica e insieme alle due chiese maggiori di
Modica - dichiarate "patrimonio dell'Umanità" - è il monumento più
fotografato della Città.
Altri monumenti e luoghi d'interesse
Casa natale di Salvatore Quasimodo
Casa natale di
Salvatore Quasimodo, in cui il 20 agosto
1901[27] nacque il poeta, insignito del
Premio Nobel per la Letteratura il 10 dicembre 1959. La casa, dove Salvatore visse solo i primi 14 mesi della sua vita
[28]
è visitabile. Contiene, nella stanza in cui vide la luce, un letto in
ferro battuto, un inginocchiatoio, un capezzale e altri mobili ed arredi
di primo Novecento; inoltre sono presenti una vecchia macchina da
scrivere
Olivetti,
uno scrittoio, una collezione di dischi, una libreria con annessi
libri, provenienti da uno degli studi di Milano, che il figlio
Alessandro ha venduto alla Regione Siciliana nel
1996,
insieme ad altri oggetti regolarmente inventariati dall'Assessorato
Regionale ai Beni Culturali. Da un vecchio nastro, ai visitatori viene
fatta ascoltare la voce del Poeta che recita alcune sue poesie, e sempre
dalla sua viva voce, il discorso dal titolo "Il Politico ed il Poeta"
da Quasimodo letto a Stoccolma in occasione del conferimento del Nobel.
Varie minori: Chiese, conventi, monasteri, palazzi signorili
- Ex chiesa di San Giovanni Battista dei Cavalieri di Malta, il cui prospetto fu demolito nei primi del Novecento onde ricostruirvi, in stile liberty, il Cinema Moderno (1926),
chiuso intorno al 1980. Su una parete laterale resiste murata una
grande Croce, simbolo della Gran Commenda dell'Ordine di Malta, presente
a Modica nella originaria chiesa in questo sito dal 1350, fino al 1862,
25 maggio, Decreto Regio di esproprio di tutti i beni dei religiosi
conventuali. Un accurato restauro degli spazi interni, insieme ad un
adeguato arredamento, ha trasformato l'ex chiesa in un moderno Auditorium, intitolato al musicista e compositore modicano Pietro Floridia.
- Chiesa-eremo di San Giacomo extra moenia (XIII/XIV secolo,
non visitabile). È la più antica chiesa dell'intera provincia, sito di
pellegrinaggi da tutta la regione per il culto a San Giacomo, fino ai
primi decenni del Novecento. È Monumento Nazionale
(uno dei 5 presenti nella città di Modica). Nell'abside spicca una
"Deposizione di Cristo" trecentesca, di autore ignoto. Caratteristica
all'esterno la Croce cosiddetta "a vela", che ricorda il simbolo dei
Cavalieri di Malta.
- Chiesa di San Paolo (Sei-Settecento), ricca di tele e statue, e con
un bel pavimento in ceramiche di Caltagirone, merita una visita.
- Chiesa di San Girolamo (Seicento): minuscola chiesa con un piccolo
spiazzale antistante, tra strette scalinate che scendono e salgono fra
le case che circondano questa chiesetta di quartiere.
- Palazzo Ascenzo (fine Settecento), di fronte al Palazzo di Città, è
caratterizzato da poderosi mensoloni a piede unico, a sostegno dei
balconi.
- Palazzo Cannizzaro (ex Manenti) (Settecento), si trova subito dopo
il precedente salendo il Corso sul lato sinistro. Incompleto, essendo
stato costruito solo il portale centrale e l'ala sinistra, il Palazzo
presenta tre bei balconi spagnoleggianti, dei quali i due laterali
sostenuti da cinque mensole in cui sono scolpiti vari mascheroni, uno
dei quali raffigura il primo proprietario del palazzo.
- Palazzo Salemi (edificato dal 1631 al 1640), con i suoi
caratteristici portici (dialetto: Ponti Pulèra), già Palazzo Comunale
dalla seconda metà del Seicento al 1869, presenta a piano terra un portico con sei arcate, sormontato al piano superiore da una lunga balconata continua.
- Palazzo Papa, già Grimaldi (secoli XVII-XIX), nei pressi del Duomo
di San Giorgio, lungo la strada che porta all'ingresso del Castello.
Chiesa del Santissimo Salvatore
- Chiesa del Santissimo Salvatore (XV sec., ricostruita nel XVIII), ricca di pregevoli stucchi e di notevoli tele, fra cui una Immacolata (1765)
del palermitano Pietro Spinosa, ha un superbo altare maggiore in marmo,
con cinque medaglioni raffiguranti altrettanti episodi biblici. Della
chiesa originaria del Quattrocento si conservano solo la base del
campanile, una croce di pietra scolpita ed una campana datata 1537. Rimaneggiata più volte nel tempo, negli anni Venti del Settecento è documentata la presenza di Rosario Gagliardi per un intervento nello spazio absidale.
- Chiesa di Sant'Anna (1686) ed ex Convento dei Padri Francescani Riformati (1613), sede della Sezione di Modica dell'Archivio di Stato di Ragusa, in cui è depositato l'importante Archivio della Contea di Modica.
In cima all'imponente prospetto barocco dell'ex Convento, che domina
sulla parte bassa della città, si trova la bellissima aquila reale in
pietra che rappresenta lo stemma della Contea.
- Palazzo Tommasi Rosso/Tedeschi (fine Settecento), si trova
lungo il corso Umberto, subito dopo il Duomo di San Pietro, ed è
caratterizzato dalla lunga serie di mensole che sorreggono sei dei sette
balconi, le quali sono scolpite con mascheroni raffiguranti vecchioni,
suonatori di flauto, putti, delfini e pettorute sirene.
- Chiesetta di Santa Lucia (Settecento), incastonata nel cuore del quartiere Francavilla, nel bel mezzo di quel grattacielo orizzontale
di case che si accavallano in ordine sparso dalla parte più alta di
Corso Umberto, sollevando lo sguardo verso la cima della collina,
dominata dal Belvedere del Pizzo.
- Chiesa di San Michele (Seicento), col grazioso campanile che fa
compagnia in tante stampe alla maestosa cupola, alta 36 metri, del
limitrofo Duomo di San Giorgio.
- Chiesa di San Giuseppe (1613), a pochi metri dall'entrata del Castello, con annesso un piccolo convento (1894) dei Gesuiti. Distrutta e abbandonata dopo il sisma del 1693, fu restaurata e riaperta al culto nel 1894. La chiesetta conserva al suo interno, certamente proveniente dalla preesistente chiesa distrutta dal sisma, una bellissima Natività in marmo, datata 1511,
rappresentante un piccolo presepio con tutti i classici personaggi ed
ambienti, con ai lati quattro bellissime teste di angeli, che insieme al
volto della Madonna sembrano di scuola gaginiana.
- Chiesa dei Santi Nicolò ed Erasmo, con prospetto rifatto in stile neoclassico nell'Ottocento.
- Chiesa di Santa Teresa d'Avila ed ex Monastero delle Carmelitane Scalze.
- Chiesa di San Teodoro (Seicento/Settecento), rifatta intorno alla
metà dell'Ottocento dalla famiglia Grimaldi (si veda lo stemma sul
prospetto).
- Chiesa di Sant'Antonino (Cinquecento, ricostruita nel Settecento).
La cripta sotterranea ingloba la vecchia chiesa del XVI secolo.
- Palazzo Napolino/De Naro Papa (Ottocento), nella parte alta della
città, di fronte alla chiesa di San Giovanni Evangelista; presenta una
bella loggia, a sostegno di una terrazza, con tre arcate, sormontate da
tre mascheroni.
- Chiesa di San Ciro (1856), piccolissima, con buone tele ottocentesche, pregevoli statue nella Cappella del Cristo morto e dell'Addolorata.
- Chiesa di San Martino, settecentesca, ricchissima di stucchi, non visitabile.
- Palazzo Rubino/Trombadore(fine Settecento-primo Ottocento),
con notevolissimo prospetto tardo-barocco, dove gli elementi stlistici
delle mensole, con mascheroni e decorazioni fogliacee, testimoniano la
persistenza del gusto rococò in pieno Ottocento.
- Palazzo ex Convento dei PP. Mercedari, con annesso Museo delle Arti e Tradizioni Popolari.
- Chiesa di Sant'Andrea (prospetto rifatto nel Settecento).
- Chiesa di S.Maria della Catena, anche questa ricostruita nel Settecento.
- Chiesa di Santa Margherita, ricostruita nel Settecento.
- Chiesa di San Francesco Saverio (Badia), originaria del
Cinquecento, restaurata nel Settecento, ricca di bellissimi stucchi,
visitabile nel tardo pomeriggio dei giorni feriali, quando ivi si
celebra la SS.Messa per le Suore Carmelitane Missionarie di Santa Teresa del Bambin Gesù.
Siti archeologici
Chiesa rupestre di San Nicolò Inferiore
Presenta dei magnifici affreschi sulla nuda roccia, di stile
tardo-bizantino, databili fra il XII ed il XVI secolo (l'anno 1594 si
trova dipinto sulla roccia accanto ad una raffigurazione): si tratta di
una grotta artificiale, in pieno centro cittadino, nella quale si
osservano diversi cicli di affreschi; una chiesa rupestre definita dagli
studiosi un
unicum nel panorama della Sicilia medievale. L'affresco principale è un bellissimo
Cristo Pantocratore
posto al centro dell'abside, dove si raffigura un Cristo benedicente
racchiuso in una mandorla seduto su un trono fra due coppie di Angeli.
Sul lato destro dell'abside si trova un catino battesimale, scavato
nella roccia, per il battesimo con rito orientale. Ultimi in ordine di
tempo, alcuni lavori di scavo hanno portato alla luce una serie di
cripte e di tombe terragne.
Cava Ispica
Cava Ispica (il nome precede quello dell'omonima, vicina città, chiamata
Spaccaforno fino al
1936)
raccoglie, in tredici chilometri di lunghezza, numerose testimonianze
di epoche diverse: dalle grotticelle sicule a forno dell'età del bronzo,
alle catacombe cristiane del Basso Impero (IV-V secolo d.C.), dagli
affreschi rupestri della "Grotta dei Santi", ai ruderi della chiesetta
bizantina di S. Pancrati. Notevole la catacomba della
Larderia, un cimitero ipogeico che in circa 500 m
2
(secondo in Sicilia per estensione) racchiude ben 464 tombe, suddivise
in tre gallerie sotterranee, delle quali la principale è lunga circa
trenta metri. Il sito è in effetti una vera e propria
città nella roccia,
dove nei pressi delle grotte abitate dagli uomini e dagli animali
domestici, ce ne erano altre adibite a magazzini, o a luoghi di culto
con altari e affreschi sulla nuda roccia. Infine, nascoste dalla
vegetazione o protette da una certa difficoltà di accesso, negli
anfratti più ripidi della
cava, centinaia di grotte ad uso funerario.
La cava, che in alcuni punti è profonda anche cento metri e larga più di
500, presenta una vegetazione rigogliosa, attrazione per varie specie
di uccelli, tale da conferire al luogo notevole importanza anche dal
punto di vista naturalistico.
Lungo la vallata sono presenti una miriade di grotte naturali o scavate
nelle roccia dalla mano dell'uomo, alcune difficili da raggiungere, se
non con corde, stretti camminamenti tra i massi o scale. Molte grotte
sono contigue, magari su piani sovrapposti comunicanti tra di loro
tramite botole artificiali praticate nelle pareti rocciose.
Celebre e di grande interesse storico ed archeologico è il
Castello Sicano
a cinque piani, interamente incassato nella roccia, vera e propria
fortezza scavata in una parete calcarea che scende a picco per trenta
metri di altezza. Forse era la residenza del principe del luogo.
Cava Lazzaro
La valle di
Cava Lazzaro
annuncia quella di Cava Ispica, e rappresenta una fra le più
interessanti stazioni archeologiche del paleolitico siciliano. Presenta
grotte a forno e ad anticella, oltre a caverne templari ad uso
religioso, con escavazioni a mano di pilastri e colonne. Di notevole
pregio archeologico è la
Tomba Orsi, certamente riservata ad un
personaggio importante del luogo, con un prospetto molto esteso in
lunghezza e ornato con finti pilastri, sui quali sono scolpiti simboli
geometrici; prende il nome da colui che la scoprì, l'archeologo
Paolo Orsi.
A Cava Lazzaro sono stati rinvenuti strumenti di amigdala, vasellame
della civiltà castellucciana, manufatti vari di civiltà presicule
comprese nel periodo XXII-XV secolo a.C.(
facies di Castelluccio,
prima età del bronzo), tutti conservati al Museo Civico di Modica. A
Cava Lazzaro è stato trovato pure un cranio assegnato dal Pigorini al
tipo di
Neanderthal, e che è visibile al
Museo Etnografico L. Pigorini di
Roma.
Cava dei Servi
Essa alterna pareti rocciose a strapiombo, a zone dall'andamento
pianeggiante, a gole profonde invase dall'acqua del torrente (a regime
permanente)
Tellesimo:
morfologia complessa e variegata che attribuisce alla zona particolare
bellezza, grazie anche alla ricca vegetazione presente sui versanti e
nel fondo valle. Si possono, infatti, ammirare boschi con lecci e
querce, e tratti di Gariga
[29], tipica formazione discontinua di cespugli e piccoli arbusti, fra i quali predominante è il timo arbustivo (
Thymus capitatus), che è quella essenza aromatica, cibo preferito delle api, le quali producono il più famoso miele ibleo, appunto il
miele di timo.
Infine, presenti larghi tratti di macchia mediterranea. Nella parte
iniziale, la Cava dei Servi (di Dio), diventata Parco forestale, si
presenta ampia e di facile accesso. Lungo la cava scorre il torrente
Tellesimo, un affluente del
Tellaro,
che forma ad un certo punto del suo corso il Gorgo della campana, un
laghetto a forma circolare di cui non si è ancora riusciti a misurare la
profondità. Questo torrente è uno dei più singolari della zona iblea:
nasce in contrada
Bellocozzo all'interno proprio della Cava dei Servi e termina dopo circa 15 km confluendo nel fiume Tellaro, in territorio di
Noto.
La cava lungo cui scorre il Tellesimo ha pareti a strapiombo traforate
da parecchie grotte, e diventa, nella parte terminale, stretta e
tortuosa, conservando così, grazie alla sua impervietà, un ecosistema
ancora integro. Per quanto riguarda la fauna, oltre ad uccelli come
falchi, poiane, beccacce e tortore, si possono incontrare volpi,
martore, istrici e gatti selvatici. Cava dei Servi fu abitata dall'uomo
fin dalla preistoria. Su una collina chiamata Cozzo Croce si trovano,
infatti, alcune necropoli attribuibili all'
età del bronzo, con due monumenti funerari (
dolmen) realizzati con lastroni infissi nel terreno e disposti circolarmente, oltre ad alcune tombe a grotticella e altre ad
enchytrismòs,
queste ultime per il ritrovamento in esse di vasi o anfore contenenti
tracce di ceneri, in riferimento alla usanza protostorica in questa
parte di Sicilia di ricorrere a tale modalità di conservazione dei resti
mortali dei defunti. Si chiama "Cava dei Servi" perché si dice che in
passato qua venissero i Servi di Dio.
Tradizioni e folclore
- Madonna Vasa-Vasa: si svolge nella mattinata di Pasqua. Risalente almeno[49] al 1645,
rappresenta l'incontro fra la Madonna ed il Cristo Risorto, reso
caratteristico ed emozionante in questa versione modicana dal fatto che
il simulacro di Maria, in pratica un burattino in legno sul tipo dei pupi Siciliani,
muove le braccia, impartisce benedizioni e si china a baciare il petto
del figlio risorto. A mezzogiorno in punto, fra ali di folla acclamanti,
spari di bombe e campane a festa, alla Madonna, non appena "scorge" in
lontananza Gesù Risorto, viene fatto cadere il manto nero che la
ricopre, lasciando così scoperto il suo vestito azzurro;
contemporaneamente vengono liberate in volo una decina di colombe
bianche, nascoste in precedenza nel basamento del simulacro della
Madonna.
- Festa del Patrono San Giorgio, il 23 aprile se cade di domenica, oppure la prima domenica successiva alla data (nel 2011
eccezionalmente i festeggiamenti hanno avuto luogo l'8 di maggio): il
simulacro raffigurante il Santo Cavaliere che uccide il drago, viene
portato a spalle lungo tutto il centro storico della città, prima a
Modica Alta, poi a Modica Bassa, a partire dal primo pomeriggio, per
finire con i giri festanti all'interno del Duomo dalle 23:00 circa.
- Eurochocolate - ChocoBarocco - ChocoModica: le prime edizioni
furono primaverili, negli ultimi anni si è optato per il ponte
dell'Immacolata a dicembre. Si contano già dieci edizioni. L'evento
rappresenta l'occasione giusta per visitare la città partecipando a tour
guidati, e per degustare tutte le specialità dolciarie locali. In
occasione della Kermesse del cioccolato di Modica si svolgono una serie
di convegni ed eventi incentrati sul cacao, sulla tipica cioccolata modicana e sui prodotti dolciari per i quali Modica è rinomata. Il dolce appuntamento per il 2010 si è svolto nei giorni dal 3 all'8 dicembre, (Choco Notte il 4 dicembre), e la versione di quest'anno, così come quella del 2009, non ha più avuto il marchio perugino, ma piuttosto, col nome di ChocoBarocco,
è stata un'edizione organizzata in maniera autonoma dai maestri
cioccolattieri modicani, riuniti in un Consorzio per la tutela e la
promozione del prodotto, ricchi dell'esperienza degli anni passati.
L'edizione del 2014,
che si è tenuta dal 5 all' 8 dicembre, ha confermato l'inserimento fra
le manifestazioni turistiche di rilevanza nazionale della Regione
Siciliana, ed è stata organizzata nuovamente in collaborazione con lo
staff di Eurochocolate di Perugia.
- Settimana Quasimodiana: puntualmente come dal 1996 in poi ogni anno, nella settimana a cavallo del 20 agosto 2011 si tengono le varie rappresentazioni culturali che ricordano, nell'anniversario della sua nascita (20 agosto), il poeta Salvatore Quasimodo,
che a Modica appunto venne alla luce. Il programma prevede tutte le
sere visite guidate ai Musei ed alla Casa natale, mentre il clou è la Notte della Poesia il 20 agosto. A Modica opera il Parco Letterario Salvatore Quasimodo[50],
che ha sedi pure a Roccalumera, paese d'origine della famiglia, ed a
Messina, dove il Poeta trascorse buona parte dell'adolescenza, e dove
intraprese gli studi superiori. Il Parco cura varie manifestazioni
culturali della città di Modica, soprattutto nel mese di agosto, quando
ricorre l'anniversario della nascita.
- Sagra del carrubo, a Frigintini in settembre o ottobre: si
degustano tutte le specialità a base di carrube: lolli (cavatelli cotti
in sciroppo di carrube e ricoperti con mandorla tritata abbrustolita),
gelo, biscotti e caramelle.
- Presepe Vivente: durante le festività di Natale, un Presepe
Vivente viene rappresentato lungo i vicoletti e le scalinate di uno
degli antichi quartieri del centro storico della città, oppure, a volte,
fuori città, nella zona archeologica di Cava Ispica, nella suggestiva ambientazione delle grotte scavate dall'uomo nel corso dei secoli. L'edizione 2007 è stata ambientata nei bassi e negli anfratti rocciosi su cui poggiano i resti del Castello dei Conti. L'edizione 2009 si è svolta nel caratteristico parco urbano di San Giuseppe Timpuni di recente realizzazione.
Monterosso Almo
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Monterosso Almo (
Muntirrussu in
siciliano) è un
comune italiano di 3.075 abitanti
[1] della
provincia di Ragusa in
Sicilia.
La cittadina fa parte del circuito dei
borghi più belli d'Italia.
Storia
Le origini di Monterosso affondano nella notte dei tempi: la
necropoli di Calaforno e l'abitato di monte Casasia, scoperti negli anni
'60, dimostrano infatti come il territorio sia stato abitato da
popolazioni sicule. L'ipogeo di Calaforno è stato inizialmente usato
come luogo di sepoltura, poi come luogo di abitazione e, nel periodo
romano come luogo di rifugio dei cristiani.
Queste popolazioni in seguito alle incursioni dei greci si ritirarono
sui monti interni, dando vita ad altri centri. Non esistono documenti
che risalgono al periodo greco-romano. In una zona situata sulla strada
Vizzini-Monterosso si trovano le grotte dei Santi con alcuni affreschi
bizantini, che sono state abitate nel periodo delle persecuzioni
cristiane.
Nel
1168
il paese appartenne a Goffredo figlio del Conte Ruggero. Già il paese
aveva una fisionomia e un certo numero di abitanti e prese il nome di
Monte Jahalmo. Successivamente il paese appartenne al conte
Enrico Rosso
che costruì un castello presso la contrada Casale del quale si è persa
ogni traccia. In seguito alle nozze di Enrico con la figlia di Federico
Chiaramonte, il paese entra a far parte della
Contea di Modica e in questo periodo prende il nome di Monterosso.
Dopo la caduta dei Chiaramonte, intorno all'anno
1393,
la contea, e quindi anche Monterosso, passò in mano di Bernardo
Cabrera. Il Cabrera, assetato di potere, portò il paese alla rovina,
dopo che fallite le sue ambizioni di ottenere la corona di Sicilia fu
costretto a pagare un forte debito vendendo il paese. In seguito, nel
1508, il paese fu ricomprato dagli eredi del Cabrera, i quali vi costruirono due castelli.
Nel 1649 ebbe inizio la costruzione del nuovo convento di S. Anna,
l'edificazione del monastero fu finanziata da Donna Marcella
dell'Albani, originaria di Biscari, e dal marito Don Giovanni Francesco
Distefano; nella chiesa conventuale trovò sepoltura Don Angelo
Distefano. L'11 gennaio del
1693 anche Monterosso fu colpito dal tremendo terremoto che distrusse la
Sicilia orientale,
vi furono circa 200 morti e solo pochi ruderi rimasero quali la
cappella di Sant'Antonio e il Mulino Vecchio. Da allora il paese è stato
ricostruito sempre più in cima al monte, assumendo l'attuale
topografia.
Veduta di Monterosso Almo
Monumenti e luoghi d'interesse
La basilica di San Giovanni Battista.
Architetture religiose
Architetture civili
- Palazzo Cocuzza, edificio tardo barocco;
- Casa palazzata Barone Burgio;
- Fontana pubblica del 1894;
- Palazzo Barone Noto (o Palazzo Noto), antico palazzo appartenuto
alla famiglia Noto di Monterosso Almo parzialmente distrutto dal terremoto del 1693, ricostruito tra il XIX e il XX secolo con un diverso stile.
Eventi
- 17 gennaio: festa in onore di Sant'Antonio Abate, poi un tradizionale falò in piazza Sant'Antonio e fuochi pirotecnici.
- Martedì dopo Pasqua:-- Festa in onore dell'Addolorata
- Domenica in Albis: tradizionale processione a spalla di Maria Santissima verso Sant'Antonio u Viecchiu.
- Riti della Settimana Santa: domenica delle Palme processione con Gesù e l'asinello; Mercoledì Santo tradizionale processione con il Cristo alla colonna; Venerdì Santo caratteristica processione con Scisa ra Cruci e Svelata ra Bedda Matri; Domenica di Pasqua tradizionale 'Ncrinata del Cristo Risorto e della Vergine Maria e processione per le vie del paese.
- terzo sabato dopo pasqua: sagra dei cavati.
- terza domenica dopo pasqua: Festa degli Angeli in onore di Maria Santissima Addolorata.
- 24 giugno: natività di San Giovanni Battista.
- Prima domenica di settembre: festeggiamenti in onore di San Giovanni Battista, Patrono e Protettore del Comune[5].
- Terza domenica di settembre: festa in onore di Maria Santissima Addolorata, Regina e Patrona Principale del Comune.
- Quinta domenica di settembre o prima domenica di ottobre: festeggiamenti in onore di Maria Santissima Bambina.
- 8 dicembre: Solennità dell'Immacolata Concezione nella Chiesa di Sant'Anna.
- 8 dicembre anniversario Santuario Diocesano Maria Santissima Addolorata.
- 26-28 dicembre e 1, 4, 6 gennaio: presepe vivente.
La Festa Patronale di San Giovanni Battista
(concessa autorizzazione da www.sangiovannimonterosso.it fonte originale)
La prima testimonianza riguardante la festa di S.Giovanni a
Monterosso è rappresentata da un atto notarile del 1559 in cui un
abitante del posto si impegna a pagare, entro tempi certi, dei debiti
contratti, citando tra le scadenze la “ festa di Santo Joanni”. In più
documenti si accenna alla festa nel Seicento: il 16 agosto del 1699 i
procuratori e i rettori della chiesa di S.Giovanni chiedono al Tribunale
del Sant'Uffizio l'autorizzazione “ come è stato solito ogni anno di
solennizzare la festività di Maria SS.ma delli Pericoli con farsi la
processione dell'immagine di detta Madonna e del Glorioso S.Giovanni
Battista ”. In una supplica, del 1755, al vescovo di Siracusa, i
confrati descrivono la festa e fanno presente che nella loro chiesa “ ab
immemorabile è stata sempre solennizzata (una festa) particolare al
culto e venerazione del Santo Precursore in ogni ultima domenica
d'agosto d'ogni anno, facendosi doppo detta festa in detto giorno non
solo la processione ma solennizzandosi anche tutta la seguente Ottava al
detto Santo, stando esposto il suo simulacro, con messe cantate ogni
giorno ed esposizione del Divinissimo Sacramento per tutta l'Ottava,
canto di compieta e altri esercizi spirituali e tutto ciò a spese delli
divoti che concorrono colle loro limosine per far ossequio al detto
Santo.” Mentre in un memoriale del 1766 si parla dei predicatori che
venivano invitati a tenere i loro sermoni durante l'Ottavario.
S.Giovanni si festeggiava il 24 giugno (nascita) ed il 29
agosto(martirio). Nel 1795, “ occorrendo che il dì 29 agosto è giorno di
lavoro, non si può affatto la detta processione eseguirsi giacché manca
tutta la gente necessaria per condurre il simulacro di S. Giovanni
Battista, i ricorrenti (i procuratori della chiesa di S. Giovanni)
chiedono che, restando ferma la risoluzione del Governo di incominciare
la festa di detto Santo il giorno in cui lo celebra la Chiesa, sia
permesso soltanto di farsi la processione nella prima festa (giorno
festivo) che incontra nell'Ottavario”. Da allora la processione si
svolse la prima domenica di settembre. La festa di S.Giovanni era un
evento atteso tutto l'anno e l'intero paese si metteva in moto e
contribuiva, prevalentemente con doni in natura, essenzialmente
frumento, alla sua organizzazione. Addirittura veniva acquistato un
asino, che consentiva gli spostamenti a chi si incaricava di raccogliere
i fondi nelle campagne, un tempo molto abitate e frequentate per motivi
di lavoro, ragion per cui tale raccolta durava più di un mese. Un
momento particolare era la questua, il venerdì e il sabato, la
commissione accompagnata dalle note della banda musicale passava per i
forni e le botteghe dove “ si scassavunu i carusedda ”, i salvadanai in
cui si raccoglievano le offerte per la festa date dalle massaie mentre
facevano il pane o mentre si faceva la spesa. Venivano chiamate di anno
in anno, insieme alla banda musicale cittadina, le più rinomate bande
del circondario ai cui componenti si forniva vitto e alloggio, visto che
dovevano rimanere per gli ultimi tre giorni della festa. Per quanto
riguarda il giorno della festa vera e propria, la domenica mattina
veniva celebrata una Messa ogni ora, a partire dalle 5. Durante la
processione del mattino, il simulacro veniva portato sulle nude spalle
dei fedeli, che sanguinavano, e molto suggestivo doveva essere il
momento in cui i bambini con una veste rossa venivano presentati al
Santo e poi spogliati e la veste legata al percolo. I più anziani
ricordano i palloni illuminati, specie di mongolfiere in miniatura che,
all'uscita del simulacro, si libravano nell'aria con grande stupore e
gioia dei bambini che le inseguivano per accaparrarsele una volta cadute
a terra, il pallone più bello era, naturalmente, quello con l'effigie
di S. Giovanni.
LA FESTA OGGI...
A Monterosso Almo, la festa di San Giovanni Battista, che si tiene
tradizionalmente la prima domenica di settembre, è un momento un po'
speciale. Monterosso, uno dei più piccoli Comuni della provincia di
Ragusa, sito ai confini con le province di Catania e Siracusa, vive
intensamente questi momenti particolari della festa, con gioia genuina
fatta di piccole, antiche e tradizionali cose e ricordi; tipico della
gente di montagna (che ha nel suo passato una vita fatta di lavoro e di
stenti), aggrappata alla sua terra, alla sua storia e alle sue
tradizioni, ma con uno sguardo rivolto verso il futuro, verso un domani
migliore. Dicevamo momento particolare perché man mano che si avvicina
il giorno della festa del Santo Patrono arrivano gli emigrati
dall'Australia, dall'Argentina e dall'Europa, gente che non ritorna nel
suo piccolo Monterosso da decine di anni, o figli di monterossani che
vengono per conoscere le proprie origini, la vita del paese assume un
ritmo crescente direi quasi frenetico che riesce a coinvolgere grandi e
piccini nella sua preparazione. In questo periodo tutte le case che
durante l'anno restano chiuse, vengono riaperte e abitate anche se per
pochi giorni; non è più un paesino di circa 3.500 anime, ma di più.
Proprio per questo la festa viene preceduta da alcuni giorni di
spettacoli che hanno il culmine con la festa dell'emigrato e con il
Premio Aquila d'oro, dove vengono valorizzati e posti all'attenzione
quegli emigrati che si sono contraddistinti in Italia e nel mondo con il
loro impegno e la loro laboriosità. La festa di San Giovanni Battista, a
Monterosso Almo, ha origini molto antiche, da alcuni documenti in
archivio si può dedurre che risalga al XII sec., certo però che la
tradizione si perde nella memoria degli antichi. Questa festa, a
differenza di molte altre, riesce ad essere particolare per il suo
connubio molto semplice tra spiritualità e folklore che non si
disturbano a vicenda, ma anzi rendono più armoniosa e gioiosa la festa
stessa. Questo è il motivo principale che attira, la prima domenica di
settembre a Monterosso migliaia di turisti. Chi viene in quel giorno non
si sente estraneo, ma ospite gradito e coinvolto in nell'aria di festa.
Le processioni con il Simulacro del Santo Patrono restano il momento
principale della giornata. Particolare e molto emozionante è la
tradizionale "nisciuta" alle ore 11.00. Gli squilli di 8 trombe egiziane
richiamano l'attenzione di tutta la gente in piazza e allo scorgere del
Simulacro dal portale della Chiesa portato a spalla dai fedeli, tra
pianti di commozione e applausi, lo scoppio dei fuochi d'artificio e il
lancio di una nebbia di 'nzaiarieddi, il tutto fa da cornice
all'abbraccio del Santo Patrono con la sua Monterosso. Finemente
ricamato in oro e lavorato a mano è lo stendardo della confraternita
dedicata al Santo che fu fondata nell'agosto del 1257. Di particolare
splendore è il fercolo del Santo, scolpito a mano e ricoperto tutto con
foglia d'oro zecchino, alla fine del Settecento risale la sua
manifattura; molto più antica è la statua, restano ignoti gli autori,
molto probabilmente artigiani locali. Particolarmente artistiche sono le
luminarie per le strade del paese, con un gioco di luci e di colori che
si incastonano molto bene nell'aria di festa del paese. Due sono i
corpi bandistici che accompagnano le processioni, nella prima
processione del mattino numerosissimi sono i pellegrini a piedi nudi e
con la cera in mano che precedono la statua del Santo Patrono,
pellegrini in gran parte venuti dai paesi vicini a piedi scalzi durante
la notte tra il sabato e l'alba della domenica, arrivando in Chiesa
prima delle ore 6.00 per assistere alla prima Santa Messa in onore del
Santo dedicata proprio ai pellegrini. Tipico e tradizionale nel
pomeriggio la "cena ", cioè la vendita all'asta dei dolci tipici
preparati dalla gente e offerti al Santo, oltre ai dolci si possono
notare le tradizionali forme di pane che raffigurano il volto del Santo
Patrono. Apprezzati e graditi per la loro bellezza e grandiosità, sono
lo spettacolo pirotecnico che si tiene in c.da Casale e a conclusione
dei festeggiamenti in p.za S. Giovanni lo spettacolo Piro-Musicale, tali
spettacoli sono divenuti ormai un appuntamento fisso per gli
appassionati e non, di tutta la provincia e del circondario.
Pozzallo
Pozzallo (
Puzzaddu in
siciliano[2]) è un
comune italiano di 19 582 abitanti
[3] della
provincia di Ragusa in
Sicilia.
Storia
La zona tra Pozzallo e
Santa Maria del Focallo, come accertato da
Paolo Orsi, risultava abitata da contadini e pescatori già in
epoca bizantina: l'archeologo trentino rinvenne lungo la costa compresa tra
Pietre Nere e
Santa Maria del Focallo alcuni ruderi , tra cui quello di un forno, risalenti al
XII secolo[4]. Nel
1908 fu inoltre ritrovato in un terreno di proprietà del marchese (e in seguito
podestà)
Corrado Tedeschi un recipiente con all'interno 600
monete romane. Circa 400 di esse furono trafugate, mentre le restanti 229 furono studiate da Orsi, che le datò tra il
72 e il
249 d.C
[4]. Alla fine del
XIX secolo fu ritrovata nella zona dello
Scaro un'antica tomba
messena, risalente alla
terza guerra messenica
e appartenente ad un re; la zona infatti divenne luogo di rifugio per i
soldati messeni sconfitti, che ivi si stabilirono in capanne di fango
[4]. Sempre secondo i ritrovamenti, risulta che nella zona vivessero alcune
comunità paleocristiane, che vivevano in maniera spartana sulle rive dei pozzi d'acqua dolce
[4].
Verso la fine del
XIV secolo della zona compresa tra
Capo Passero e
Punta Regilione si interessò
Manfredi III Chiaramonte,
conte di Modica.
Nella zona erano presenti dei magazzini in disuso, che Manfredi aveva
intenzione di valorizzare per costruire un porto strategico per la rotta
verso
Malta[4]. Tuttavia nel
1391 Manfredi morì e il progetto fu ripreso da suo figlio
Andrea, che costruì un
Caricatore, un complesso di magazzini che comprendeva pontili e scivoli per l'imbarco di merce (specialmente
frumento) sui velieri
[4].
In seguito
Martino I di Aragona ordinò l'invasione della
Sicilia e mise a capo delle truppe
Bernardo Cabrera che nel
1392
conquistò l'Isola e fece decapitare Andrea per alto tradimento; per
premiarlo, il re aragonese lo nominò Grande Ammiraglio del Regno di
Aragona e gli concesse il territorio della
Contea di Modica. Cabrera ampliò il caricatore e costruì la
piana dei fossi, una serie di fossati capaci di contenere migliaia di
salme di frumento
[4]. Quando morì, la contea passò al figlio
Giovanni Bernardo Cabrera, che chiese l'autorizzazione per poter costruire una torre di difesa per difendere la zona dalle incursioni dei
pirati, che solevano nascondersi nelle rade di Raganzino, Maganuco e Cala Brigantina; il Decreto di Erezione della Torre è datato
1429 ad opera di
Tommaso Fazello, che attribuisce erroneamente la costruzione a Bernardo e non al figlio Giovanni Bernardo
[4]. La
Torre del Pozzallo,
in seguito denominata Cabrera, aveva mura esterne spesse due metri ed
era lambita dal mare su un lato. Lì prestavano servizio soldati e
artiglieri e sulle sue terrazze erano piazzati cannoni di diverso
calibro, mentre i cavalleggeri sorvegliavano la costa
[5].
In quel periodo un ignoto autore siciliano scrisse che
Puzzallo è, fra li caricatori di frumento, mediocre, facendo intendere che il caricatore pozzallese era poca cosa rispetto ai porti siciliani più importanti (
Palermo,
Siracusa,
Catania e
Messina)
[4].
Oltre al frumento, dal cariatore venivano esportati anche
canapa,
orzo,
carrubbe, carbone e legname
[4][6].
Il
XVI e il
XVII secolo furono secoli difficili per la piccola borgata: si susseguirono quattro epidemie di peste (
1576[7],
1622,
1626 e
1631), tre carestie (
1581,
1590 e
1672), tre invasioni di cavallette (
1616,
1637 e
1666) e due alluvioni (
1619 e
1622), che decimarono la popolazione
[4]. Tuttavia l'evento più devastante è stato il
terremoto del 1693, che fece crollare interamente la Torre (che già dava segni di cedimento)
[4]. L'artiglieria che venne recuperata dalle macerie fu spostata sulla scogliera tra
Pietre Nere e
Santa Maria del Focallo, lasciando via libera ai pirati per poter saccheggiare la borgata
[4].
Dopo mesi di proteste da parte degli abitanti, stanchi dei continui
saccheggiamenti, la Torre fu ricostruita con l'aggiunta di una grande
piattaforma merlata affacciata sul mare
[8] e una serie di
contrafforti, per dare maggiore stabilità
[4].
Dopo una serie di terremoti, la Torre fu ulteriormente rinforzata con
delle spranghe di ferro che ne cingevano le mura; tuttavia esse furono
rimosse durante la ristrutturazione del
1960[4].
All'inizio del
XVIII secolo
scoppiò la polveriera, sita all'ultimo piano della torre, che danneggiò
la struttura e che scagliò alcuni massi sulle abitazioni; la torre fu
subito ricostruita, ma ormai aveva perso la sua funzione strategica: le
incursioni dei pirati non avevano più luogo da decenni e la
ricostruzione aveva uno scopo estetico più che difensivo
[4].
I magazzini del Caricatore negli anni cinquanta, prima della completa demolizione
Con la fine del
feudalesimo in Sicilia il caricatore perse importanza e, negli ultimi anni del
XIX secolo,
fu quasi totalmente demolito (fu completamente abbattuto sul finire
degli anni sessanta) per lasciare spazio alle abitazioni, che man mano
aumentavano di numero: l'agglomerato urbano era costituito in un primo
tempo da poche centinaia di persone fra soldati e pescatori, ma ben
presto con l'incremento delle attività marittimo-commerciale arrivò a
triplicarsi e a passare, da borgata dipendente da Modica, a comune
autonomo in data 12 giugno
1829, con decreto di
Francesco I di Borbone, Re delle Due Sicilie
[9]. Il primo dato certo sulla popolazione di Pozzallo risale al
1831 e parla di 1787 residenti: prima di allora fu infatti fatta confusione con gli abitanti di
Palazzolo Acreide, generando dati errati ottenuti dalla somma degli abitanti delle due località
[4].
Dopo la separazione da Modica, Pozzallo conobbe un decollo economico e
commerciale, con la costruzione di alcune strade (la rotabile
Pozzallo-Modica, la Pozzallo-
Spaccaforno e la Pozzallo-
Scicli, nonché, in territorio comunale, la via Scaro e il Lungomare Pietrenere
[10]) e l'affermazione di alcune famiglie borghesi (i Pandolfi, i Giunta, gli Avitabile e i Polara-Tedeschi
[11]) che controllavano le attività commerciali del comune
[4].
A questo periodo di splendore coincise il declino della torre: nel
1848 Ferdinando II delle Due Sicilie ne ordinò il disarmo completo e la declassò a sede di un battaglione di Finanza, rimosso nel
1895[4].
La torre rimase inutilizzata fino alla
seconda guerra mondiale, quando fu piazzata nella terrazza la batteria contraerea per contrastare i bombardamenti Alleati
[4]. Nel
1943 Pozzallo subì 27 bombardamenti, che però non intaccarono mai la torre, vero obiettivo dei bombardieri
[4].
In quell'anno la popolazione emigrò in massa verso la
Cava d'Ispica, spopolando il paese, che divenne una
città fantasma fino allo
sbarco alleato del 10 luglio
[4].
In seguito, la torre cessò definitivamente il suo scopo militare e venne nominato
monumento nazionale[4].
Simboli
« D'azzurro alla torre
quadrangolare d'argento sul mare, accostata a destra da una navicella e
nel cantone sinistro del capo da una stella d'argento di cinque raggi
con il motto intorno "secundis ventis" » |
(Blasonatura) |
Lo stemma è dominato da una rappresentazione della
Torre Cabrera, principale monumento della città. A sinistra è presente una
goletta, simbolo della vocazione marittima della città, mentre in alto a destra è presente una stella bianca recante la scritta
SECUNDIS VENTIS, in onore della nobile famiglia dei Polara-Tedeschi (strettamente imparentata con i
Platamone) che per lungo tempo ha detenuto il potere sulla città dopo l'indipendenza da
Modica.
Monumenti e luoghi d'interesse
Veduta panoramica del paese dalla Spiaggia Pietrenere
Architetture religiose
Architetture civili
- Torre Cabrera: Monumento Nazionale, è l'edificio simbolo della città e venne costruito nel XV secolo.
- Palazzo comunale Giorgio La Pira: costruito tra il 1923 e il 1926, dal 1928 è la sede del comune.
- Villa Tedeschi: costruita nel XVIII secolo, apparteneva ai Tedeschi-Polara, famiglia che ha a lungo governato sulla città dopo la separazione da Modica. Oggi vi ha sede la biblioteca civica.
- Palazzo Giunta: costruito tra il 1900 e il 1910 su commissione di Enrico Giunta, sorge in Piazza Rimembranze.
- Castello Di Martino: La costruzione iniziò su commissione della famiglia Di Martino intorno al 1930, ma non venne mai completato e sorge in rovina di fronte al porto, su una collinetta. Per qualche anno, fino al 2012, ha ospitato la Via Crucis vivente.
Santa Croce Camerina
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Santa Croce Camerina (
Santa Cruci in
siciliano) è un
comune italiano di 10 767 abitanti
[1] della
provincia di Ragusa in
Sicilia.
Storia
Comune erede della colonia siracusana di
Kamarina, fondata nel 598 a.C. e costruita sui colli antistanti il porto alla foce dell'
Ippari. La fondazione avvenne da parte di
ecisti siracusani e perciò di origine
corinzia,
Daskon e
Menekleos, che guidarono i coloni, ed è testimoniata dall'emissione di una moneta con l'
elmo corinzio e una palma mediterranea.
Il porto fu costruito drenando la preesistente palude, da qui il nome
della ninfa Kama(rina) ed il simbolo della rinascita con il Cigno. Da
colonia di Siracusa Kamarina si affermò quale
Polis autonoma e nell'anno
553 a.C.
si ribellò alla città-madre coinvolgendo nella sua causa le vicine
popolazioni sicule sue alleate. Durante il dominio esercitato dal
condottiero Ippocrate di Gela venne ripopolata con coloni geloi
nell'anno
495 a.C., ma il suo successore
Gelone dei Deinomenidi la distrusse nel
485 a.C. per ampliare il suo potere a
Siracusa.
Nel
461 a.C. con la caduta dei
Deinomenidi
a Siracusa la Polis riacquistò la propria autonomia e libertà e aumentò
la popolazione poiché diede la cittadinanza a molti esuli geloi. In
seguito alla pace di Gela del 424 a.C. voluta dal siracusano
Ermocrate a Kamarina venne assegnata da Siracusa come tributaria la polis siculo-ellenizzata di
Morgantina, in cambio di una somma di denaro.
Durante la guerra fra
Atene
e Siracusa, sembra che Kamarina avesse aderito alla causa ateniese,
come pare testimoniato dai tipi di diverse emissioni di monete, ma poi
si defilò quando ad
Alcibiade venne tolto il comando dell'esercito ateniese. Durante l'avanzata dell'esercito
punico guidato da
Annibale nel 406-405 a.C., Kamarina venne nuovamente saccheggiata e distrutta.
Kamarina rientrò nell'orbita siracusana durante il dominio di
Dionisio il grande e prese parte alla
simmachia di
Dione nell'anno 357 a.C., quando questi con il suo esercito si portò alla conquista di Siracusa in potere del nipote
Dionisio il giovane.
Dopo avere subito altri rovesci venne restaurata da
Timoleonte nel 338 a.C., ma i suoi commerci diminuirono progressivamente durante la guerra fra
Agatocle e Cartagine.
Fu saccheggiata dai
Mamertini
nell'anno 280 a.C.; poi fu occupata dai Romani; in seguito, poiché
aveva aderito alla causa punica, venne severamente punita dai Romani
nell'anno 258 a.C. con una distruzione quasi totale. Un villaggio di età
repubblicana occupò soltanto il promontorio.
Durante il periodo dell'
Impero romano
venne realizzato un nuovo porto nella vicina Kaukana (Punta Secca) e
quindi la città venne progressivamente abbandonata dai suoi abitanti,
che si spostarono nel nuovo porto e all'interno della Sicilia. Nell'area
del tempio trasformato in chiesa persistette tuttavia un piccolo
villaggio. Durante la conquista araba il sito di Kamarina venne
saccheggiato. Nel periodo normanno il territorio di Santa Croce fece
parte della contea di Ragusa e fu da Silvestro Conte del Marsico e
signore di Ragusa donata nel 1140 al Monastero di Santa Maria la Latina
di Gerusalemme, i priori del predetto monastero, caduta Gerusalemme
nelle mani del Saladino, si trasferirono nel monastero di San Filippo
d'Argirò oggi Agira e da quel monastero amministrarono per tutto il
periodo medievale il vasto feudo di Sancte Crucis de Rosacambra.
Santa Croce è l'unico comune della provincia di Ragusa a non aver mai
fatto parte della Contea di Modica, essendo feudo ecclesiastico non fu
sottoposto a decime e venne dato in affitto dagli abati di Santa Maria
la Latina di Agira a nobili ragusani e modicani per brevi periodi. Nel
1458 fu affittata a Pietro Celestri, nobile modicano, che acquisì in
perpetuo il vasto feudo di Santa Croce il 30 aprile 1470; Michele,
figlio di Pietro Celesti, donò il feudo al figlio Pietro II il quale
morì in battaglia a Ravenna nel 1512, pertanto il feudo pervenne al
piccolo Giovanni Battista che rimase sotto tutela dei nonni paterni
Pietro e Margherita Pancaldo.
Avvalendosi di un testamento privo di valore legale, Donna Margherita
si impossessò del feudo e lo trasmise per donazione al terzogenito
Matteo Celestri che lo diede in dote nel 1534 alla figlia Bianca
Celestri che andò sposa a Giovanni Bellomo, nobile siracusano; pertanto
da questa data e fino al 1582, il feudo di Santa Croce fu in possesso
dei Bellomo. Ma a partire dal 1535 i Celestri avevano intentato causa ai
Bellomo chiedendo la nullità della donazione fatta dalla nonna
Margherita Pancaldo e, morti Pietro III Celestri e Antonio Bellomo, i
figli di costoro, rispettivamente Giovan Battista II e Giovanni Cosimo,
pervennero ad un accordo e stilarono la transazione presso il notaio
Antonino Occhipinti di Palermo il 23 dicembre 1580 per cui metà del
feudo col nome di Santa Croce fu restituito ai Celesti e l'altra parte
col nome di Risgalambro rimase ai Bellomo.
Riottenuto parte del feudo, il barone Giovan Battista II Celestri,
dottore in legge, incaricato dai Re di Spagna a ricoprire alte cariche
pubbliche tra cui quella di membro del Supremo Consiglio d'Italia a
Madrid, inoltrò la richiesta di popolamento del feudo. Richiesta che fu
approvata dal re Filippo II di Spagna il 2 novembre 1598 e resa
esecutiva nel regno di Sicilia il 29 gennaio 1599 data oggi assurta come
natale del comune.
Del periodo classico vi sono testimonianze oltre che archeologiche in
Pindaro (che dedicò le Odi Olimpiche IV e V a Psaumide, citate anche dal
Tasso che le ebbe a leggere e commentare nella redazione dei
Discorsi del Poema Eroico). Kamarina appare anche citata più volte in
Erodoto e
Tucidide, che riporta un'orazione di
Ermocrate
all'assemblea riunita a Camarina. Nell'anno 424 a.C. in seguito alla
pace di Gela voluta da Ermocrate gli venne assegnata come Polis in
simmachia Morgantina; quest'ultima ricchissima di prodotti (orzo, grano,
olio, vino ecc.) attraverso la strada interna che si dipartiva da
Menanoin e Akrai e costeggiava il fiume Hipparis utilizzava l'ampio
porto per commerciare con le polis della Grecia.
Cultura
I monumenti
La Chiesa Madre, costruita nei primi anni del 1600 su un precedente
impianto medievale è il monumento più importante di Santa Croce
Camerina. Fu completamente ristrutturata a partire dal 1797 su progetto
dell'architetto palermitano Teodoro Gigante, che aveva ricevuto
l'incarico dal marchese Tommaso Celestri. I capomastri che effettuarono
l'ampliamento della vecchia matrice furono i palermitani Giuseppe
Mazzarella e Giovanni Vaccaro, sostituiti nei primi dell'Ottocento dal
capomastro e direttore dei lavori Dionisio Bocchieri della città di
Ragusa. La ricostruzione e ampliamento che fu celere nel periodo
napoleonico, ristagnò con l'avvento del Regno delle due Sicilie e si
dovette attendere dino al 1885 per la sua ultimazione. Ha pianta a croce
latina con tre navate, misura metri 45 dal portone principale
all'abside; al suo interno si conserva una copia della Madonna di Loreto
del Caravaggio di recente attribuita al pittore nordico Martin Faber,
una statua di San Giuseppe, patrono della città, ed un monumento
sepolcrale del 1604voluto dal marchese Giovan Battista II Celestri.
La chiesa del Carmine, costruita assieme al piccolo convento tra il
1614 ed il 1615 per volontà del marchese Pietro IV Celestri, è stata
completamente ricostruita nel 1876 su progetto dell'Ing. Salvatore
Toscano.
Palazzo Comunale, sorto nell'area della demolita chiesa del Carmine
ha inglobato ruderi del vecchio convento; fu progettato nel 1874
dall'Ing. Salvatore Toscano ed è stato sopraelevato di un piano nel
1954.
Palazzo Celestri oggi Arezzo, fu sede dell'amministrazione civile del
Marchesato di Santa Croce, nei suoi bassi teneva l'Ufficio il
Governatore ed il Secreto, motivo per cui l'attuale Piazza Giovan
Battista II Celestri era denominata della Secrezia. I marchesi vi
risiedettero brevemente durante i rari soggiorni che effettuarono nella
Terra di Santa Croce. Nella seconda metà dell'Ottocento fu venduto dai
Principi di Sant'Elia eredi dei Celestri alla nobile famiglia
palermitana dei machesi Arezzo che ne detengono la proprietà.
Palazzo Vitale-Ciarcià,costruito tra il 1809 ed il 1811 da Don
Guglielmo Vitale futuro Barone di Corchigliato, sorge alle spalle della
Chiesa Madre, conserva nel salone delle feste un magnifico pavimento in
calcare duro con tarsie in pietra pece, tale pavimento è datato 1811.
Gli appuntamenti
Il maggiore appuntamento di culto religioso e folcloristico è la festa del patrono
San Giuseppe il 19 marzo, mentre la patrona
Santa Rosalia è festeggiata a metà settembre. È tradizione preparare, per le famiglie devote al santo patrono, le tradizionali
Cene di San Giuseppe, con banchetti stracolmi di primizie, dolci, piatti tipici, come voto di fede.
Santa Croce Camerina in Letteratura
Pindaro dedicò le Odi Olimpiche IV e V a Psaumide di Kamarina. Quelle odi sono anche citate dal
Tasso nel suo trattato
Discorsi sul Poema Eroico. Kamarina appare anche citata più volte in Erodoto e Tucidide.
Leonardo Sciascia si divertì a collocarvi l'epilogo di "Il Lungo Viaggio" (da "Il mare colore del vino")
Nel
Gargantua e Pantagruele di
Rabelais viene citata l'espressione "
Ne move Camarinam!" a significare "
Non smuovere le acque (della palude)!"
probabilmente con riferimento al fatto che Kamarina fu fondata attorno
ad una palude trasformata in fiorente porto commerciale dai coloni
siracusani alla fondazione.
Kamarina, la palude, la dea
Kamarina è anche il nome della "Dea" della palude e compare nelle monete della colonia a cui la
Royal Numismatic Society ha dedicato una monografia
[3].
Scicli
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Scicli (
Scichili in
siciliano) è un
comune italiano di 27 033 abitanti
[2] della
provincia di Ragusa in
Sicilia.
Monumentale città barocca dalle forme di un eccelso presepe vivente, nel
2002 il suo centro storico è stato insignito del titolo di
Patrimonio dell'Umanità da parte dell'
UNESCO, insieme con il
Val di Noto.
Storia
La presenza umana nel territorio di Scicli risale addirittura al periodo
eneolitico, come dimostrano i ritrovamenti della Grotta Maggiore situata vicino all'Ospedale Busacca, datati fra l'
età del rame e l'
età del bronzo antico (
III-
II millennio a.C. –
XVIII a.C.-
XV secolo a.C.).
La caratteristica conformazione del territorio con la presenza di
cave e
grotte carsiche,
ha favorito la nascita di numerosi insediamenti rupestri. Oltre a
quello preistorico di Grotta Maggiore, ricordiamo anche l'insediamento
tardo bizantino del
VII secolo d.C. sito in località
Castellaccio, e l'insediamento rupestre bizantino (
VIII secolo d.C.) e medievale (
X-
XI secolo d.C.) in località
Chiafura,
visibile sino ai nostri giorni. Ritrovamenti archeologici, in
particolare i resti di un abitato greco presso la foce dell'Irminio,
testimoniano la presenza, o comunque dei contatti di primaria importanza
con i greci. Così come
Comiso e
Ispica, Scicli vanta la propria discendenza dalla città greca-siracusana
Casmene, fondata nel
VII secolo a.C. Per motivi topografici l'ipotesi che Scicli possa discendere da Casmene è da considerare comunque non realistica.
Oltre ai resti greci sono state trovate tracce che testimoniano la presenza dei
cartaginesi, presenti nell'isola fino alla conquista romana avvenuta nel
III secolo a.C.
Sotto il dominio romano Scicli divenne città "decumana", ovvero città
sottoposta al tributo della "decima" consistente nel pagamento di un
decimo del raccolto. Dopo la caduta dell'
impero romano Scicli passò ai
bizantini e subì, come altre città dell'
Isola, le incursioni dei
Barbari.
Araba
Sotto il
dominio Arabo, Scicli conobbe un periodo di notevole sviluppo agricolo e commerciale e lo storico arabo
Edrisi nella prima metà del
XII secolo, esaltò la prosperità economica di Scicli con queste parole:
« rocca di Siklah,
posta in alto sopra un monte, è delle più nobili, e la sua pianura delle
più ubertose. Dista dal mare tre miglia circa. Il paese prospera
moltissimo: popolato, industre, circondato da una campagna abitata,
[provveduto] di mercati, a' quali vien roba da tutti i paesi. [Qui
godesi] ogni ben di Dio ed ogni più felice condizione: i giardini
producono tutta sorte di frutte; i legni arrivano di Calabria, d'Africa,
di Malta e di tanti altri luoghi; i poderi e i seminati sono
fertilissimi ed eccellenti sopra tutt'altri; la campagna vasta e ferace:
ed ogni cosa va per lo meglio in questo paese. I fiumi [del
territorio], abbondanti di acqua, muovono di molti molini. » |
(Edrisi) |
Normanna
Si fa risalire all'anno
1091 il passaggio definitivo di Scicli dal dominio
saraceno al dominio
normanno per opera di
Ruggero d'Altavilla A questa battaglia, avvenuta nella Piana dei Milici è legata la leggenda della
Madonna delle Milizie[4].
Si narra che la battaglia finale, avvenuta nel marzo 1091, fu vinta dai
Cristiani per l'intercessione della Vergine Maria scesa su un bianco
cavallo a difesa di Scicli. La tradizione è parzialmente confermata dai
Codici Sciclitani. Nella località dell'avvenimento venne costruita la chiesetta della
Madonna dei Milici.
La battaglia è ricordata ogni anno con la
Festa delle Milizie, una delle principali attrazioni folcloristiche di Scicli.
I Normanni (
1090-
1195) introdussero il
sistema feudale già diffuso altrove, e Scicli ed altre città vicine furono considerate città demaniali. Nel
1093 Scicli viene ricordata come dipendente dalla diocesi di
Siracusa.
Ai Normanni successero gli
Hohenstaufen (
Enrico VI di Svevia si impossessò del trono di Sicilia nel
1194). Nel
1255 durante la lotta dei Papi contro la casa Sveva,
Papa Alessandro IV
concesse alcuni territori tra cui Scicli, Modica e Palazzolo, a titolo
di Feudo, a Ruggiero Fimeta “Rogerio Finente de Leontino” che si era
ribellato agli Svevi. Ruggiero non arrivò mai a prendere il possesso
della città perché fu sconfitto.
Anche sotto gli Hohenstaufen, Scicli conservó il privilegio di città
demaniale. La sua storia segue quella della Sicilia, per cui con la
caduta dei Hohenstaufen avvenuta nel
1266, passò sotto la
dominazione Angioina, mal tollerata, a causa della politica di
Carlo I d'Angiò
che, diversamente dai suoi predecessori normanni e svevi, considerava
il Regno di Sicilia territorio di conquista e di vantaggi economici e
finanziari. La politica di Carlo D'Angiò fu causa di un'insurrezione in
tutta la Sicilia, nota come i
Vespri Siciliani. Il 5 aprile
1282 Scicli, insieme a
Modica e
Ragusa insorge contro le guarnigioni francesi del luogo cacciandole e ponendosi sotto la protezione di
Pietro III d'Aragona.
Aragonese
Fu sotto la dominazione aragonese che si formò la
contea di Modica, e Scicli ne venne a far parte, seguendone le sorti sotto i Mosca (
1283-
1296), i
Chiaramonte (
1296-
1392), i
Cabrera (
1392-
1480) e gli Enriquez-Cabrera (
1481-1742).
Dal 1535 al 1754 Scicli fu anche sede di una delle dieci Sergenzie
(circoscrizioni militari), competente territorialmente per il territorio
della contea. Nel
1860, con un plebiscito, proclamò la sua
annessione al Piemonte.
Scicli, con un passaggio graduale dal colle al piano, assunse la sua forma topografica tra il XIV ed il
XVI secolo. La popolazione era aumentata notevolmente ma la
peste del
1626
la ridusse drasticamente di quasi due terzi portandola da 11000 a 4000
abitanti circa. Dopo la peste, anche grazie ad agevolazioni economiche a
favore di chi decideva di risiedere in città, si ebbe un nuovo sviluppo
demografico, ma il tremendo terremoto del
1693 causò 3000 morti e la distruzione di gran parte della città. Da quelle macerie, Scicli rinacque in chiave
barocca, e oggi è caratterizzata da numerosi edifici settecenteschi.
Toponomastica
Le origini della città di Scicli (gli abitanti “Sciclitàni”) sono
molto antiche e risalgono, con ogni probabilità, al periodo siculo,
quindi oltre tremila anni fa. Il nome
[5], secondo alcuni studiosi, deriva da
Šiclis, uno degli appellativi utilizzati per indicare i
Siculi, i famosi popoli del mare che gli egiziani chiamavano
Sheklesh, infatti questo paese un tempo era identificato con il nome di
Scicla. Si discute se è possibile identificare Scicli con la vetustissima
Casmene, seconda colonia siracusana fondata nel 645 a.C., 20 anni dopo Acre, l'odierna
Palazzolo Acreide. È tuttavia appurato che abbia subito anche influssi arabi.
Monumenti e luoghi d'interesse
Bene protetto dall’UNESCO |
Patrimonio dell'umanità |
Città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud orientale)
(EN) Late Baroque Towns of the Val di Noto (South-Eastern Sicily) |
|
Tipo |
architettonico |
Criterio |
C (i) (ii) (iv) (v) |
Pericolo |
no |
Riconosciuto dal |
2002 |
Scheda UNESCO |
(EN) Scheda
(FR) Scheda |
Dalla motivazione di iscrizione nella World Heritage List dell'Unesco:
« ... La via Mormino Penna, per la ricca presenza di edifici del Settecento, e il Palazzo Beneventano
rappresentano un capolavoro del genio creativo umano dell'età
tardo-barocca. Si può infatti dire che sia questa l'epoca che definisce
nel complesso il continuum dell'ambiente urbano della via, in cui anche
quegli edifici che appartengono all'Ottocento e al Novecento si sono
adattati all'immagine prevalente... Palazzo Beneventano, il più famoso
edificio nobiliare di Scicli ed uno dei più interessanti della Sicilia
barocca, inserito dal Blunt nella sua rassegna sul barocco siciliano e
successivamente notato da numerosi altri autori, è per la sua unicità
anch'esso un capolavoro, in particolar modo per l'aspetto scultoreo che
caratterizza le sue due facciate fastosamente decorate dai lapidici
locali... » |
Scicli è un centro del barocco ibleo del Val di Noto, Patrimonio
dell'Umanità nella lista dell'heritage dell'UNESCO, tra i suoi
principali monumenti si ricordano:
Architetture civili
- Palazzo Beneventano: fu definito da Sir Anthony Blunt il più bel palazzo barocco di Sicilia, ("di un pallido colore giallo-oro che al sole acquista un'indescrivibile opulenza").
Si trova alle pendici del Colle di San Matteo in posizione baricentrica
tra l'antica cittadella fortificata sita in cima all'altura e la
moderna città settecentesca adagiata nei due canyon di Santa Maria La
Nova e di San Bartolomeo (le "cave"). Caratteristici mascheroni
"irriverenti" adornano i due monumentali prospetti legati da un notevole
cantonale. In cima a questo svetta lo stemma coronato dei Beneventano
decorato da due teste di mori, ormai uno dei simboli della Città. È
stato inserito nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità
dall'Unesco.
- Palazzo Fava: uno dei primi, monumentali palazzi barocchi della ricostruzione,
rappresenta il perno prospettico tra lo scenario naturale della cava di
S. Bartolomeo e la fuga prospettica sul paesaggio antropizzato di
piazza Italia e Corso Garibaldi. Notevoli le decorazioni tardobarocche
del portale d'onore e dei balconi su piazza Italia ma raggiunge l'apice
del genio nell'unico balcone su via san Bartolomeo ornato di grifoni,
mostri di ascendenza medievale e manieristica e svariate teste di moro.
- Palazzo Spadaro: sulla via F. Mormino Penna, è una delle sedi
istituzionali del Comune. Rappresenta la prova tangibile del
progressivo cambio di gusto dalla pomposa e scenografica poetica
tardobarocca ad una raffinata e ricercata cultura rocaille.
Il prospetto è leggermente curvo e segue l'impianto ancora medievale
dell'antico Corso (via Francesco Mormino Penna). Gli interni sia sul
piano architettonico che su quello puramente decorativo sono da riferire
a rimodulazioni del XIX secolo. Visitabile, sede di numerose mostre
temporanee.
Architetture religiose
- Chiesa di San Matteo:
simbolo di Scicli e chiesa Madre fino al 1874, è posta sul colle di San
Matteo, sito della città vecchia. È l'edificio ecclesiastico più antico
della Città, alcuni storiografi ne fanno risalire la fondazione
all'epoca paleocristiana, altri alla dominazione normanna. Di certo
esisteva durante il Medioevo nello stesso sito una grande basilica a tre
navate con un alto campanile collocato a sud, dietro le absidi;
l'attuale pianta dovrebbe rispecchiare per sommi capi quella medievale:
tre navate a cinque campate che sfociano in un ambiente centrico formato
dal transetto e dalle tre absidi rettangolari.
- Chiesa di San Guglielmo (ex Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola):
della prima metà del Settecento, annessa al Collegio gesuitico demolito
a metà del XX secolo; è la Chiesa Madre della città dal 1874, anno del
trasferimento della Madrice dalla Basilica di San Matteo. Segue i
dettami dell'architettura gesuitica internazionale. Presenta tre navate,
con cappelle laterali, presbiterio, coro absidato.
- Chiesa di San Giovanni Evangelista:
la facciata concavo-convessa a tre ordini rivela influssi borrominiani
(S. Carlino alle Quattro Fontane - Roma). L'interno a pianta ellittica
coperta da una cupola (i finestroni si aprono direttamente sull'imposta
della cupola) è preceduta da un endonartece e conclusa da un'abside. Gli
stucchi e le decorazioni dell'interno sono del secolo XIX.
- Chiesa di San Giuseppe: si trova nel quartiere omonimo;
l'interno è settecentesco e custodisce la statua lignea di S. Giuseppe
laminata in argento e quella gaginiana di S. Agrippina del Quattrocento.
- Chiesa di Santa Teresa: la facciata rivela influenze ancora
legate alla tradizione architettonica precedente il terremoto del 1693.
L'interno tardobarocco è uno dei più ricchi della provincia per gli
stucchi, le tele, le sculture, le pavimentazioni a tarsie bianche e
nere.
- Chiesa di San Bartolomeo Apostolo:
risale ai primi anni del XV secolo; inserita nella "cava" omonima, la
cui facciata a torre dei primi dell'Ottocento riprende temi già
sviluppati a Ragusa da Rosario Gagliardi (Duomo di S. Giorgio) e da fra'
Alberto Maria San Giovanni Battista (Chiesa di S.Giuseppe) entrambi a
Ibla. L'interno è ad unica navata a croce greca e si presenta
sostanzialmente tardo barocco-rococò; custodisce un ciclo di stucchi che
vanno dal Settecento all'Ottocento.
S. Maria della Consolazione.
- Chiesa di San Michele: come la vicina chiesa di S. Giovanni
mostra una struttura architettonica palesemente settecentesca e un
apparato decorativo in stucco ottocentesco già pienamente Neoclassico.
L'impianto è trapezoidale coperto da una volta in stucco a guscio di
noce e concluso da un'abside semicircolare.
- Chiesa di Maria Santissima della Consolazione: la struttura
attuale delle navate resistette al sisma del 1693 e risale al 1600
circa; l'abside, il cupolino e gli ambienti adiacenti (Sala del
Capitolo, Sagrestia) furono ricostruiti successivamente secondo uno
stile pomposamente settecentesco-rococò; notevole la pavimentazione a
tarsie marmoree del presbiterio nonché il fastoso organo settecentesco e
gli stalli lignei ottocenteschi.
- Chiesa di Santa Maria La Nova:
di origini antichissime (probabilmente bizantine), dal 1994 è sede del
Santuario di Maria SS. della Pietà. La grande fabbrica ha attraversato
vicende costruttive particolarmente complesse e travagliate. La maggior
parte delle notizie che abbiamo sono riferibili all'edificio seicentesco
e alle successive ricostruzioni. La chiesa è stata retta da sempre da
una potente Confraternita che tra l'altro nel XVI secolo acquisì
l'ingente eredità del banchiere Pietro di Lorenzo detto Busacca. Queste
ingenti somme permisero alla Confraternita non solo di avviare una serie
di azioni sociali (la costruzione di un grande e moderno Ospedale,
l'istituzione di un fondo per le doti da destinare alle ragazze meno
abbienti, etc.) ma anche di edificare in pieno centro una sede degna e
maestosa per la fondazione benefica che faceva capo alle rendite di
Busacca e di riedificare la propria chiesa, affidando i lavori alle
personalità più in voga. L'interno neoclassico è frutto dell'ultima
grande ricostruzione (preceduta dalla ricostruzione seicentesca e da
quella settecentesca post 1693), si presenta come una enorme aula
voltata alla quale fanno capo tre cappelle cupolate per lato; queste
sono comunicanti e costituiscono in una visione assiale delle navate
laterali. Il profondo coro quadrangolare di Giuseppe Venanzio Marvuglia
conclude la grande aula dalla quale è separato dal consueto arco
trionfale. L'imponente fronte è frutto di un vasto intervento di
tamponamento della facciata settecentesca (a portico e loggia) tuttora
leggibile; come da tradizione sud-orientale le facciate sono organismi
plastici con un notevole sviluppo verticale (facciate-torri) che
fungevano spesso anche da campanili. L'intero complesso è
incredibilmente denso di sculture, pitture e reliquie di grande
interesse per antichità e pregio. Annesso all'edificio ecclesiale il
cosiddetto giardino di San Guglielmo con l'omonima Chiesetta e il
tronco del cipresso che la tradizione vuole piantato dal santo. Nel
1878, nell'archivio dell'Arciconfraternita di S. Maria La Nova di
Scicli, furono scoperti antichi preziosi manoscritti, tra i quali i Codici Sciclitani.
- Convento dei Cappuccini:
il complesso si estende fra le pendici delle rocciosa collina della
Croce e l'altura argillosa della Bastita. Il convento fu costruito
annesso a quella che era la chiesa di S. Agrippina. Il culto della santa
si trasferì poi nella chiesa di San Giuseppe dove ancora rimane una
bellissima statua del Quattrocento (di probabile scuola gaginiana) dedicata alla Santa.
- Complesso della Croce:
di origini tardomedievali, custodisce tra le sue vecchie mura due
antichi chiostri porticati; l'interno della chiesa, rimodulato nel
Settecento con un ciclo di stucchi bianchi, conserva ancora numerose
lapidi e sepolcri medioevali. La facciata, sobria ed elegante, è
impreziosita da un portale con archivolto gotico-catalano,
da tre stemmi (quello dell'Università di Scicli (il Comune), quello
degli Enriquez e quello dei Cabrera) e da una porzione di cornice che
apparteneva al rosone.
- Convento di Sant'Antonino:
Nell'ottica dell'ibrido ma con un'apertura straordinaria verso il mondo
rinascimentale è il convento di Francescani Conventuali di S. Antonino a
Scicli, la cui fondazione oscillerebbe tra 1514 e 1522. La costruzione
di una cappella funeraria che funge da tribuna, coperta a cupola
costolonata, ma con inserti classicisti deve necessariamente essere
accostata a una committenza alta, che non è nota, ma che potrebbe essere
stata determinante per costruzioni di cappelle di corte come quelle di
Comiso (voluta dai Conti Naselli nel 1517) o di Militello. cappelle
cupolate aggregate come tribuna a chiese francescane, secondo la
consuetudine inaugurata dal progetto dell'Alberti per il Tempio
Malatestiano. Indubbiamente la cappella (attualmente in pessimo stato di
conservazione) assume un valore competitivo tanto da potere essere
messa in relazione solo con iniziative comitali. La cappella «Cabrera»
in Santa Maria di Betlem a Modica
assume un significato analogo, ancora più ricco e celebrativo; fermo
restando che la sua costruzione deve riferirsi ai primi decenni del XVI
secolo, si deve ancora pensare a una committenza alta, forse un ramo
della famiglia dei Cabrerà. Si tratta di opere che non è possibile
leggere con gli schematismi di un mitizzato e rigido universo
classicista poiché esplorano una via siciliana, un «antico» autoctono e
pervengono a un Rinascimento esotico che affonda le radici in tecniche
costruttive locali. I grandi passaggi nodali che gettano ponti tra
l'ultimo gotico e il Rinascimento siciliano
seguono probabilmente vie e vicende differenti dal contemporaneo
travaglio iberico, ma altrettanto complesse e non sottovalutabili sono
le strade di un interscambio culturale stretto. Alla constatazione di
comunanze linguistiche, di semplici forme, va anche affiancata una
ricerca senza pregiudizi che tenga in giusta considerazione la mobilità
della committenza, i suoi programmi e le sue idee.[6]
- Convento del Rosario, sull'omonimo colle.
- Complesso del Carmine:
fra tutte le architetture ecclesiastiche della città il complesso del
Carmine rivela la più elevata omogeneità stilistica fra le componenti
architettoniche, scultoree e pittoriche: tutto concorre a creare
un'atmosfera rococò (gli stucchi candidi, la luminosità dell'aula, le
numerose tele). L'impianto architettonico ad aula unica è definito da
uno splendido ciclo di stucchi monocromi attribuiti al Gianforma
stuccatore palermitano allievo di Giacomo Serpotta.
Il convento secondo il progetto originario si articolava attorno a due
vaste corti porticate delle quali ci è pervenuta soltanto quella
orientale, oggi pesantemente occultata da tamponamenti e da aggiunte
contemporanee che impediscono di apprezzare in maniera chiara la
concezione spaziale originaria. La corte è adornata da due splendide
statue inserite in nicchie settecentesche simmetricamente disposte
rispetto al grande ingresso. Una originale pavimentazione geometrica a
ciottoli (consuetudine consolidata e diffusa) rendeva lo spazio aperto
ancora più accentrato.
Architetture militari
La città antica sorgeva sul colle di San Matteo. Scicli ha sempre
mantenuto nei secoli il carattere di cittadella fortificata, sia per la
posizione strategica nel territorio a difesa della costa sia per la sua
singolare articolazione morfologica su alture particolarmente scoscese
che l'ha resa difficilmente espugnabile. Una struttura fortificata
doveva esistere già nel periodo bizantino come si evince da fonti arabe:
“ l'anno duecentocinquanta (864-65)… I Musulmani, assediata Scicli, la presero”.
L'assedio da parte degli arabi fa presupporre la presenza di un sistema
di difesa fortificato a salvaguardia dell'abitato. Verso la metà del
XIV secolo esistevano due Castelli:
- il Castellaccio (detto castrum magnum) di cui ci
rimangono pochi ma maestosi resti sulla cima rocciosa del colle di San
Matteo. Si tratta di un torrione, probabilmente il mastio di un
complesso fortificato più ampio e articolato andato perduto per via del
progressivo sfaldamento dei costoni rocciosi sui quali era costruito.
- il Castello dei Tre Cantoni (detto nella storiografia locale Castelluccio o castrum parvum o triquaetrum) è posto a difesa dell'unico fronte non dirupato e quindi naturalmente protetto della città antica, quello orientale, verso Ispica.
Si erge su un profondo fossato che divide il territorio urbano intra
moenia dalla campagna; un bastione quadrilatero fa da zoccolo all'intera
struttura rinforzata agli angoli da ulteriori torri; sulla sommità sono
ancora visibili e visitabili le fondazioni di una torre triangolare di
età antica che dà il nome al complesso. A occidente su una terrazza
calcarea si apre la cosiddetta piazza d'Armi che sovrasta i resti del
vicino Castellaccio. I ruderi del castello triquaetro stanno attraversando un preoccupante processo di degrado.
Piazze e giardini
- Piazza Italia: creata tramite la copertura del torrente di
San Bartolomeo, ha per questo una conformazione lineare. È uno dei nodi
urbanistici più importanti della città nonché la piazza più vasta. Su
questa area prospettano numerose architetture di pregio che vanno dal
secolo XVIII al XX. A monte palazzo Fava, la chiesa del Collegio dei
Gesuiti (S. Ignazio), palazzo Iacono, palazzo Mormina Penna. Poco più a
valle lo spazio vuoto prosegue indisturbato seguendo il corso del
torrente fino al Largo Gramsci sul quale insiste il Teatro Italia. Tutta
l'area è delimitata dai prospetti di numerosi palazzi ottocenteschi.
Una curiosità caratterizzante Piazza Italia è la presenza di un edificio
modernista ispirato alle architetture di Oscar Niemeyer e in particolare al Palácio da Alvorada a Brasilia costruito negli anni sessanta al posto del Collegio gesuitico demolito.
- Piazza Busacca: una delle più interessanti e coerenti della
città. Progettata a fine Ottocento è un'area rettangolare individuata
principalmente da due elementi: il complesso del Carmine, che ne
costituisce il limite occidentale, e la Maestranza Nuova (via
Nazionale), che la delimita a Oriente; a Sud è chiusa dal Palazzo
Busacca, costruito grazie alle rendite dell'eredità del benefattore; a
Nord fino al periodo prebellico esisteva uno dei palazzi barocchi più
grandi e fastosi della città, Palazzo Di Lorenzo, di cui resta
visibile poco più a monte un pilone angolare decorato con varie
grottesche. Al centro della piazza troneggia il monumento marmoreo a
Pietro di Lorenzo detto Busacca.
- Via Francesco Mormino Penna e Piazza Municipio: è l'antico
Corso San Michele, cuore del centro storico. Su quasi trecento metri di
basolato prospettano edifici che vanno dal XVII al XX secolo accomunati
dall'uso della locale pietra calcarea che rende il contesto visivamente
omogeneo. I monumenti che insistono sull'area pedonale sono (da Ovest
verso Est) la chiesa di S. Teresa e l'annesso convento (XVII - XVIII
sec.), un garage di inizio Novecento in stile liberty, Palazzo Spadaro
(XVIII sec.), la chiesa di San Michele con l'annesso convento (oggi
palazzo Carpentieri, XVIII sec.), palazzo Bonelli (XVIII - XIX sec.),
palazzo Conti (XIX sec.), Palazzo Veneziano-Sgarlata (XVIII sec.),
Palazzo Papaleo (XIX sec.). A questo punto lo spazio si dilata e la via
sfocia su piazza Municipio: qui prospettano il Palazzo di Città, la Chiesa di San Giovanni Evangelista,
i resti della piccola chiesa di Sant'Andrea e diversi edifici
ottocenteschi. Questo slargo è nato dalla demolizione della
settecentesca chiesa di Santa Maria La Piazza in seguito allo
sventramento ottocentesco della Maestranza Nuova (oggi Via Nazionale).
L'intera area di Via Francesco Mormino Penna è stata inserita dall'UNESCO nella World Heritage List (città tardobarocche del Val di Noto, 2002).
- Villa Penna: giardino privato dei Baroni Penna noto a Scicli semplicemente come a Villa;
la sua progettazione affronta gli stessi temi compositivi dei grandi
parchi annessi alle residenze reali europee del Settecento (modellazione
del suolo, lunga scalinata assiale). Negli anni sessanta del Novecento
la Villa, in seguito a una controversia tra il Comune e il Barone Penna,
fu espropriata. Il proprietario prima di perdere possesso del giardino
decise allora di devastarlo abbattendo ogni forma di vita vegetale e
animale, privando la comunità di Scicli del suo più grande spazio verde;
il giardino è stato però ripristinato sia nelle opere architettoniche
che nella vegetazione. A Ovest della Villa, su uno dei terrazzamenti più
alti c'è il convento dei Cappuccini.
Siti archeologici
Scicli rientra tra le stazioni del III siculo (1500 a.C. - 800 a.C.) secondo la divisione in quattro fasi dell'
Età del Bronzo pensata dall'archeologo
Paolo Orsi.
[7]
Oltre ai due castelli citati nel paragrafo dedicato alle architetture
militari, nel territorio sciclitano sono presenti diverse aree di
interesse particolarmente diversificate per datazione e tipologia.
- Sito della Grotta Maggiore datato fra l'Età del Rame e l'Età del Bronzo antico (III-II millennio a.C. – XVIII-XV secolo a.C.)
- Necropoli in contrada Ronna Fridda. Sono distinguibili una
necropoli preistorica del Bronzo medio (XIV sec. - XII sec.) e una
necropoli cristiana del IV sec. d. C.
- Cancellieri è un sito del periodo greco classico, databile
dal IV al II sec. a.C. Include una fattoria greca del IV sec. È legato
alla presenza delle subcolonie siracusane come Kamarina e Kasmenai.
- Chiafura è una vasta area di interesse archeologico, storico,
ed etnoantropologico situata nelle immediate adiacenze del centro
urbano di Scicli occupante il fronte meridionale del colle di San
Matteo, già sede della città vecchia. Si tratta di un consistente
insediamento rupestre di periodo bizantino e medievale adibito nei
millenni sia a scopi abitativi che funerari, del tutto paragonabile per
dimensioni e densità al più noto sito di Pantalica o al complesso dei Sassi di Matera
per il felice connubio di architettura per sottrazione (grotta) e
quella per addizione (edificio). La morfologia dell'insediamento,
situato sulle pendici scoscese del colle, necessariamente si adatta alle
difficili condizioni orografiche producendo una interessante soluzione a
terrazzamenti che portarono Pier Paolo Pasolini a descrivere Chiafura come una dantesca montagna del Purgatorio.
Le grotte, utilizzate nel periodo bellico come rifugi antiaerei,
continuarono a essere occupate nel dopoguerra dalla popolazione
indigente che negli anni cinquanta fu definitivamente sfollata e
alloggiata nel nuovo Villaggio Aldisio (oggi Villaggio Jungi).
Elio Vittorini scrive su Chiafura in
Conversazione in Sicilia:
« Era una piccola Sicilia ammonticchiata, di nespole e tegole, di buchi nella roccia » |
Il litorale
Il territorio di Scicli ha il litorale più esteso fra tutti i comuni della
provincia di Ragusa. La fascia costiera che va da
Pozzallo a
Marina di Ragusa
è fortemente antropizzata (centri abitati, coltivazioni intensive in
serra, coltivazioni estensive, infrastrutture) sebbene conservi in più
punti zone incontaminate e selvagge. Il primo agglomerato urbano in cui
ci si imbatte provenendo da Siracusa è
Sampieri,
ottocentesco borgo di pescatori, sovrastato a monte da due fastose
ville nobiliari chiaramente visibili anche in treno; due promontori
individuano una larga baia sabbiosa che si estende dal centro abitato al
Pisciotto, lo sperone sul quale si ergono i ruderi della
Fornace Penna.
Continuando sulla strada litoranea si attraversa l'area protetta di
Costa di Carro, prevalentemente rocciosa ma con una piccola spiaggia
incastonata tra le falesie.
Cava d'Aliga
è una recente cittadina che ha avuto un massiccio sviluppo negli ultimi
decenni del Novecento; può godere di una singolare e scenografica
collocazione sul declivio che si conclude bruscamente sul mare
arretrando però in corrispondenza della baia che assume così la forma di
un teatro naturale. Le falesie si interrompono dopo Cava d'Aliga e
l'adiacente borgo di Bruca facendo spazio a una costa bassa e sabbiosa.
Donnalucata
è la più antica delle frazioni marinare, porto della città di Scicli e
principale luogo di villeggiatura dell'aristocrazia cittadina. Ne è
testimone la presenza di edifici architettonicamente raffinati che
punteggiano il tessuto urbano e le numerose ville nobiliari poco lontano
dal centro. Infine, poco lontano dalla foce dell'
Irminio e dalla relativa
area protetta sorge il villaggio di Playa Grande dall'aspetto modernista di città-giardino.
Manifestazioni
- Festa delle Milizie: i festeggiamenti, che hanno inizio ogni
anno, a fine maggio, durano una settimana. Il momento più significativo
della festa è la rappresentazione teatrale, il sabato, di una "moresca" a
ricordo di una battaglia avvenuta nel 1091 per la liberazione della
Sicilia dal dominio saraceno; nella rappresentazione, che si tiene ogni
anno da tempo immemorabile, si fronteggiano i turchi (i Saraceni)
capeggiati dall'Emiro Belcane e i Cristiani (i Normanni) guidati dal
Gran Conte Ruggero d'Altavilla. Nella rappresentazione, vengono ricreati
gli ambienti suggestivi della lotta e attori popolari con abiti d'epoca
e armi, recitano sulle strade ripercorrendo i momenti più importanti
della battaglia, che si conclude con l'intervento miracoloso della
Vergine Maria (detta "delle Milizie" o "dei Milici"), che, scesa dal
Cielo in groppa ad un Bianco Cavallo, libera la città dall'assedio
straniero. La tradizione vuole che Maria Santissima delle Milizie
rappresenti l'Addolorata, molto venerata dagli sciclitani, cui sono
anche dedicate due processioni e due culti (nella Chiesa di Santa Maria
La Nova e nella chiesa di San Bartolomeo).
- Il Gioia: al culmine della Settimana Santa, il giorno di Pasqua viene festeggiata la Resurrezione di Cristo, detto l'Uomo Vivo, al grido di "Gioia", da cui per antonomasia il Gioia
(con l'articolo al maschile). La statua lignea del Cristo, opera
settecentesca attribuita a Civiletti e custodita nella Chiesa di Santa
Maria La Nova, viene portata in processione per le vie della città e
fatta ondeggiare e ballare in segno di gioia per tutto il giorno sino a
tarda ora. Di recente il cantautore Vinicio Capossela
ha dedicato una delle sue canzoni a questa caratteristica festa. Il
brano si intitola L'Uomo Vivo, Inno al gioia, ed è contenuto nell'album
Ovunque proteggi (2006).
- La Cavalcata di San Giuseppe: il sabato precedente il 19
marzo (o quello successivo) dalla Chiesa di San Giuseppe parte una
processione di cavalli e cavalieri per le vie della città di Scicli.
Figuranti che rappresentano San Giuseppe e la Vergine Maria guidano il corteo che passa nei vari quartieri in cui vengono allestiti dei falò, dei fuochi detti Pagghiari, dove i cavalieri e la gente che segue la cavalcata accende dei fasci di stoppie dette ciaccàre. I cavalli sono bardati con manti di violacciocche, dette bàlicu, e gigli selvatici (spatulidda)
composti a modo (nelle settimane precedenti) per rappresentare scene
religiose o simboli della città (leone rampante, stemma, San Giuseppe,
Gesù, la croce...). Campanacci, sonagli, testiere, ed altri ornamenti
completano le bardature.
Il 19 marzo la stessa processione si fonde a quella religiosa di San Giuseppe. La rappresentazione vuole ricordare la fuga in Egitto
di Giuseppe e Maria, dopo l'editto di Erode. La sera del sabato della
Cavalcata nel sagrato della chiesa di San Giuseppe si svolge una Cena
per raccogliere offerte per la parrocchia e i poveri, e i cavalli e
cavalieri della Cavalcata presenziano alla Cena, alla fine della quale
verranno premiati i migliori manti infiorati.
- Sagra della seppia si svolge a Donnalucata nel fine settimana che precede il 19 marzo in occasione dei festeggiamenti di San Giuseppe.
Lungo la via Pirandello sono allestiti gli stands che propongono
specialità a base di seppie pescate al largo di Donnalucata e cucinate
secondo la tradizione locale.
Al termine della sfilata, chiamata "la Cavalcata" si celebra il concorso con la premiazione per la bardatura migliore.
- Marzo Mese Della Cultura: da qualche anno a questa parte è stato istituito il Marzo A Scicli, Mese Della Cultura,
che prevede un cartello fitto di eventi che variano dall'arte con
mostre, estemporanee di pittura, al cinema con cineforum organizzati
dalle associazioni culturali, al folklore con le feste di primavera (La
cavalcata di San Giuseppe di Scicli e Donnalucata), e vari altri
appuntamenti di tipo culturale.
- Sagra del Pomodoro o festa del grappolino a Sampieri:
festa del pomodoro a grappolo di produzione locale, il 1º maggio. Oltre
al pomodoro spazio viene dedicato agli altri prodotti orticoli e ai
formaggi. In occasione della sagra viene anche allestita una fiera
dell'artigianato a cui prendono parte numerose aziende provenienti da
tutta Italia.
- Basole Di Luce festival: si tiene nel mese di agosto. Il suo
nome vuole magnificare la luce riflessa sulle basole delle vie del
centro storico, diventato patrimonio dell'umanità da quando l'Unesco ha
inserito Scicli bella World Heritage List. Basole di Luce Festival
prevede una serie di manifestazioni di carattere culturale, con
spettacoli musicali, teatrali e di intrattenimento incentrati sul
confronto tra le etnie e i popoli.
- Carnaluvaru ra Stratanova: il Carnevale da anni viene
festeggiato in Corso Umberto, detto dagli scilitani "A Stratanova" (la
strada nuova) e si svolge con manifestazioni, sketches in maschera,
sfilate e carri allegorici.
- Natale a Scicli: nel quartiere storico di Scicli, la Cavuzza Di San Guglielmo si svolge il tradizionale presepe vivente, immerso in una vallata con una fitta vegetazione di fichi d'India.
Vittoria (Italia)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vittoria è un
comune italiano di 62.748 abitanti
[2] della
provincia di Ragusa in Sicilia. È, dopo
Ragusa stessa, il comune più popolato di tutta la
provincia, piazzandosi al nono posto in
Sicilia.
Vittoria è la città più giovane della provincia; e infatti presenta una
moderna struttura a scacchiera, con strade larghe e rettilinee.
Vittoria si trova a pochi chilometri dall'
aeroporto di Comiso.
Storia
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Commento: Questa sezione manca completamente di fonti
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Nella valle del fiume
Ippari si notano tracce di insediamenti preistorici risalenti all'
età del bronzo. Alla foce dell'omonimo fiume e attorno alla costa si trovano le rovine di
Kamarina, città greca colonia della dorica
Siracusa risalente al
VI secolo a.C.
La città fu fondata ufficialmente il 24 aprile del
1607 dalla contessa
Vittoria Colonna Henriquez-Cabrera. Morto il marito Luigi III, Almirante di Castiglia, duca di
Medina de Rioseco e
conte di Modica,
la contessa si trovò a dover fronteggiare gravi difficoltà economiche
provocate dalle spese di rappresentanza inconsulte cui Luigi III si era
dato nella circostanza del matrimonio di
Filippo III, re di Spagna, con
Margherita d'Austria nel
1599.
Vittoria Colonna decise di richiedere al re di Spagna la concessione di
un privilegio regio per la fondazione di un nuovo insediamento, che le
avrebbe consentito di risollevare le sorti del patrimonio familiare. La
zona prescelta fu quella di Boscopiano (Bosco Plano), ove tra l'altro
alcune famiglie, come i Carfì, vivevano già nel 1583 in contrada
Boscopiano e Serra Rovetto (3). La richiesta venne accolta, ed il
privilegio regio, concesso dal re Filippo III il 31 dicembre
1607 a
Madrid, dispose la riedificazione dell'antica
Kamarina,
con il nome di Vittoria, in onore della sua fondatrice. Il nucleo
cittadino sorse attorno al castello e alla chiesa Madre; dopo il
terremoto del 1693
fu ampliato e continua ad espandersi tuttora. La città fece parte,
quindi sin dalla sua fondazione, fino all'abolizione della feudalità,
nel
1812, della
Contea di Modica, fino al
1926.
Vittoria registrò un notevole sviluppo economico e demografico,
attirando le popolazioni delle località vicine. Successivamente restò
nell'ambito del
Circondario di Modica, suddivisione della neo-
provincia di Siracusa, per passare infine alla
Provincia di Ragusa.
Simboli
Lo
stemma o simbolo di Vittoria rappresenta un'
aquila
con una corona, che porta tra gli artigli un festone, su cui c'è
scritto "Victoria pulchra civitas post Camerinam" (Vittoria bella città
dopo
Camarina).
Sul petto dell'aquila è raffigurata una torre, simbolo della famiglia
Henriquez Cabrera. In seguito al grande sviluppo del vigneto nell'
Ottocento,
fra gli artigli dell'aquila apparvero dei rigogliosi grappoli d'uva, a
significare la vocazione vinicola della città. Tale stemma si può
trovare nella basilica di San Giovanni Battista e al teatro Vittoria
Colonna.
Monumenti
Palazzo Traina in via Rosario Cancellieri
Data la modernità della città, questa non ha molti monumenti
artistici di grande valore storico. Si distingue, tuttavia, per la
varietà degli stili che caratterizzano alcuni edifici. Infatti Vittoria è
ricca di testimonianze dello stile
Liberty e
Art Decò, introdotto dal grande architetto palermitano
Ernesto Basile.
I palazzi e le case in stile Liberty qui presentano strutture sobrie ed
eleganti con sporgenti balconate, balaustre dalla ricca e raffinata
decorazione, portali sormontati da fregi con motivi floreali,
impreziositi di particolari plastico-decorativi di raro equilibrio
compositivo.
Nel cuore del centro storico della città troviamo il castello
"Colonna Henriquez", costruito nel marzo 1607, sede, dapprima, della
contea di Modica, poi carcere, infine oggi Museo civico polivalente. Nei
pressi della villa comunale troviamo la "Fontana del Garì", detta anche
"Fonte Garibaldi". Realizzata nel
1822 dai
Frati cappuccini, come abbeveratoio per animali e successivamente anche per i cittadini. Realizzata in
pietra di Comiso in stile neoclassico, per volontà di
Rosario Cancellieri, nel
1879, fu arricchita da cinque teste di leoni in bronzo e ghisa, dai quali sgorga l'acqua
[3]. In piazza "Sei Martiri della Libertà" troviamo un tempietto di forma circolare detto il "Calvario", costruito nel
1859;
esso ospita una cappella adornata da affreschi e costituita da ben otto
colonne nella parte superiore, le quali reggono una trabeazione
circolare chiusa da una cupoletta. Ogni anno vi si svolge la sacra
funzione del
Venerdì Santo.
Le
chiese che si trovano a Vittoria sono:
Teatro Vittoria Colonna
Teatro Comunale Vittoria Colonna
Situato nella centrale Piazza del Popolo, fu progettato nel
1863 dall'architetto
Giuseppe Di Bartolo Morselli e fu intitolato alla fondatrice della città. Di stile
neoclassico, presenta sulla facciata due ordini di colonne, una inferiore nell'ingresso (
tuscanico) e l'altra sulla loggia superiore (
ionico).
Tutte le sculture che decorano il prospetto sono di Corrado Leone,
artista non molto noto. È possibile ammirare nella parte alta del
prospetto due statue raffiguranti
Apollo e
Diana
in mezzo a una natura morta di strumenti e animali; mentre nei due
estremi della facciata superiore all'interno di due nicchie le statue
raffiguranti
Fauno e
Danza.
Sempre nella parte superiore sono presenti sopra le finestre 7
medaglioni con i mezzi busti di musicisti, letterati e personaggi
storici (Bellini, Alfieri, Vittoria Colonna ecc.)
[4]. L'interno ha una forma a ferro di cavallo con quattro ordini di palchi, ed è dotato di circa 380 posti
[5].
Il pittore vittoriese Giuseppe Mazzone ne ha curato la decorazione
interna (volta, soffitto del vestibolo) con degli affreschi raffiguranti
grandi compositori e letterati. Sulla volta è rappresentata la danza
intrecciata di amorini e uno svolazzo di trine; le figure ruotano
attorno al rosone centrale. Nel
2005 è stato dichiarato "Monumento Portatore di una cultura di Pace" da parte dell'
UNESCO. Oggi il teatro è sede di continui appuntamenti come saggi, spettacoli teatrali,
musical e
concerti.
Basilica di San Giovanni Battista
Basilica di San Giovanni Battista
La
chiesa madre, ubicata nel centro storico della città, in piazza
Ferdinando Ricca, è una chiesa a
croce latina, a tre navate di colonne corinzie, ricostruita tra il
1695 e il
1706, dopo il
terremoto del 1693.
Chiesa Santa Maria delle Grazie
Chiesa Madonna delle Grazie
Sorge a fianco del Teatro Comunale, affacciandosi sulla Piazza del Popolo. La costruzione della Chiesa cominciò nell'anno
1612 ad opera dei monaci dell'Ordine dei Frati Minori ed i lavori furono ultimati nel
1619. La Chiesa e il Convento delle Grazie rimasero danneggiati dal
terremoto del 1693 e la ricostruzione nelle forme attuali fu completata nel
1754. Contiene opere d'arte. Ha una sola navata e l'altare reca al centro un grande quadro che raffigura la
Madonna della Grazia
di artisti caravaggeschi. Notevoli i quattro dipinti ovali con le
figure della Charitas, della Fides, della Spes e dell'Obedientia. Sono
molti i quadri che ornano la chiesa fra cui il "Miracolo del pane" di
Sant' Antonio, recentemente restaurato, "l'Addolorata" e "Sant'Agata in
carcere e in catene".
Cultura
Musei
- Museo Italo Ungherese
- Museo diocesano di arte sacra "mons. Federico La China"
- Museo civico polivalente Virgilio Lavore
- Museo della civiltà contadina
- Polimuseo "A. Zarino"
Persone legate a Vittoria
- Franco Battiato, al quale è stata conferita la cittadinanza vittoriese nel maggio 2008.
- Marcello Lippi, al quale è stata conferita la cittadinanza vittoriese il 24 maggio 2011.
- Mario Russotto (1957), vescovo.
- Francesco Cafiso, enfant-prodige del jazz.
- Rosario Di Rosa, pianista e compositore jazz.
- Luca Marin, atleta della nazionale italiana di nuoto.
- Rosario Cancellieri (1825-1896), politico italiano e sindaco nel periodo 1879-1882[6].
- Giovanni Cultrone (1916-1972), atleta Azzurro d'Italia.
- Giuseppe Carfì di Serra Rovetto Boscopiano, atleta Azzurro d'Italia.
- Basilio Grillo Miceli, arcivescovo, metropolita primate della Chiesa Ortodossa in Italia.
- Arturo Di Modica, scultore.
- Lorenzo Cavallo (1846-1870), militare morto durante la breccia di Porta Pia.
- Alberto Sironi, cittadino onorario, regista della celebre serie televisiva Il commissario Montalbano.
Eventi
- Fiera EMAIA (Esposizione Macchine agricole Agricoltura
Industria Artigianato): si svolge in vari periodi dell'anno con più
appuntamenti, di cui i più importanti in novembre e giugno, in
concomitanza rispettivamente con le fiere di San Martino e di San
Giovanni.
- Vittoria Jazz Festival: si svolge a giugno in Piazza Enriquez[7].
- Premio letterario Ninfa Camarina: dal 1998,
oggi Premio nazionale della critica, biennale, viene assegnato in base
alle recensioni pubblicate su importanti testate giornalistiche, a
un'opera di narrativa italiana edita. Il premio ha anche due premi
satelliti: La Ninfa D'Argento, assegnata ad artisti affermati siciliani o
che si sono occupati della Sicilia e il premio di cultura classica Virgilio Lavore, assegnato ad esponenti della cultura classica, archeologi, storici, docenti[8].
- I Parti: ogni anno il Venerdì Santo in Piazza della Libertà.
Acate
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Acate (
Vìschiri in
siciliano) è un
comune italiano di 10 656 abitanti
[2] della
provincia di Ragusa in
Sicilia.
Il paese è conosciuto per un episodio accaduto durante la
seconda guerra mondiale e passato alla storia come il
massacro di Biscari.
Storia
La storia di Acate affonda le sue radici in età preistorica. Alcuni
scavi a Poggio Bidine, nel territorio acatese, hanno portato alla luce
una serie di capanne ed un'ara funeraria risalenti all'
età del Bronzo.
In zona sono stati anche rinvenute tracce di siculi, greci, romani, bizantini, arabi e normanni, fino al periodo aragonese.
Il casale di Odogrillo rappresentò il primo nucleo abitativo della
zona. Di questo casale, di probabile origine saracena, resta oggi solo
una muraglia, chiamata
'u casali, in Contrada Casale. Importanti
documenti risalenti al 1278 e al 1283 testimoniano la sua esistenza.
Successivamente, Odogrillo entrò a far parte del feudo dei Chiaramonte,
con il nome di
Biscari, ed entrò a far parte della
Contea di Modica.
A questo punto iniziò un periodo di declino, probabilmente dovuto alla
modesta popolazione e alle insalubri condizioni paludose in cui versava
la campagna circostante.
Al declino di Odogrillo corrispose l'ascesa di Casale di Biscari, che
sotto la famiglia dei Castello assume sempre più importanza come centro
abitato. Biscari sarebbe stata fondata da Raimondo Castello nel 1478,
ma si trattò certamente di una rifondazione, perché il paese esisteva da
molto tempo. Sotto i Castello, Biscari visse un periodo di crescita e
benessere, dovute a un discreto sviluppo agricolo e demografico, fino ad
assumere una certa importanza come centro abitato. Lo storico Fazello
lo descrive, intorno al 1555, come un
piccolo centro fortificato.
Secondo lo storico Gianni Morando, Biscari nel 1308 aveva due chiese
(S. Biagio e S. Nicola) e nel 1593 era solo un villaggio di 620 persone.
Il quartiere più grande era
Casi novi con 39 case, seguito da
S. Antoni (30 case),
Canalicchio (26 case),
Castello (25 case),
Piazza (15 case),
S. Nicola (14 case) e poi
Ruga grandi,
Bucheria,
Mandraza
ed altri quartieri minori. Con il disastroso terremoto del 1693,
Biscari fu distrutta completamente e risorse nell'attuale sito, poco
distante da quello originario.
Intorno al 1824 la città divenne libero comune. Nel 1938, su
iniziativa di Carlo Addario, uno studioso locale, il nome della città fu
cambiato da Biscari in Acate.
Nel luglio 1943, a seguito dello
sbarco in Sicilia, le forze armate
statunitensi, dopo la conquista del centro, perpetrarono nel suo territorio il
massacro di Biscari
a danno di prigionieri di guerra italiani e tedeschi, che furono
fucilati sommariamente dopo la loro resa. Fra loro, anche il trentenne
Carl Ludwig Long, campione di corsa tedesco, medaglia di argento alle 2º alle Olimpiadi di Berlino del 1936, dopo l'amico
Jesse Owens.
Monumenti e luoghi d'interesse
Chiesa Madre "San Nicola di Bari"
Facciata sinistra del Castello dei Principi di Biscari - Acate
Chiesa Madre San Nicola di Bari
Fu distrutta e ricostruita in seguito ai due terremoti del 1693 e
1846. Ha solo resti dell'edificio originario, tra cui gli archi della
volta del coro, parte dell'abside e del transetto.
Castello dei principi di Biscari
La costruzione del castello di Acate, voluta da Guglielmo Raimondo Lo
Castello, ebbe inizio nel 1494. Il castello sorse sul bordo del lato
sud della valle del fiume Dirillo. Ha subito nei successivi tre secoli
varie modifiche e ampliamenti, che ne hanno mutato la fisionomia. Il suo
prospetto principale oggi si affaccia su Piazza Libertà. Nella seconda
metà del ventesimo secolo subì l'abbandono quasi totale, ma è stato
successivamente acquistato dal Comune e restaurato, per cui oggi si
presenta in tutto il suo splendore originario.
Chiesa di San Vincenzo
Annessa al castello, le sue navate sono ricche di stucchi; conserva
il corpo di San Vincenzo, protettore della città, e un organo di
squisita fattura.
Convento dei Frati Cappuccini
Fu costruito nel 1737 Vincenzo Paternò, uomo molto religioso. L'opera
fu molto apprezzata dai fedeli, ma durò appena cinquant'anni, a causa
della soppressione degli enti religiosi il convento fu abbandonato e
rimase disabitato fino al 1997, data in cui è stato restaurato ed
adibito alla Biblioteca Comunale. Al suo interno si trova la Chiesa dei
Frati Minori Cappuccini.
Istituto delle suore del Sacro Cuore
Inizialmente chiamato
Collegio di Maria ed eretto sulla
Chiesa di Sant'Agata,
l'istituto andò in rovina a causa del terremoto del 1693. Fu
ricostruito e completato nel 1739, sotto il principato di Vincenzo
Paternò Castello. L'istituto si prefiggeva l'assistenza, l'educazione e
la formazione religiosa, culturale ed artigianale (scuola del ricamo)
delle fanciulle, figlie dei vassalli.
Cultura
Eventi
Festa di San Giuseppe
In occasione della festa di
San Giuseppe
(19 marzo), che coincide la festa del papà, alcune famiglie preparano
"u patriarca", ovvero un altare ricoperto da lenzuola bianche ricamate
su cui vengono poste le portate. Il Pranzo Sacro viene offerto alla
Sacra Famiglia, impersonata da tre persone bisognose del paese.
Festa di San Vincenzo
La festa di San Vincenzo, che dura quattro giorni fino alla terza
domenica dopo Pasqua, continua un'antica tradizione cominciata nel
1722.
Rivestiva un ruolo centrale nella festa il Palio di San Vincenzo, che
si svolgeva in Corso Indipendenza, una delle vie principali del paese,
ma da tre anni è stato abolito. A completare l'aspetto folcloristico
della festa la presenza di sbandieratori, gruppi siciliani e il corteo
storico, formato da giovani in abiti del Settecento.
Il Venerdì Santo
Il
Venerdì Santo
a mezzogiorno, in Corso Indipendenza, all'incrocio con Via Roma, la
statua del Cristo con la croce sulle spalle incontra la Veronica, la
quale deterge il suo viso con un fazzoletto; subito dopo, all'incrocio
con Via XX settembre, presso i
quattru cantuneri (i "quattro
canti", cioè il centro geografico del paese), avviene l'incontro tra la
statua della Madonna in lutto per la perdita del figlio e la statua del
Cristo che la saluta portando in alto il braccio.
Sempre il venerdì Santo, dopo il tramonto, la compagnia teatrale
"Hobby Club" mette ogni anno in scena "I setti parti", dramma sacro in
atto unico che rievoca la crocifissione e morte di Cristo.
Impressionante la puntuale partecipazione di tutta la popolazione
acatese, che nella tanto attesa "sera delle parti" gremisce la Piazza
Calvario.
Altri eventi
- Carnevale con carri allegorici
- Festa di San Vincenzo
Chiaramonte Gulfi
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Chiaramonte Gulfi
comune |
|
|
Localizzazione |
Stato |
Italia |
Regione |
Sicilia |
Provincia |
Ragusa |
Amministrazione |
Sindaco |
Vito Fornaro (lista civica) dal 07/05/2012 |
Territorio |
Coordinate |
37°02′N 14°42′ECoordinate: 37°02′N 14°42′E (Mappa) |
Altitudine |
668 m s.l.m. |
Superficie |
127,38 km² |
Abitanti |
8 218[1] (01-01-2015) |
Densità |
64,52 ab./km² |
Frazioni |
Piano dell'Acqua, Roccazzo, Sperlinga |
Comuni confinanti |
Acate, Comiso, Licodia Eubea (CT), Mazzarrone (CT), Monterosso Almo, Ragusa, Vittoria |
Altre informazioni |
Cod. postale |
97012 |
Prefisso |
0932 |
Fuso orario |
UTC+1 |
Codice ISTAT |
088002 |
Cod. catastale |
C612 |
Targa |
RG |
Cl. sismica |
zona 2 (sismicità media) |
Nome abitanti |
chiaramontani |
Patrono |
B.M.V. dei Gulfi |
Giorno festivo |
III Martedì dopo Pasqua |
Cartografia |
|
Posizione del comune di Chiaramonte Gulfi nella provincia di Ragusa |
Sito istituzionale |
Modifica dati su Wikidata · Manuale |
Chiaramonte Gulfi (
Ciaramunti in
siciliano) è un
comune italiano di 8.218 abitanti
[1] della
provincia di Ragusa in
Sicilia.
Storia
|
Lo stesso argomento in dettaglio: Akrillai. |
Nel territorio sono diffusamente presenti insediamenti fortificati (
castellieri) dell'
età del bronzo e del
ferro, resti di insediamenti abitati
greci arcaici ed
ellenistici, testimonianze di epoca
romana,
bizantina e
medievale.
La città venne fondata con il nome di
Akrillai dai
Siracusani nel
VII secolo a.C. Distrutta dai
Cartaginesi nel
406 a.C., fu sede di una sconfitta siracusana ad opera delle forze del console romano
Marco Claudio Marcello nel
213 a.C. Con la conquista romana prese il nome di
Acrillae. Sul territorio comunale è presente anche un abitato ellenistico rinvenuto nella località di
Scornavacche, caratterizzato dalla specializzazione nella produzione
ceramica. L'abitato, fondato anch'esso dai
Siracusani lungo il fiume
Dirillo, venne ugualmente distrutto dai Cartaginesi una prima volta nel 406 a.C. e una seconda, dopo la ricostruzione ad opera di
Timoleonte, nel
280 a.C. I reperti sono conservati nel
Museo archeologico ibleo di
Ragusa.
Acrillae sarebbe stata distrutta dagli
Arabi del califfo
Ibn Al Furat nell'
827 durante la conquista della parte orientale dell'isola. Gli abitanti fondarono un nuovo abitato alle pendici del monte
Arcibessi, che prese il nome di
Gulfi', con il significato in
arabo di
terra amena.
Arco dell'Annunziata, XIV secolo
Ruggero di Lauria durante i
Vespri Siciliani assediò e prese Gulfi per gli
Angioini nel
1299: l'abitato fu completamente distrutto e fu commesso un eccidio.
Manfredi Chiaramonte, che era stato creato
conte di Modica dal re aragonese
Federico III nel
1296,
fece spostare i superstiti in un luogo più elevato e fortificato, detto
"Baglio", attorno a cui sorsero le prime case che fece circondare da
mura e all'interno di queste costruì il castello.
Chiaramonte nel
1366 contava 200 famiglie ed il paese si estendeva all'interno delle mura. Nel
1593
il paese si era esteso oltre le mura, principalmente con i quartieri
"Burgo" (297 case) e "Salvatore" (258 case). All'interno delle mura il
quartiere più antico ("Baglio") era costituito da 278 case e Chiaramonte
contava in tutto 5.711 abitanti. In quel tempo, due porte davano
l'accesso alla città fortificata: la "Porta di la chaza" a nord e la
"Porta di Ragusa" a sud. Chiaramonte aveva una cavalleria che, nel 1614,
contava 42 cavalieri armati di spada e archibugio per la difesa della
contea di Modica
[2].
Il
terremoto del 1693,
che colpi un'area compresa fra Catania e Malta, distrusse quasi
interamente il paese ed il suo castello. La ricostruzione avvenne sempre
sul medesimo impianto medioevale. Nel
XVIII secolo gli antichi quartieri di Chiaramonte scomparvero per il fenomeno della
sacralizzazione ed il paese fu suddiviso in 4 quartieri con nomi di
santi.
Nei “Chiaramontanissimi” di Gianni Morando, una minuziosa ricerca, evidenzia che, nel 1748, quasi la metà del patrimonio di Chiaramonte si trovava nelle mani di 176 religiosi, contro una popolazione di 5.972 laici[senza fonte].
Toponomastica
Il nome di Chiaramonte Gulfi
[3] (
Ciaramùnti, in
siciliano) si riferisce al conte
Manfredi Chiaramonte che, essendo stato creato
conte di Modica dal re aragonese
Federico III nel 1296, fondò il paese, cui dette il nome del proprio casato, dopo la distruzione di Gulfi, perpetrata nel
1299 dagli
Angioini.
Chiaramonte, sorta intorno al 1300, fu subito abitata dai pochi
scampati all'eccidio di Gulfi. I cittadini di oggi sono chiamati
Ciaramuntàni. Il nome dell'antico centro di Gulfi verrà aggiunto a quello ufficiale del comune solo nel
1881,
come memoria dell'antica origine del paese. Quasi tutti gli antichi
toponimi sono andati distrutti. L'antico toponimo "Porta di la chaza",
cui è subentrato il nuovo "Arco dell'Annunziata", e il toponimo "via
della muraglia" mostrano ancora una limitata parte dell'antica cinta
muraria.
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture civili
- Arco dell'Annunziata
È una delle porte della cinta muraria di Chiaramonte, chiamata fino al
XVIII secolo "Porta di la Chaza" perché confinava con la prima piazza
del paese, oggi in parte scomparsa[2].
- Porta di Ragusa
Porta oggi scomparsa, era un'altra delle porte della cinta muraria, da
cui si accedeva alle strade per Ragusa e Gulfi. Oggi esiste l'insegna
viaria con la sola dizione via porta, essendosi perduta la memoria storica di questo ingresso che sorgeva nei pressi del "baglio del castello"[2].
- Palazzo Montesano
Palazzo barocco e dimora nobiliare del XVIII secolo, sede di cinque musei.
- Palazzo Comunale, edificio in stile liberty.
- Villa comunale, giardini pubblici in stile italiano con vista panoramica.
Architetture religiose
Basilica di Santa Maria La Nova
Chiesa madre, si trova nel centro del paese, fu edificata nel 1450,
come si evince da un atto di fondazione. La chiesa costruita
inizialmente in stile
gotico con archi a sesto acuto e con soffitto in tavole fregiate con arabeschi, in seguito fu trasformata in stile
barocco nel
1608.
Recentemente per gli ultimi lavori di restauro e riscaldamento,
scoperchiando il pavimento del 1909 sono state rinvenute le antichissime
sepolture e cripte sottostante la chiesa, non ancora del tutto
visitabili poiché in fase di restauro.
Santuario della Beata Maria Vergine di Gulfi
Detto anche santuario di Santa Maria la Vetere, patrona principale e
regina di Chiaramonte Gulfi. Oggi il santuario è meta di pellegrinaggi
da ogni parte della Sicilia e luogo ameno per chi voglia accrescere la
propria fede in un ambiente trascendentale.
Chiesa commendale dell'Ordine Gerosolimitano di San Giovanni Battista
San Giovanni Battista è protettore della città. La chiesa fu costruita nel XIV secolo dai
cavalieri di Malta e annessa alla commenda gerosolimitana di
Modica e
Randazzo.
In essa ha sede una confraternita laicale già esistente nel 1587
dedicata al titolare. La chiesa è a tre navate e in origine era tutta
affrescata in stile bizzarro (sono presenti in alcune colonne diverse
testimonianze) e il soffitto era di tavole. All'interno opere di un
certo pregio fra le quali una tela di scuola
caravaggesca ed un'altra attribuita recentemente al
Dürer.
Nel 1995 è stato benedetto il nuovo altare e l'ambone in marmo di
Carrara con fregi in bronzo dorato opera del professore Gismondi e nel
2000 è stato benedetto il nuovo portone ornato con grandi pannelli in
bronzo che raccontano la vita del santo precursore di Cristo, protettore
della città.
Chiesa di San Vito
San Vito è il patrono della città. L'edificio è risalente al
XVI secolo,
Nell'attuale sito o nelle attigue vicinanze esisteva una chiesa
dedicata a san Lorenzo, già protettore dell'antica Gulfi unitamente a
santa Maria la Vetere. Dal 1500 San Vito fu patrono del paese, ma nel
1550 il patronato principale tornò a santa Maria la Vetere. Nei secoli
il tempio, benché di piccole dimensioni, fu abbellito più volte e
impreziosito con addobbi e opere d'arte pregevoli, tele e sculture
eseguite dai più bravi concittadini.
Altri edifici religiosi
- Chiesa di San Filippo, con la cappella del Rosario, all'interno vi
si conserva un arco d cappella di scuola Gaginiana, nonché la bella
statua di Maria SS del Rosario opera seicentesca in marbo di alabastro.
- Chiesa del Santissimo Salvatore, che si presenta ad una navata,
originariamente era a due navate, andate poi distrutte in seguito al
devastante terremoto del 1693. Al suo interno ospita la statua marmorea
di pregevole fattura del Salvatore, secondo la tradizione qui giunta insieme a quella della Vergine dei Gulfi.
Numerose le statue in essa presenti, da quella di Maria SS. della
Mercede co-titolare della confraternita laicale in essa presente, quella
di san Sebastiano, san Nicola e san Biagio.
- Santuario della Madonna delle Grazie, situata poco fuori il paese,
all'interno di una pineta. La costruzione, ad una sola navata, risale al
XVI secolo.
All'interno, in una cappella seicentesca in pietra tenera opera di
Simone Mellini, è ospitata una statua marmorea della Madonna dello
scultore Luca Maldotto da Messina del 1645.
- Chiesa di San Giuseppe, edificata per volere dei baroni di Montesano
nel XVII sec. fu ingrandita ad unica nave e decorata di stucchi dal
Gianforma dopo il terremoto del 1693. All'interno pregevole la statua
del titolare, opera del chiaramontano Benedetto Cultraro nonché delle
statue in pietra del sontuoso abside raffiguranti i santi Anna e
Gioacchino, Zaccaria ed Elisabetta. Pregevoli le quattro tele degli
altari laterali.
- Chiesa di Santa Teresa d'Avila, risalente al secolo XVII,
un tempo annessa al convento delle suore carmelitane scalze. Pregevole
il settecentesco altare in legno con custodia e la tela della titolare
opera del Chiaramontano Simone Ventura.
- Chiesa di San Silvestro, risalente al secolo XV,
è una piccola chiesa caratterizzata da una struttura essenziale,
all'interno conserva la statua settecentesca del titolare di autore
ignoto.
- Chiesa del Carmelo Sacra Famiglia (già basilica di Santa Maria Maddalena), un tempo annessa al convento dei padri cappuccini di san Francesco.
Il convento, dopo la soppressione, fu riacquistato in parte dai frati,
una piccola parte fu destinata a casa circondariale. Negli anni venti il
convento fu chiuso per mancanza di frati e dopo un decennio fu
acquistato dalle suore carmelitane scalze, per interesse della famiglia
Montesano. La chiesa fu spogliata dei suoi beni e trasformata
all'interno allo stile del tempo.
- Convento di Santa Maria di Gesù, dei francescani minori. Risalente
al secolo XVII, il suo interno è arricchito di pregevoli stucchi
attribuibili alla scuola del Serpotta i quali si magnificano
nell'abside, un tempo culminante dalla grande tela dell'adorazione dei
magi, sparita agli inizi del XX secolo. Degno di nota il crocefisso di frate Umile da Petralia
Soprana, la cappella del SS. Sacramento, opera settecentesca di
Benedetto Cultraro, con la magnifica tela della deposizione della croce
opera di Mattia Preti e la custodia, opera recente di ispirazione
barocca, del famoso ebanista concittadino Sebastiano Catania. La
cappella della titolare arricchita di intarsi in pece e pietra ospita la
statua marmorea della vergine opera cinquecentesca di Giuliano Mancino e Bartolomeo Berrettaro.
- Chiesa di Santa Lucia, di antichissima origine; la tradizione vuole
che la santa siracusana abbia passato una notte all'interno della grotta
poi chiusa agli inizi del XX secolo per volere della famiglia Gafà
dall'attuale chiesetta con un elegante prospetto. All'interno una
piccola tela della santa siciliana opera di recente fattura del
Chiaramontano A. Di Vita che sostituisce l'antica sparita dalla
Chiesetta circa una ventina di anni fa.
- Calvario, ubicato nel tessuto urbano della città presenta
un'elegante struttura degli inizi del XIX sec., è arricchito da sculture
settecentesce e seicentesce riciclate da precedenti strutture. Nella
stupenda scenografia troneggiano le grandi croci con ai lati le statue
dei compatroni san Giovanni Battista e san Vito martire quest'ultima
trafugata negli anni settanta.
- Quattro cappelle, grande edicola quadrifronte posta all'ingresso del
paese, di stile neoclassico, posta nelle vicinanze del luogo dove
sorgeva l'antica chiesa medioevale del SS. Salvatore. L'imponente
struttura sacra nasce nel sec. XVIII. per volere del gesuita Antonino
Finocchio che per ricordare l'esistenza di quella chiesa fece erigere
un'edicola sacra con l'immagine della patrona Maria SS. di Gulfi e del
SS. Salvatore, successivamente vennero aggiunte altre tre nicchie con le
immagini dei santi Giovanni, Giuseppe e Vito. Nella II metà
dell'Ottocento per volere del vicario della commenda gerosolimitana di
Modica e Randazzo sac. Gaetano Melfi Fanales dei baroni di San Giovanni
fu costruità l'attuale struttura in stile neoclassico, poco più in basso
delle antiche ormai fatiscenti, commissionando il disegno al sac.
Gaetano Distefano che fu l'autore anche delle antiche icone sostituite
nel 1954 dagli attuali bassorilievi in terracotta opera dello scultore Gesualdo Vittorio Nicoletti.
Immagini delle chiese di Chiaramonte Gulfi
-
Basilica Santa Maria La Nova.
-
Santuario della Beata Maria Vergine di Gulfi
-
Eventi
Feste religiose
- Solennità della Beata Maria Vergine di Gulfi, Patrona Principale e Regina di Chiaramonte Gulfi
La festa inizia la domenica in Albis, ora domenica della Misericordia, la prima dopo Pasqua,
con il trasporto a spalle del marmoreo simulacro della titolare, con un
cammino della durata di un'ora, dal santuario posto ai piedi del colle
ove sorge Chiaramonte sino alla Chiesa Madre, dove entra ed esce più
volte. Nel XIII secolo Gulfi fu rasa al suolo dagli Angioini
costringendo gli abitanti a spostarsi nel vicino castello dei Conti di
Chiaramonte. Nel 1500 circa la Sicilia fu colpita dalla peste e i
chiaramontani invocarono San Vito che liberò la cittadina dalla malattia
e fu proclamato, per voce di popolo, Patrono della città. Negli anni a
seguire fu istituita sia la fiera che la confraternita dedicata al
santo; nel 1550 però, per dispaccio diocesano ed approvazione dal viceré
di Sicilia, nonché con decreto della Sacra Congregazione dei Riti, fu
rieletta patrona principale la Beata Vergine di Gulfi. I documenti di
questa elezione, confermata poi nel 1664 dal re Filippo IV di Spagna
e riconfermata il 6 maggio 1954 con l'incoronazione del Capitolo
Vaticano, si conservano negli archivi diocesani di Siracusa e Ragusa e
al santuario. Il 6 maggio 2004, in occasione del 50º anniversario
dell'incoronazione, è stata offerta alla Vergine Santa una chiave d'oro,
simbolo del secolare patrocinio. Sull'arma del comune infatti è posto,
sopra cinque monti inquartati su sfondo rosso, il monogramma mariano, il
tutto posto sul petto di un'aquila.
- Processione della Reliquia del Santo Capello di Maria SS.
La festa ha luogo nella III domenica di Pasqua in occasione dei
festeggiamenti della Patrona Principale Maria SS. di Gulfi. Nella
mattinata dalla Chiesa di San Giuseppe inizia una solenne Processione
con tutte le Confraternite in Abito Solenne che dopo il giro di tutte le
strade del comune termina in Chiesa Madre con la solenne celebrazione
Eucaristica e la benedizione con la reliquia della vergine Maria. Questa
processione un tempo era la più ricca e sentita, nella quale venivano
rappresentati tutti i misteri del Santo Rosario e il martirio di tanti
Santi. negli ultimi anni vi è un tentativo di ripristino che si
incrementa di anno in anno.
- Festa del Patrocinio di Nostra Signora di Gulfi, Patrona Principale e Regina della città.
Si festeggia l'11 gennaio, a ricordo del terribile terremoto del 1693,
dove come tutti i comuni della Sicilia orientale si ringrazia il Santo
Patrono.
- Quindicina dell'Assunta, nel santuario di Gulfi
Inizia il 1º agosto e termina il giorno 15 dello stesso mese, data
storica della festa della Patrona Beata Maria Vergine di Gulfi. Ogni
giorno si svolge un sentito e partecipatissimo pellegrinaggio a pieni
lungo 4 km per raggiungere il santuario ed assistere alla messa solenne
dell'aurora in onore della Patrona, alle prime luci dell'alba, mentre la
sera si allestiscono in città le cappelluzze, altarini addobbati
con l'effigie della Vergine; al passaggio della banda si cantano le
litanie e gli inni alla Vergine e si tengono quindi giochi o sorteggi.
Il 14 agosto, vigilia della festa, si tiene la fiera del bestiame.
- Festa di San Giovanni Battista, Protettore della città.
Si celebra con grande concorso di popolo dal 21 al 24 giugno. È
organizzata dalla Confraternita di Maria SS. della Misericordia &
San Giovanni Battista del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Nei primi due giorni si svolgono concerti e spettacoli in piazza Duomo.
Il 23 giugno, vigilia della festa, la chiesa è meta di pellegrinaggi da
parte dei devoti, alcuni scalzi, che portano al santo ex voto e grossi
ceri. Tradizionale l'uso di indossare il cosiddetto voto, ovvero un
abitino di colore rosso guarnito di bianco. In tarda serata, dopo
l'omaggio da parte del sindaco e delle autorità civili e militari, vi è
la "svelata" del simulacro del Santo, seguita dalla sacra
rappresentazione della sua vita in piazza Duomo. La chiesa rimane aperta
per tutta la notte per il continuo afflusso dei pellegrini. Il 24
giugno, giorno della Solennità del Precursore di Cristo, si susseguono
sin dalle prime luci dell'alba le messe, mentre nel primo pomeriggio la
statua viene portata a spalla al centro della chiesa per la venerazione e
l'offerta dei bambini. In tarda serata la confraternita di San Vito
porta in trionfo al Battista un grande cero ornato di fiori e subito
dopo vi è la sciuta (uscita) del simulacro, accolto in piazza dal popolo
e da migliaia di nastrini di carta colorati, detti nzareddi lanciati
dai piani alti della facciata e dall'incessante fragore dei mortai.
Segue quindi la processione, cui inoltre partecipano tutte le
confraternite e le autorità civile e militari. Il lungo percorso tocca
le varie chiese cittadine. La festa termina con uno spettacolo
pirotecnico. Il giorno di ottava della festa (1º luglio) vi è la
caratteristica processione eucaristica per le vie del quartiere
medioevale della città: particolari le edicole votive addobbate lungo il
tragitto. Al termine dopo la benedizione eucaristica vi è la velata del
simulacro del Protettore.
- Festa di San Vito martire, Patrono della città
Ha luogo nell'ultima domenica di agosto. Anticamente la festa esterna
veniva celebrata il 15 giugno, poi nel 1832, per venir contro le
esigenze del popolo impegnato nei lavori di campagna (che fu chiamato a
scegliere quale tra le festa di San Vito e San Giovanni, molto vicine
tra di loro, si dovesse trasferire ad altra data) i chiaramontani
stabilirono che la festa di San Giovanni per l'immensa devozione
restasse il 24 giugno mentre la festa di San Vito si spostasse alla
domenica successiva, il 15 di agosto, poi di recente trasferita
all'ultima domenica dello stesso mese. La festa è abbastanza sentita
dalla popolazione. Inizia il giovedì precedente con il trasporto a
spalle del simulacro di S. Vito, il quale viene portato in Chiesa Madre
per il solenne triduo. Degno di nota è l'omaggio del cero da parte della
Confraternita di San Giovanni, usanza iniziata proprio nel 1832 a
seguito dello spostamento della festa. La processione domenicale si
inerpica per le vie cittadine visitando tra l'altro le numerose chiese
tra le quali quella di S. Giovanni ove sosta per qualche istante, si
conclude con uno spettacolo pirotecnico.
- Festa di Maria Santissima delle Grazie, invocata come Protettrice delle puerpere
Ha luogo in concomitanza con la novena
dello Spirito Santo, dal santuario omonimo sito ai piedi del monte
Arcibessi viene portata a spalla, nella domenica dell'Ascensione di
N.S.(originariamente il giovedì data la festività) in città la statua
marmorea della Vergine Maria, opera risalente al 1645 dello scultore
Cola Maldotto da Messina, che sosta dapprima nei pressi del Cimitero per
la benedizione delle anime dei defunti, successivamente fa tappa nella
chiesa di San Giovanni Battista e infine quindi nella Chiesa Madre, dove
verrà esposta per nove giorni. Al termine della festa viene riportata
nella propria chiesa.
- Festa del Santissimo Salvatore, comunemente chiamato u Patrun'u Munnu
È organizzata dalla confraternita omonima nella domenica successiva al 6
agosto, con processione serale del simulacro, Dapprima la festa esterna
veniva fatta con cadenza triennale ma già dagli anni '60 la stessa
avviene annualmente con la processione serale per le vie del quartiere e
quelle principali della cittadina. Nel giorno 6 agosto, giorno della
"Trasfigurazione di N.S.", si può assistere alla svelata della statua
marmorea del Redentore ripresa dopo tanti anni di abbandono,
rispolverato ed adattato alla modernità dei tempi. Nella domenica della
festa numerose le funzioni liturgiche che si concludono con l'ultima
serale prima dell'uscita del simulacro. Alle ore 20 circa l'uscita
caratteristica tra il lancio di festoni colorati, "nzareddi", lo sparo
dei fuochi, il suono della tradizionale marcia, susseguita dalla
processione. Caratteristica la sosta del simulacro in Piazza Duomo dove i
cantori e la popolazione intona la tradizionale "cappelluzza" davanti
ad un altare addobbato per l'occasione con l'effigie della Beata Vergine
Maria di Gulfi, Patrona della città. A conclusione dei festeggiamenti
uno spettacolo pirotecnico.
- Settimana Santa
Le cui protagoniste sono la confraternita del Santissimo Sacramento, di
San Vito, di Maria Santissima della Misericordia & San Giovanni
Battista, di San Filippo & SS. Rosario e del Santissimo Salvatore,
le quali nei giorni di lunedì e martedì si recano a turno in Chiesa
Madre le solenni quarantore. Il mercoledì santo viene portata in
processione la statua del Cristo alla colonna dalla chiesa di San
Giovanni, da parte dell'omonima confraternita; il giovedì santo, giorno
di massimo splendore per le confraternite del comune originariamente
vede la partecipazione delle stesse alla processione ed all'esposizione
solenne del Santissimo all'Altare della Reposizione (Sepolcro), coi
propri stendardi, vessilli, confrati con indosso i preziosi pettorali
ricamati in seta e oro, celebrazione che si svolge solennemente ma in
tono leggermente minore in San Giovanni, in Santa Maria di Gesù e nella
Chiesa del Carmine-Sacra Famiglia; il venerdì santo si cantano "le Sette
Spade" nella chiesa madre e subito dopo vi è la sacra rappresentazione
seguita dalla processione di tutte le confraternite col le statue
dell'Addolorata e del Cristo morto, un tempo vi era la Sacra
Rappresentazione della discesa della Croce.
- Festa di San Raffaele Arcangelo, nella Chiesa di S. Giovanni Battista
In occasione della festa liturgica, si espone la statua dal 26 al 29
settembre, con spettacolo pirotecnico e musica della banda in serata. Un
tempo vi si svolgeva in concomitanza la fiera del bestiame.
- Festa di Sant'Antonio
Ha luogo il 13 giugno, con la distribuzione del pane benedetto nella chiesa dei francescani riformati.
- Festa di Santa Lucia
Ha luogo il 13 dicembre, ed era un tempo festeggiata con la processione
della statua che oggi viene esposta nel Duomo per il triduo Solenne.
Particolare il pellegrinaggio alla chiesetta rupestre di Santa Lucia
alle pendici del monte Arcibessi, dove, secondo la tradizione, la santa
avrebbe passato una notte. Tradizionale la benedizione di piccoli pani
votivi a forma di occhi e di palme distribuite al popolo, e l'uso antico
di mangiare la cuccià, ovvero grano lesso condito con olio oppure ricotta dolce o salata. Ancora vivo l'uso di indossare il voto,
cioè un abito di colore verde guarnito di rosso. La santa siracusana
viene venerata, oltre che nel Duomo e nella sua chiesa, nella chiesa di
San Giovanni, dove si celebra il triduo.
- Festa di San Sebastiano
Celebrato il 20 gennaio, veneratissimo dal popolo Chiaramontano, si
festeggia nella chiesa del Santissimo Salvatore, preceduta da un triduo
di preparazione, un tempo in anni alterni, vi era la processione del
simulacro posto in un artistico fercolo, l'ultima è avvenuta nel 1979.
Oggi invece si celebra solo la festa liturgica che vede la
partecipazione del Corpo di Polizia Municipale, di cui il Martire
Sebastiano è il protettore, e che si conclude con un piccolo spettacolo
pirotecnico e l'esibizione della banda musicale. Il culto al Santo si
corona con un tradizionale pellegrinaggio notturno di quasi tutta la
popolazione nella città di Melilli in Provincia di Siracusa per la festa
del 4 maggio.
- Festa di San Biagio
Viene invocato dai fedeli per i problemi di gola e dell'apparato
respiratorio, si festeggia nella chiesa del Santissimo Salvatore,
preceduta da un triduo di preparazione.
- Festa di San Nicola
Si celebra il 6 dicembre nel quartiere nuovo, alle pendici della città
antica, denominato "Villaggio Gulfi". Il giorno della festa vi è la
processione, terminata da uno spettacolo pirotecnico. La stessa si
celebra anche nella chiesa del SS. Salvatore ove è presente una statua
lignea proveniente dalla ex Chiesa di Maria SS Annunziata e vi è un
triduo di preparazione.
- Festa di san Giuseppe
Celebrata il 19 marzo, è preceduta da una settima di preparazione, un
tempo vi era la vendita all'asta dei doni offerti al Santo in particolar
modo i cuccidati del Patriarca; vi erano anche le cene, ormai
scomparse.
- Festa di san Filippo d'Agira
Celebrata 12 maggio nella propria chiesa preceduta da un triduo di preparazione.
- Festa di Maria SS. del Rosario
Celebrata nella Chiesa di San Filippo d'Agira in tutto il mese di ottobre celebrazioni religiose.
- Feste liturgiche minori
- Il 9 febbraio, festa di Sant'Apollonia nella Chiesa di San Giovanni.
- II venerdì antecedente la Pasqua, festa dell'Addolorata nella Chiesa madre e in San Giovanni.
- Il 16 luglio, Madonna del Carmine nella Chiesa omonima e in san Vito.
- Il 4 ottobre, san Francesco, celebrata nella Chiesa di Santa Maria di Gesù.
- L'8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione nella Chiesa Madre, un tempo vi era la Processione
- Il 31 dicembre, festa di san Silvestro nella Chiesa omonima.
Sagre
- Sagra della salsiccia, l'ultimo lunedì di carnevale[5].
- Sagra del pezzo duro al Torrone Chiaramontano "Gelato Tipico", festa di San Giovanni, 23 giugno, in Piazza Duomo.
- Sagra della focaccia in agosto, in contrada Piano dell'Acqua.
- Sagra dei sapori mediterranei presso il "Villaggio Gulfi" il 19 agosto.
- Sagra dell'uva a settembre, nella frazione di Roccazzo.
- Sagra del gallo ai sapori chiaramontani, il 17 agosto, nella
vallata sottostante il paese, in contrada Muti, con giochi, balli
campestri e degustazione di prodotti tipici conditi con olio
chiaramontano.
- Sagra "festa del villaggio" viene svolta ogni 11 agosto a Villaggio Gulfi con una degustazione con prodotti tipici chiaramontani
Manifestazioni
- Carnevale Chiaramontano, sfilata di carri, febbraio.
- Coppa Monti Iblei, gara automobilistica (crono scalata) che nel 2009 è giunta alla 49ª edizione, a settembre.
Stemma della famiglia Statella su una lapide all'interno della Chiesa della Madonna del Carmelo
Il simbolo della città di Ispica è l'emblema della casata della famiglia
Statella
che per lungo tempo ha governato sulla città. Esso è uno scudo diviso
in quattro parti con all'interno raffigurate due torri e due alabarde. I
colori ufficiali sono il rosso e il giallo.
Serie dei feudatari della famiglia Statella[14]
City of Ragusa
Location
History
Economy
Churches
Civil Registry Office
Known Family in the Area
See
https://en.wikipedia.org/wiki/Ragusa,_Italy for English-language portions of the following information in Italian.
from it.wikipedia.org
Ragusa (pronuncia
italiana /raˈɡuːza/[3], localmente
/r̝aˈɡʊːsa/,
Raùsa in
siciliano) è un
comune italiano di 72 967 abitanti
[1],
capoluogo dell'
omonima provincia in
Sicilia. È il settimo
[4] comune della regione per popolazione e il
terzo[5] per superficie. La casa comunale sorge a
502 m s.l.m.[6]
Essa è chiamata la
"città dei ponti",
per la presenza di tre strutture molto pittoresche e di valore storico,
ma è stata definita anche da letterati, artisti ed economisti come
"l'isola nell'isola" o
"l'altra Sicilia",
[7] grazie alla sua storia e ad un contesto socio-economico molto diverso dal resto dell'isola. Nel
1693 un devastante
terremoto causò la distruzione quasi totale dell'intera città, mietendo più di cinquemila vittime. La ricostruzione, avvenuta nel
XVIII secolo, la divise in due grandi quartieri: da una parte Ragusa superiore, situata sull'altopiano, dall'altra
Ragusa Ibla, sorta dalle rovine dell'antica città e ricostruita secondo l'antico impianto medioevale.
I capolavori architettonici costruiti dopo il terremoto, insieme a tutti quelli presenti nel
Val di Noto, sono stati dichiarati nel
2002 Patrimonio dell'Umanità dall'
UNESCO. Ragusa è uno dei luoghi più importanti per la presenza di testimonianze d'arte
barocca, come le sue chiese ed i suoi palazzi settecenteschi.
[8]
Ragusa
comune |
|
|
Localizzazione |
Stato |
Italia |
Regione |
Sicilia |
Provincia |
Ragusa |
Amministrazione |
Sindaco |
Federico Piccitto (M5S) dal 24/06/2013 |
Territorio |
Coordinate |
36°55′30″N 14°43′50″ECoordinate: 36°55′30″N 14°43′50″E (Mappa) |
Altitudine |
502 m s.l.m. |
Superficie |
444,67 km² |
Abitanti |
72 967[1] (31-08-2015) |
Densità |
164,09 ab./km² |
Frazioni |
Marina di Ragusa, San Giacomo Bellocozzo |
Comuni confinanti |
Chiaramonte Gulfi, Comiso, Giarratana, Modica, Monterosso Almo, Rosolini (SR), Santa Croce Camerina, Scicli, Vittoria |
Altre informazioni |
Cod. postale |
97100 |
Prefisso |
0932 |
Fuso orario |
UTC+1 |
Codice ISTAT |
088009 |
Cod. catastale |
H163 |
Targa |
RG |
Cl. sismica |
zona 2 (sismicità media) |
Cl. climatica |
zona C, 1 324 GG[2] |
Nome abitanti |
ragusani |
Patrono |
san Giovanni Battista e San Giorgio |
Giorno festivo |
29 agosto |
Cartografia |
|
Posizione del comune di Ragusa all'interno dell'omonima provincia |
Sito istituzionale |
Geografia fisica
Territorio
La città, che si estende sulla parte meridionale dei
monti Iblei, è il capoluogo di provincia più a sud d'
Italia, l'undicesimo per altitudine
[9] e dista mediamente dal mare 20 km.
La cima più elevata è il
monte Arcibessi (906
m s.l.m.), per questo è fra i comuni lambiti dal mare che presentano il più elevato dislivello. Il quartiere più antico della città,
Ragusa Ibla, sorge su una collina. Ad est la città è circondata dal colle San Cono, ed in mezzo vi scorre il fiume
Irminio,
il più importante della Sicilia sud-orientale. A nord la città è
circondata dal monte Patro, nella valle in mezzo vi scorre il fiume San
Leonardo. A sud si trova il monte Bollarito che è diviso da Ragusa
tramite il torrente Fiumicello. Infine a ovest sorge
Ragusa superiore
sui colli Patro e Cucinello, la parte più recente della città invece
sui colli Corrado, Pendente e Selvaggio, i primi due staccati dalle
colline circostanti da due profonde gole, le tipiche "cave" del tavolato
ibleo, la cava San Leonardo e la Cava Santa Domenica.
La città si sviluppa verso ovest fino a raggiungere l'
altopiano (680
m s.l.m.). In passato l'intero territorio di Ragusa era ricoperto da una fitta vegetazione mediterranea composta principalmente da
querce e
allori. I
disboscamenti perpetrati nei secoli, a partire da quelli massicci effettuati dai
romani,
al fine di destinare la terra alla coltura dei cereali e alla
pastorizia, hanno contribuito in larga parte alla diminuzione delle
risorse idriche, che comunque nell'intera provincia sono superiori
rispetto a quelle di altre province siciliane. Il fiume
Irminio,
un tempo navigabile, come si evince da antichi documenti arabi, è
sbarrato da una diga; ciò ha dato luogo a un lago artificiale: il
lago Santa Rosalia, che si trova a metà tra il territorio di Ragusa e quello di
Giarratana. Nel territorio ibleo la flora annovera oltre 1500
taxa, per la maggior parte appartenenti all'elemento circum-mediterraneo.
Il territorio extracomunale, nella quasi totalità, insiste sugli ultimi lembi dei
Monti Iblei
che dolcemente scivolano verso il mare, un altopiano caratterizzato da
enormi distese coltivate, di un interrotto reticolo di muri a secco
punteggiato da carrubi e olivi. I rilievi una volta degradati fino al
livello del mare, lasciano il posto alla costa per lo più costituita da
enormi distese di sabbia.
Negli ultimi due milioni di anni, terminata la regressione marina che nel
miocene aveva lasciato emergere gli
Iblei e tutto il fondale che va fino alle isole dell'arcipelago
maltese, il movimento contrario, nel
pliocene
immerse le terre più basse e le vicende orogenetiche provocate
dall'attività vulcanica sottomarina composero il tavolato ragusano. Il
territorio è prevalentemente collinare, formato da grandi altopiani e
vallate e lo scorrere dei fiumi ha eroso l'altopiano formando numerosi
canyon profondi. Il plateau ibleo costituisce uno dei promontori della
placca africana ed è costituito da una crosta di tipo continentale in massima parte da sedimenti carbonatici e carbonatico-marnosi di età
cretaceo-
quaternario in cui si intercalano vulcaniti basiche, inoltre è diffuso il
carsismo. Nelle zone costiere, nei pressi del mare, si trova la pietra arenaria. Alcune aree dei
Monti Iblei presentano anche rocce di origine vulcanica come nei pressi del
Monte Lauro, facente parte di un complesso vulcanico sottomarino. Dalla
pietra calcarea che abbonda nell'intero territorio, nascono i
muri a secco, che delimitano le chiuse e che caratterizzano il paesaggio.
Per quanto riguarda il
rischio sismico Ragusa è classificata nella zona 2 (sismicità medio-alta) dall'ordinanza PCM n. 3274 del 20/03/2003.
Clima
Ragusa gode di un
clima mediterraneo di tipo collinare: la sua altitudine infatti determina
temperature medie più fredde rispetto a quelle della costa siciliana. Sono rari gli eventi nevosi nelle zone più basse della città come
Ibla; si verificano con maggiore frequenza, invece, nelle zone più alte, situate sull'altopiano, le quali presentano un
clima mediterraneo montano. L'
inverno è molto piovoso: la piovosità è abbondante da ottobre a tutto marzo. Insieme a
Messina, Ragusa è uno dei più piovosi capoluoghi di provincia, avendo una media annua di circa
700 mm
annui. Maggiore è invece la quantità di pioggia che cade sulle zone
elevate dei monti Iblei, dove si possono superare 1000 mm annui. Le
precipitazioni maggiori si hanno, oltre che durante intense fasi
temporalesche tipiche dell'autunno, nel corso delle
levantate
invernali più persistenti, che riescono ad apportare facilmente
quantitativi anche intorno ai 200 mm in un giorno su tutti gli Iblei,
con l'eccezione del bassopiano vittoriese che risulta sfavorito se
soffiano venti orientali. Esiste un'oscillazione decennale compresa tra i
650 mm e 1 481 mm complessivi.
[10]
Dal punto di vista legislativo, il comune di Ragusa ricade nella
Fascia Climatica C e D, tuttavia la frazione di
Marina di Ragusa è classificata nella
fascia climatica A[11].
Mese |
Mesi |
Stagioni |
Anno |
Gen |
Feb |
Mar |
Apr |
Mag |
Giu |
Lug |
Ago |
Set |
Ott |
Nov |
Dic |
Inv |
Pri |
Est |
Aut |
T. max. media (°C) |
9,1 |
7,7 |
13,4 |
15,0 |
22,6 |
25,4 |
29,6 |
27,3 |
24,7 |
20,0 |
15,6 |
11,2 |
9,3 |
17,0 |
27,4 |
20,1 |
18,5 |
T. media (°C) |
6,2 |
4,8 |
9,6 |
11,2 |
17,7 |
21,1 |
24,6 |
22,6 |
20,6 |
16,9 |
12,4 |
8,2 |
6,4 |
12,8 |
22,8 |
16,6 |
14,7 |
T. min. media (°C) |
3,4 |
2,0 |
5,7 |
7,5 |
12,9 |
16,8 |
19,7 |
17,8 |
16,6 |
13,8 |
9,2 |
5,3 |
3,6 |
8,7 |
18,1 |
13,2 |
10,9 |
Precipitazioni (mm) |
96,6 |
71,1 |
53,8 |
48,3 |
21,2 |
9,7 |
10,2 |
20,1 |
46,5 |
77,1 |
78,2 |
113,2 |
280,9 |
123,3 |
40,0 |
201,8 |
646,0 |
Temperature estreme del XXI secolo:
Minima:
−1,8 °C (
2008)
Massima: 40,9 °C (
2003)
Storia
« Ragùs forte rocca,
città ricchissima che vanta antiche origini, nei cui mercati è un
continuo andirivieni di genti da tutte le nazioni » |
(Idrisi, Libro di Ruggero) |
Toponomastica
L'origine del nome Ragusa risale all'
epoca bizantina,
Ρογος,
Ragous,
Rogos ovvero granaio, dovuto alla ricchezza agricola della zona
[12]. Durante il
dominio arabo, il nome divenne
Ragus o
Rakkusa che in
arabo significa
"luogo famoso per un sorprendente avvenimento", probabilmente una battaglia. Infine in epoca normanna e aragonese venne latinizzato in
Ragusia, per poi diventare alla fine del
XVIII secolo Ragusa
[12]. Secondo
Filippo Garofalo[13] l'etimologia di
Ragusa verrebbe invece dalla trasformazione del greco
Heraea in
Heresium per poi passare a
Reusium,
Reusia,
Rakkusa sotto gli arabi,
Ragusia e al definitivo
Ragusa.
Heraea a sua volta verrebbe da una presunta identificazione dell'abitato con l'antica
Hybla Heraia, la cui effettiva ubicazione non è mai stata accertata. Tuttavia, a partire dal
XVII secolo si è cercato di localizzarla proprio in Ragusa, basandosi sulla
Tabula Peutingeriana[14]. La tradizione secentesca, mai confermata, ha dato successivamente nome al quartiere antico della città che viene chiamato
Ibla o
Ragusa Ibla.
Quale che sia la sua origine toponomastica, in
lingua siciliana la città è chiamata “
Raùsa” e i suoi cittadini “
rausàni”.
Storia antica
|
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Motivo: La sezione è da
controllare e rivedere nella sua quasi completa stesura. Si asseriscono
eventi non supportati da fonti e non rintracciabili nella bibliografia
antica e moderna.
|
Le origini di Ragusa risalgono al
neolitico esattamente alla
cultura di Castelluccio, i primi insediamenti sono datati al
XX secolo a.C.,
la città ha da sempre ricoperto un ruolo fondamentale nella storia dell'isola[senza fonte]. Se l'antica
Hybla Heraia
- la cui ubicazione è attualmente sconosciuta - fosse corrisposta al
territorio di Ragusa, ad essa dunque si potrebbe legare la leggenda che
narre del re
siculo Hyblon fondatore di un primo nucleo abitativo, scacciando gli antichi
sicani meno progrediti rispetto ai siculi.
[15], e sarebbe più volte stata assediata dai
greci, ma inutilmente. Nel
491 a.C. - si suppone presso Hybla Heraia -
Ippocrate di Gela morì in battaglia contro i siculi iblei. Nel
450 a.C.,
Falaride, tiranno d'
Agrigento
minacciò più volte col suo esercito l'indipendenza e la libertà del
popolo di Ibla. Ma il tiranno venne respinto tenacemente e facilmente,
anche grazie all'aiuto di
Kamarina - fondata dai
siracusani su territorio ibleo - e di
Siculi,
le quali intervennero con i loro eserciti a combattere gli agrigentini.
Grazie a queste vittorie, Hybla fu nota in tutto il mondo antico
abitato, cosicché le fu attribuito l'appellativo di "Audax", Hibla
"l'Audace", dunque la città conservò la propria indipendenza fino alla
metà del
III secolo a.C.
Kamarina,
popolata da siculi iblei e da greci, non ebbe la stessa sorte, durante
il corso dei secoli, a causa dei continui saccheggi, fu completamente
spopolata e gli abitanti si rifugiarono nella città d'
Hybla. In seguito sotto i Romani, Ragusa divenne una città
decumana insieme a
Modica, obbligate cioè a pagare la decima parte dei raccolti,
ciò fa pensare ad un trattamento di favore, probabilmente dovuto al fatto che le città si arresero senza combattere[senza fonte].
Storia medioevale
Ragusa in epoca medievale
I bizantini costruirono un ampio muro di cinta a Ibla intorno al
700 d.C., inoltre
Basilio e
Nicola furono nominati patroni della città. Già agli inizi del
IX secolo gli arabi avevano conquistato la maggior parte dell'isola, nell'
844 d.C. l'alleata
Modica viene conquistata. Gli arabi provarono più volte ad espugnare la città ma la conquistarono solo nell'
848 dopo varie ed estenuanti guerre contro le popolazioni iblee
[16]; nell'
866 d.C. la popolazione iblea espulse gli arabi da tutto il territorio a causa di una violenta ribellione, solo nell'
878
venne nuovamente riconquistata. Tuttavia durante la dominazione si
formarono decine e decine di casali, coltivazione di cotone,
coltivazioni irrigue, terrazzamenti. In poco meno di 200 anni gli arabi
diedero un impulso grandioso all'agricoltura.
[17] Nel
1090
un'imponente rivolta popolare supportata da spie normanne, scacciò
definitivamente gli arabi da tutto il ragusano innescando una tremenda
caccia all'invasore. Dal periodo normanno, tranne per qualche breve
interruzione, la città fu per più di cinquecento anni amministrata
autonomamente da vari conti, anche all'interno di altre dominazioni come
quelle angioine e aragonesi, grazie agli antichi privilegi che nel
1091 il
Gran Conte Ruggero concesse al proprio figlio
Goffredo primo
conte di Ragusa, che poté amministrarla con un'ampia autonomia. Durante il periodo
svevo la città fu incorporata nel demanio, tuttavia alcuni privilegi furono ristabiliti grazie al re
Federico II. Gli
angioini, invece, amministrarono la
Sicilia e Ragusa in modo pessimo e furono cacciati grazie ai famosi
vespri Siciliani, in particolare
Giovanni Prefoglio capeggiò la rivolta ragusana che sterminò il presidio francese. In seguito a ciò, sotto gli
aragonesi, Ragusa riacquistò l'antica autonomia
normanna
e fu concessa in Signoria a Donna Marchisia Prefoglio, moglie del
citato Giovanni. La contea di Ragusa si fuse con la contea di
Modica nel
1296 grazie a Manfredi I
Chiaramonte, che prese in sposa Isabella Mosca, figlia del Conte di Modica. Nel
1366, con Manfredi III
Chiaramonte, la contea raggiunse il massimo splendore con l'acquisizione delle terre di
Terranova e di tutto l'arcipelago
maltese. La
Contea di Modica godeva di un'amministrazione autonoma del tutto separata dal governo di
Palermo,
nessun re aveva diritto a governarla, ma solo il conte. Divenne dunque
fra gli stati feudali italiani più importanti. Ma fu soprattutto sotto
il potente conte
Bernardo Cabrera che l'infeudazione ebbe il massimo prestigio.
Storia moderna
Ragusa descritta dall'abate Paolo Balsamo agli inizi dell'Ottocento |
Paolo Balsamo esperto viaggiatore nel 1808 visitò la contea.
« Ci dipartimmo da
Ragusa gratissimi per le cortesie usateci [...]; ed affezionatissimi ad
una città, che chiamammo per ischerzo la nostra Capua, perciocché ci
distolse dal nostro semplicissimo modo di vivere e viaggiare e
c'intrattenne con piacevolezze e passatempi, che provenire non possono
se non da una raffinata civiltà e da una bastevole affluenza di
pubbliche e private fortune. Io che ho veduto a sufficienza di Europa e
posso luoghi con luoghi comparare, ingenuamente confesso, che le
provincie di Sicilia, mancano di quella ridente prosperità; vorrei
tuttavia, che quei maldicenti nazionali e forestieri, conoscessero e
contemplassero bene Ragusa, affinché si divezzassero da certi concetti,
ed opinioni sullo stato dell'interno del Regno, che hanno adottate per
difetto di opportune notizie, e per una immaturità, e precipitanza di
giudizi. » |
(Paolo Balsamo, Giornale di viaggio fatto in Sicilia e particolarmente nella contea di Modica) |
|
« Urbs dives, città opulentissima, ricca di cospicue famiglie, e che forma la miglior parte della contea » |
(Vito Amico, Lexicon Siculum, 1757) |
L'11 gennaio
1693
un terremoto devastante distrusse l'antica città e causò circa
cinquemila morti su una popolazione di tredicimila abitanti. Questo
determinò la ricostruzione dell'intera città dando origine allo
splendido
barocco che caratterizza il
Val di Noto.
Nel
1848 insieme alle città di
Modica e di
Scicli si ribellò al governo borbonico, al fine di ottenere la libertà e l'indipendenza dell'Isola. Nel
1860 furono inviati immediatamente dei volontari armati in aiuto di
Garibaldi che era appena sbarcato a
Marsala e dunque entrò a far parte del
Regno d'Italia sotto la guida del senatore
Corrado Arezzo de Spuches di Donnafugata. Nel
1889 nasce la Banca Popolare Cooperativa di Ragusa, primo embrione dell'attuale
Banca Agricola Popolare di Ragusa,
la banca nacque grazie alle ingenti ricchezze e alla florida
agricoltura che appartenevano all'ormai ex contea e divenne subito un
polo importante di riferimento per tutta l'economia iblea.
Agli inizi del
XX secolo anche nel ragusano si diffusero le idee
socialiste in modo particolarmente forte rispetto alla regione, da molti storici fascisti Ragusa fu descritta come
"un feudo dei rossi, non dissimile da quello di Bologna"[18].
A causa di una forte dialettica politica, a Ragusa si impose il
fascismo, provocando una risposta violenta analoga a quella padana. Il
29 gennaio
1921 un gruppo di fascisti distrusse il circolo socialista di
Vittoria,
uccidendo un uomo e ferendone dieci e due mesi dopo a Ragusa furono
uccise quattro persone e sessanta rimasero ferite. La città fu la prima
siciliana ad avere dato vita a questo movimento politico, a tal punto
che nella Torre littoria edificata per volere dello stesso Mussolini fu
incisa la seguente frase:
"Fascismo ibleo Tu primo a sorgere nella generosa terra di Sicilia". In seguito, nel
1927 grazie a
Filippo Pennavaria noto esponente fascista, Ragusa divenne capoluogo dell'
omonima provincia[19], e contemporaneamente aggregò il limitrofo comune di
Ragusa Ibla[20].
Durante la
seconda guerra mondiale la città fu scossa improvvisamente dai bombardamenti, a partire dal
1942 e per tutto il
1943, a causa della presenza dell'
aeroporto militare di
Comiso; dalla sua pista partivano i
cacciabombardieri dell'
Asse. Nel
1943 la costa iblea fu poi teatro dello
Sbarco in Sicilia da parte degli
Alleati, ritornando comunque rapidamente alla normalità alla fine della guerra. Il 4 gennaio
1945, la giovane
Maria Occhipinti
diede origine ad una rivolta popolare; infatti la donna incinta di
cinque mesi si stese a terra davanti ad un camion militare, ed in tutta
la città scoppiò una violenta sommossa, soprattutto nelle zone più
popolari e in particolare nel quartiere soprannominato
Russia. La
calma fu ristabilita rapidamente non senza feriti e molti ragusani
vennero incarcerati o costretti a essere espulsi dalla città.
[21] Il 6 maggio 1950 con regolare bolla pontificia, Ragusa è stata eretta alla dignità di
diocesi,
grazie al sagace e costante impegno di Mons. Carmelo Canzonieri, allora
parroco di San Giovanni Battista divenuto in seguito vescovo ausiliare
di Messina prima e di Caltagirone poi, ricavandone il territorio
dall'arcidiocesi di Siracusa e dalla diocesi di
Noto.
Oggi Ragusa si presenta come una città dinamica e benestante: è sede
di numerose aziende ed enti ed è inoltre il più importante polo
finanziario del meridione per la presenza della
BAPR che è la quarta banca popolare italiana. Dagli
anni novanta
l'economia ragusana si sta sviluppando verso il settore industriale che
è tuttora in rapida crescita in controtendenza rispetto alla situazione
italiana; la scarsa presenza di infrastrutture ha limitato la grande
potenzialità di questo territorio che comunque rimane l'area export più
importante della
Sicilia, inoltre la città dal
1993 è sede universitaria
[22].
Simboli
L'antico simbolo della popolazione Iblea era la
lucertola, che deriva dalla famosa Ibla Galeota o
Herea. I
camarinensi,
discendenti dei siculi Iblei, coniavano infatti monete raffiguranti
effigi di lucertole, allegoria dei Galeoti o Iblei. Un altro simbolo fu
probabilmente anche l'effigie di una donna con testa turrita circondata
da
api, rappresentante il famoso miele
ibleo. Con l'arrivo dei conti
normanni, la città acquisì come simbolo l'aquila allocata nella
croce di San Giorgio. Tuttora la famosa bandiera viene utilizzata per la
festa di san Giorgio e come bandiera d'
Ibla.
Lo stemma deriva dagli antichi conti normanni, come pure lo stemma della provincia che deriva dalla blasonatura del conte Goffredo d'Altavilla[La spiegazione non è in accordo con quanto riportato nella voce dello stemma].
« D'azzurro,
all'aquila al volo spiegato di nero, beccata e rostrata d'oro, coronata
dello stesso, tenente un caduceo in banda con la zampa destra e una
cornucopia fruttifera in fascia con la sinistra entrambi d'oro. Motto: Crevit Ragusia Hyblae ruinis. » |
Gonfalone: «
drappo di verde…»
Monumenti e luoghi d'interesse
« Ma anche si pretende
la passione per le macchinazioni architettoniche, dove la foga delle
forme in volo nasconde fino all'ultimo il colpo di scena della
prospettiva bugiarda. Bisogna essere intelligenti per venire a Ibla, una
certa qualità d'animo, il gusto per i tufi silenziosi e ardenti, i
vicoli ciechi, le giravolte inutili, le persiane sigillate su uno
sguardo nero che spia » |
(Gesualdo Bufalino) |
Bene protetto dall’UNESCO |
Patrimonio dell'umanità |
Città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud orientale)
(EN) Late Baroque Towns of the Val di Noto (South-Eastern Sicily) |
|
Tipo |
architettonico |
Criterio |
C (i) (ii) (iv) (v) |
Pericolo |
no |
Riconosciuto dal |
2002 |
Scheda UNESCO |
(EN) Scheda
(FR) Scheda |
Ragusa è stata catalogata nel
2002 patrimonio dell'umanità, è una delle città d'arte più importanti d'
Italia, grazie a svariate ricchezze artistiche e archeologiche, eredità della sua storia plurimillenaria.
La ricostruzione della città dopo il
terremoto del 1693 ha avuto protagonisti famosi quali
Vaccarini, Palma,
Giovanni Vermexio,
Sebastiano Ittar,
Vincenzo Sinatra e soprattutto il celebre
Rosario Gagliardi.
Questi, con l'aiuto di uno stuolo di scultori locali e capomastri, ha
contribuito a creare un fenomeno unico e particolare: il
Barocco del Val di Noto.
Esso è adornato dalla pietra locale, di volute, di vuoti e di pieni, di
colonne e capitelli, di statue e di composizioni architettoniche, di
cui probabilmente il
Duomo di San Giorgio è la massima espressione. Già dalla fine del Cinquecento a Ragusa circolavano libri importanti quali
I sette libri di architettura di
Sebastiano Serlio, i
Quattro libri dell'architettura di
Andrea Palladio, le opere di
Domenico Fontana ed altri testi di celebri architetti.
In generale il
barocco
ragusano è una rielaborazione di opere o disegni, spunto in cui si
inserisce il gusto raffinato ed eclettico dell'artista, infatti molti
mastri-scultori costituirono la base sulla quale la fantasia, l'estro e
l'abilità di questi, riprodusse e personalizzò modelli e schemi,
ricavando con la pietra locale, calda e dorata, effetti riferibili solo
al
barocco ibleo. La maggior parte del patrimonio artistico, con la sola eccezione della
cattedrale di San Giovanni Battista e di qualche palazzo settecentesco, si trova nel quartiere antico di
Ibla. Il solo quartiere di
Ragusa Ibla contiene oltre cinquanta chiese, la maggior parte sono in stile
tardo barocco. Anche i palazzi storici sono numerosi.
Di tutte le strutture edificate fra la tarda antichità e la fine del
Seicento esistono solo frammenti: un breve tratto della cerchia di
mura,
nelle vicinanze della chiesa del S.S. Trovato, il portale di epoca
sveva e la torre campanaria nella chiesa di San Francesco
all'Immacolata, il portale dell'antica chiesa di San Giorgio, unico
avanzo dell'antico tempio; la porta Walter, una delle porte che si
aprivano nella cinta muraria di epoca bizantina; un piccolo portale
gotico murato all'esterno della chiesa di Sant'Antonino; le cappelle
annesse a una delle navate della chiesa di Santa Maria delle Scale; le
sculture all'interno della sagrestia del
Duomo di San Giorgio, datate
1570 attribuite ad
Antonio Gagini, figlio del grande
Antonello Gagini, morto nel 1536; alcuni frammenti della lapide del conte
Bernardo Cabrera.
Piazza Libertà negli anni cinquanta
Innumerevoli furono le opere portate al termine negli anni trenta in
brevissimo tempo, a coordinare i progetti fu chiamato l'architetto Ugo
Tarchi della reale
accademia di Brera,
che in particolare curò lo studio urbanistico e la costruzione di
piazza Impero, con il maestoso Palazzo del Fascio caratterizzato
dall'alta torre centrale, su progetto dell'architetto
Ernesto Lapadula. Sulla medesima piazza si avviò anche la costruzione del Palazzo del consiglio provinciale delle corporazioni, oggi sede della
Camera di Commercio,
su progetto dell'architetto Fichera. Al lato della Cattedrale si trova
il Monumento ai Caduti, opera in bronzo dello scultore Sindoni, su
basamento rivestito di marmo, inaugurato il 12 maggio del
1924 in occasione della prima visita a Ragusa di
Benito Mussolini.
Architetture religiose
Portale di San Giorgio
L'antica chiesa di
San Giorgio edificata nel
XII secolo, ebbe la massima attenzione da parte del conte
Goffredo
che modificò e ampliò e arricchì la primitiva chiesa sia negli aspetti
architettonici che nell'arredo e nelle dotazioni patrimoniali. La chiesa
a giudicare dal portale doveva essere di grande magnificenza, in linea
con l'estetica che lo stile ogivale esigeva, si trattava dunque di un
grande tempio a tre navate separate da sette colonne per lato,
arricchite da ben dodici altari oltre i tre dell'abside al Fonte
Battesimale. Caratteristica dell'edificio era soprattutto il campanile,
edificato dall'architetto ragusano Di Marco, mirabile esempio di
architettura con i suoi 100 metri d'altezza fu tra i più alti d'Europa.
Del terribile terremoto del
1693 resta solo il portale, magnifico esempio di architettura
gotico-catalana costruito con blocchi di
calcare tenero,
dal tenue colore rosato. La lunetta sopra l'architrave rappresenta il
santo cavaliere che trafigge il drago, con la regina di Berito
inginocchiata che assiste alla scena. L'arco è contenuto tra due lesene
scanalate e lo spazio superiore è arricchito da due grandi losanghe,
all'interno delle quali alloggia l'aquila ragusana. Gli interstizi tra
le colonne dell'arco sono ornate da figure che rappresentano le arti e i
mestieri e lungo tutta la superficie da una teoria di figure mostruose e
immaginarie, tra fiori e foglie, eredità dei bestiari medievali. Nelle
strombature ha eleganti colonnine a fascio, che si uniscono formando un
armonioso arco; l'ultima colonna dei nove fasci non segue l'arco ma si
restringe, si alza sugli altri otto per formare un grande fiore. Il
portale è tra i più importanti simboli della città, inoltre il noto
premio
Portale d'argento assegnato dalla città di Ragusa si fregia della contemporanea presenza del premio di rappresentanza del
presidente della Repubblica Italiana.
La Cattedrale in un'immagine del 2002
- Cattedrale di San Giovanni Battista; è fra le più grandi chiese della Sicilia[23],
prima del terremoto sorgeva nella parte ovest della città, sotto le
mura del castello. I capomastri Giuseppe Recupero e Giovanni Arcidiacono
progettarono la riedificazione in stile barocco. Possiede una maestosa facciata, ricca di intagli e sculture,
è divisa in cinque partiti da grandi colonne, sul lato sinistro svetta
il campanile che si innalza per oltre 50 metri. L'interno è a croce
latina, con presbiterio absidato, è diviso da tre ampie navate e
quattordici colonne in pietra pece ragusana come anche il pavimento,
costituita anche da intarsi in calcare bianco, mentre nel 1858 fu costruito il grande organo Serassi con l'ampia cantoria in legno scolpito e dorato. Dal 1950 la chiesa è sede della cattedra del vescovo e madre di tutte le chiese della diocesi. All'incrocio del transetto con la navata centrale, nel 1783,
venne innalzata la cupola che, nei primi anni del secolo XX, fu
rivestita con una copertura di lastre di rame, per eliminare le nocive
infiltrazioni d'acqua piovana che ne stavano compromettendo la
struttura. Nella prima metà del XIX secolo
gli altari delle navate laterali originariamente in pietra calcarea
riccamente scolpita e dorata, opera degli intagliatori ragusani della
famiglia Cultraro, sono demoliti e trasformati in piccole cappelle, in
cui vennero posti dei sobri altari in marmi policromi.
- Duomo di San Giorgio;
è una delle massime espressioni a livello mondiale dell'architettura
sacra barocca, la chiesa antica sorgeva all'estremità est dell'abitato,
dove si trova ancora l'antico portale. Fu riedificata al posto della
chiesa di San Nicola, che fino al XVI secolo era stata di rito greco. Del progetto venne incaricato il grande architetto Rosario Gagliardi,
si conservano tuttora le antiche tavole originali, esso è
caratterizzato dalla monumentale facciata a torre che ingloba anche il
campanile nel prospetto e termina con una cuspide a bulbo. La sua
collocazione al termine di un'alta scalinata e la sua posizione obliqua
rispetto alla piazza sottostante ne accentuano l'imponenza e gli effetti
plastici. La cupola di gusto neoclassico a doppia calotta, poggiante su
due fila di colonne sarebbe stata progettata dal capomastro ragusano
Carmelo Cultraro, ispirandosi alla cupola del Pantheon di Parigi. All'interno si trovano le statue del Gagini e si trova inoltre il capolavoro della ditta Serassi che lo volle chiamare Organum maximum
in quanto sintesi della migliore arte organaria all'epoca esistente
composto da 3368 canne. Nelle cappelle delle navate laterali si trovano
tele dei migliori[24] artisti del settecento siciliano: D'Anna, Tresca, Manno.
Sopra le porte laterali sono conservati i due simulacri che vengono
portati in processione per le strade, durante la festa patronale di San Giorgio: la statua del Santo a cavallo opera dello scultore palermitano Bagnasco, che la realizzò nel 1874, e la grande cassa-reliquiario in lamina d'argento sbalzata, opera del 1818
dell'argentiere palermitano Domenico La Villa. Le finestre della navata
centrale sono chiuse da vetri colorati, artisticamente istoriati: in
tutta la chiesa ve ne sono ben 33, raffiguranti 13 episodi del Martirio di San Giorgio,
6 figure di Santi, 14 simboli vari, realizzati su disegni di Amalia
Panigati. L'architettura trova corrispondenza non tanto nelle Chiese
italiane, ma è molto più simile ai modelli dell'Europa del nord, come le
chiese londinesi di Hawksmoor o quelle di Neumann in Franconia, che sviluppano in facciata il tema del partito centrale a torre.
- Chiesa di Santa Maria dell'Itria; la chiesa di Maria Santissima dell'Itria è la chiesa commendale del Sovrano militare ordine di Malta sotto il titolo di San Giuliano, fondata dal barone Blandano Arezzi nel 1626, vicino all'ospedale col medesimo nome. Il nome deriva dal greco Odygitria
(ovvero colei che indica il cammino). La chiesa, che è situata al
centro dell'antico quartiere ebraico di "Cartellone", non fu
particolarmente colpita dal sisma, essa però venne ugualmente ampliata e
modifica in stile barocco, diventando uno dei luoghi di culto più importanti del quartiere.
- Chiesa di Santa Maria delle Scale; costruita nel XV secolo del cui periodo rimangono avanzi di un portale e di un pregevole pulpito in pietra in stile gotico.
- Chiesa di San Filippo Neri; sorta intorno al XVII secolo
grazie alla confraternita devota al santo, il prospetto molto semplice
si affaccia su un piccolo sagrato ed è impreziosito dal portone
d'ingresso. L'interno, ad aula, con una cappella sul lato destro, fu
rimaneggiato alla fine dell'Ottocento.
- Chiesa di Santa Maria dei Miracoli; venne edificata intorno alla metà del XVII secolo dopo il rinvenimento di una immagine della Madonna col Bambino, di origine bizantina. Ha una pianta ottagonale allungata e rappresenta dunque un unicum nel contesto ibleo, il dipinto sacro, presenta caratteri cirillici preslavi, tuttora avvolta nel mistero, anche se secondo la leggenda fu portata da Isacco Comneno dove qui fu sepolto.
- Chiesa delle Santissime Anime del Purgatorio; ricostruita completamente nel XVIII secolo a tre navate e con facciata tripartita. Vi si conservano pregevoli tele e la statua in argento del XVII secolo del santo.
- Chiesa di San Giuseppe; edificata nel 1756 per iniziativa delle monache benedettine, progettata dal Gagliardi,
la facciata a tre ordini, ricca di intagli e sculture. L'interno è
caratterizzato da una pianta ovale, la copertura è costituita da una
grande cupola.
- Convento e chiesa di Santa Maria del Gesù; costruita intorno al 1636
per volere dei frati minori riformati, il prospetto ha una
caratteristica forma a capanna e ha come unico ornamento il portale
scandito da due semicolonne che reggono un timpano spezzato. Vi è un
piccolo campanile posto sul lato sinistro della chiesa. L'interno è
riccamente adornato da stucchi e affreschi.
- Convento e chiesa di San Francesco all'Immacolata; la chiesa sorse probabilmente nel XIII secolo,
i frati francescani la vollero allocare all'estremità dell'abitato per
poter svolgere l'accoglienza e la cura dei malati. La torre campanaria è
tra le più antiche della Sicilia, databile infatti al periodo svevo.
- Chiesa di San Vincenzo Ferreri; la chiesa venne costruita agli inizi del XVI secolo,
non fu particolarmente danneggiata dal terremoto, però probabilmente
subì qualche modifica. Ha un prospetto lineare molto semplice che
presenta due colonne con capitelli corinzi e un timpano, spezzato da un
finestrone. Particolare è il campanile impreziosito da fasci di pietre
policrome. L'interno è affrescato con pitture murali che rappresentano
la Ragusa medioevale, all'esterno è presente un'antica meridiana
risalente ai primi del XVI secolo.
La chiesa è stata oggetto di un importante restauro terminato nel 2010;
l'edificio è attualmente adibito ad auditorium pubblico.
Architetture civili
Balconi del Palazzo Cosentini
- Palazzo Zacco; il palazzo, tra i più belli di Ragusa superiore, fu
costruito dal barone Melfi. Si presenta con due prospetti, in ognuno dei
quali si aprono tre balconi nel piano nobile. Il portone d'ingresso è
fiancheggiato da due colonne su alti plinti in pietra pece, con
capitelli corinzi sui quali poggia il balcone centrale con una ringhiera
mistilinea in ferro battuto. Gli stipiti dei balconi sono sorretti da
mensoloni con due registri: in quello inferiore mascheroni grotteschi,
in quello superiore figure fantastiche che ricalcano quelli di altri
palazzi nobiliari coevi o realizzati nei decenni precedenti. Nella
testata ad angolo tra le due strade l'enorme scudo araldico dei Melfi di
S. Antonio. Con questo palazzo entra a Ragusa lo stile rococò più sfrenato che ha riscontro solo in pochi altri edifici. Il palazzo diverrà la sede del museo delle tradizioni ragusane.[25]
- Palazzo Schininà di Sant'Elia; fu costruito alla fine del XVIII secolo
dal barone Mario Leggio Schininà marchese di Sant'Elia e primo sindaco
di Ragusa superiore. Si estende per un intero isolato, dal 1950
la parte nord è stata regalata alla diocesi e successivamente vi furono
trasferiti la sede del vescovado e alcuni uffici amministrativi. Del
lunghissimo prospetto è completo solo il piano terra su cui si aprono i
due portoni. La facciata dell'ala nord ha sette balconi al primo piano:
nel mezzo si trova il portone centrale, delimitato da due paraste su
alti plinti, arricchite da ghirlande, con capitelli rococò.
Dal portone si accede a un cortile interno da cui si diparte il
sontuoso scalone che porta ai portici del piano nobile I sei balconi
sono sorretti da grandi mensoloni con finissimi motivi fogliacei; gli
ornamenti degli stipiti ripetono il motivo del balcone centrale e
culminano con una classica conchiglia barocca. È la più grande
costruzione del tardo settecentesco di Ragusa.
- Palazzo Sortino-Trono; il palazzo fu edificato nel 1778
su parte delle mura dell'antico castello. L'imponente prospetto
sovrasta la piazza degli archi e si affaccia sulla balconata. Vi è un
ampio portale d'ingresso, lievemente convesso, che regge un balcone
dalla cornice alquanto lineare realizzata in pietra calcarea con intarsi
in pietra pece. I tre balconi laterali hanno grandi mensole in pietra
pece scolpite a motivi vegetali e nelle aperture cornici in pietra
calcarea, con un caratteristico fregio a lambrecchini di gusto rococò.
Ai lati del portone d'ingresso due piccole aperture di forma ovale e
nei tre partiti, grandi finestroni dalla cornice mistilinea sormontata
da un fregio a conchiglia.
- Palazzo Bertini; edificato alla fine del Settecento, caratteristiche sono le sculture presenti, tre grandi teste, dette "mascheroni" che raffigurano tre personaggi della cultura barocca:
il mendicante, il nobile e il mercante. Il primo è coperto di stracci e
mostra un viso deforme con un grande naso e la bocca senza denti, il
nobile, dallo sguardo fiero, ha un elegante cappello piumato da cui
fuoriesce la capigliatura a boccoli, mentre il mercante ha il viso
paffuto con un grande turbante ed un orecchino con una grande perla,
segno di ricchezza e opulenza.
- Palazzo Nicastro; edificato nella prima metà del XVIII secolo,
divenne sede della cancelleria comunale, il prospetto principale si
affaccia su una piazzetta che anticamente era l'unica via d'accesso al
quartiere superiore della città. Due alte lesene racchiudono lo spazio
in cui troneggia la grande tribuna, l'elemento di maggior pregio della
costruzione.
- Palazzo Cosentini; edificato nel terzo quarto del XVIII secolo
per iniziativa del barone Raffaele Cosentini. I tre balconi presenti,
si caratterizzano per la ricchezza di decorazioni delle mensole con
mascheroni dai volti grotteschi e deformi sormontati da figure di
musicisti, in quello centrale, figure alludenti all'abbondanza e in
quello a destra, personaggi del popolo. Il prospetto è laterale,
delineato da due alte paraste.
- Palazzo La Rocca; costruito intorno al 1765
dal barone La Rocca di S. Ippolito. Il prospetto, ad un piano, sobrio
ed elegante, è caratterizzato da sette balconi sorretti ognuno da tre
mensole in pietra pece. Vi sono raffigurate delle figure antropomorfe
tra cui particolarmente interessante il flautista, il suonatore di
liuto, la popolana col bimbo e le due figure unite in un abbraccio,
ripetuto dai puttini nelle mensole piccole laterali.
- Palazzo Battaglia; la costruzione fu iniziata nel 1724 probabilmente dal Gagliardi.
La facciata principale, rivolta verso la chiesa della SS. Annunziata, è
costituita da un pianterreno ed un primo piano separati da una semplice
fascia di pietra, nel sovrastante piano nobile troviamo tre balconi
dalle sobrie cornici; quello centrale è sormontato dal grande scudo
araldico con gli stemmi della casa nobiliare delle famiglie Battaglia e
Giampiccolo.
- Circolo di conversazione;
l'aristocrazia ragusana decise di costruire un proprio circolo di
conversazione, raro esempio di stabile costruito appositamente a tale
scopo. È chiamato anche Caffè dei cavalieri. Costruito nel 1850 in stile neoclassico
è una delle poche strutture ricreative che si è conservata intatta. Il
prospetto ad un piano, si presenta elegante e sobrio lungo circa 10
metri, in stile neoclassico. Ha tre porte divise da sei paraste scanalate con capitelli di stile dorico,
il cornicione ornato da triglifi, in corrispondenza delle porte
presenta tre bassorilievi con due donne alate che sorreggono una lampada
e due sfingi ai lati. Sul cornicione, lo stemma della città affiancato
da due leoni antropomorfi circondati da una ghirlanda di fiori. Il
fastoso salone delle feste mostra un soffitto affrescato dal ragusano
Tino Del Campo alla fine del XIX secolo
con un'allegoria delle arti e delle scienze e quattro medaglioni agli
angoli. Trattandosi di un locale privato non è aperto al pubblico, ma la
disponibilità dei soci ne permette spesso la visita.
Architetture militari
- Porta Walter o porta Vattiri è l'unica delle cinque porte d'ingresso
alla città antica che ha resistito ai secoli e rappresenta uno dei
pochi resti della cinta muraria[26]. Fu edificata nel 1643[27] in occasione della visita del Viceré di Sicilia Giovanni Alfonso Enriquez de Cabrera. La porta, alta 5 metri e larga 3, sopra l'arco a sesto ribassato ha un'iscrizione in latino
su due file di blocchi intagliati di calcare. Purtroppo le sei righe di
caratteri latini sono ormai quasi illeggibili. Da Porta Walter scende
una stradina che porta alla vallata Santa Domenica e alla strada per
Modica.
- Mura bizantine; accanto alla chiesa del santissimo Signore Trovato che si trova alla periferia orientale di Ragusa Ibla e dietro la chiesa delle Santissime Anime del Purgatorio[28] nel quartiere degli Archi si trovano i resti di mura bizantine dell'VIII secolo che facevano parte della cinta muraria difensiva del castello di Ragusa costruito dai bizantini e poi ingrandito dai normanni.
- Torre Cabrera di Marina; si trova nel territorio comunale anche la Torre Cabrera di Marina di Ragusa
che è una torre di difesa costiera che fu costruita nel XVI secolo a
protezione del caricatoio del porto vecchio della frazione ragusana.
- Castello di Donnafugata; la leggenda narra che la principessa Bianca di Navarra fu imprigionata dal conte Bernardo Cabrera, signore della Contea di Modica,
ma la principessa riuscì a fuggire attraverso le gallerie che
conducevano nella campagna che circonda il palazzo. Il conte era
talmente temuto dai sovrani di Palermo che non reagirono, né mai ridimensionarono il suo potere.
Ma il nome del castello è probabilmente di origine
araba, dal nome dato alla località. Si dice che sia stato edificato sulla vecchia struttura di una torre duecentesca
[29]; una parte dell'edificio, tra cui la torre, risalgono alla metà del
Settecento ma nel suo complesso il possente edificio è dovuto al
Barone Corrado Arezzo che lo fece realizzare un secolo dopo inserendo nella facciata principale, in stile
neo-gotico con richiami del veneziano, la bella
loggia con gli eleganti archi trilobati. L'
edificio
si sviluppa su una superficie di 2500 m² e consta di ben di 122 vani.
Il piano nobile è dotato dell'arredamento originale dell'epoca; vi si
accede mediante una grande scalinata monumentale in pietra-pece (tipica
della zona ragusana ricca di bitume e olio minerale). Notevoli il salone
degli stemmi, con affreschi parietali di insegne nobiliari delle grandi
famiglie Siciliane, il salone degli specchi, la sala della musica, la
stanza del biliardo, con infine la improbabile, dal punto di vista
cronologico, ma affascinante dal punto di vista della leggenda, stanza
da letto della principessa di
Navarra. Le stanze, le sale e i corridoi sono decorati con stucchi ed
affreschi. Il Castello è attorniato da un
parco lussureggiante di quasi 8
ettari con grandi alberi di Ficus, ed altre
essenze esotiche. Al suo interno si trovano un labirinto, un tempietto circolare, una
coffee-house e delle grotte artificiali.
Ponti di Ragusa
- Ponte Vecchio; nel 1843 con la costruzione del Ponte Vecchio
la città si poté sviluppare pure verso sud, il ponte infatti permetteva
di superare l'ostacolo naturale della vallata S. Domenica. Il ponte in
stile architettonico romano detto anche dei Cappuccini, fu voluto dal Padre cappuccino Gianbattista Occhipinti Scopetta
(1770-1836), dell'omonima famiglia Occhipinti di cui deriva lo
pseudonimo di "Scopetta" molto conosciuto a Ragusa, costruito come
collegamento tra il centro abitato ed il convento di S. Francesco di
Paola oggi d'Assisi edificato al di là della vallata e voluto sempre
dallo stesso Padre Scopetta, sul colle in cui vi erano numerose attività
industriali per l'estrazione della pietra pece, e aprendo così in un
certo modo la strada verso il mare.
- Ponte Nuovo; nel 1937 fu inaugurato il secondo ponte, chiamato Ponte del Littorio, comunemente chiamato dai cittadini Ponte Nuovo
o Ponte di Via Roma. Venne edificato durante il ventennio fascista,
insieme all'adiacente Piazza Libertà, un tempo Piazza Impero, grazie
all'influenza di Filippo Pennavaria. Nel punto più alto misura quaranta
metri, è lungo circa centotrentadue metri e largo circa dieci, oltre i
marciapiedi larghi due metri ciascuno. Presenta quattro pilastri in
cemento armato ricoperti di calcare duro (pietra viva) e quattro arcate.
- Ponte Papa Giovanni XXIII; nel 1964, a causa dell'intenso sviluppo cittadino, si realizzò un terzo ponte, il Ponte Papa Giovanni XXIII (detto anche Ponte Nuovissimo
o Ponte San Vito per distinguerlo dal ponte del '37) a campata unica
che unisce il quartiere del Carmine con il quartiere dei Cappuccini.
Siti archeologici
Scavi archeologici a
Ibla
L'area iblea ha restituito diverse rilevanze archeologiche, nella zona di Fontana nuova, nei pressi di
Marina di Ragusa, spetta il primato del più antico ritrovamento di testimonianze umane finora scoperto in
Sicilia: in una
grotta sono state ritrovati alcuni raschiatoi e lame da taglio in pietra scheggiata, risalenti a 30 000 anni fa
[30]. La maggior parte dei reperti si trovano al
Museo archeologico ibleo.
- Kamarina. La città antica era realizzata su tre colli, come testimoniano le tracce e le parti di mura arcaiche e una grande torre. Resti di case ellenistiche: Casa dell'altare, Casa dell'iscrizione e Casa del Mercante.
- Monte Arcibessi.
Nel territorio di Monte Arcibessi sono presenti insediamenti
fortificati ("castellieri") dell'età del Bronzo e dell'età del Ferro.
Abitati preistorici, resti di insediamenti abitati greci arcaici,
testimonianze di epoca ellenistico-romana e resti bizantini e medievali.
- Kaukana. Resti archeologici di una città portuale greco-romana ed insediamento bizantino.
- Hybla Heraia. Resti della città stato siculo-greca rinvenuti dagli scavi effettuati a Ragusa Ibla.
- Grotta delle Trabacche. Sito archeologico di architettura funebre a carattere monumentale dell'epoca romana e bizantina.
- Castiglione.
Insediamento siculo-greco con resti di due ampi quartieri del VI secolo
a.C., fortificazioni, strada urbana, un'area sacra ed una necropoli
Greca.
Tra i ritrovamenti più importanti di tutta l'area iblea vi è il
Guerriero di Castiglione
un bassorilievo da un'unica lastra di calcare locale, raffigurante un
armato a cavallo con destriero incedente verso sinistra, mentre
l'estremità del blocco sono decorate con le protomi di un toro e di una
sfinge.
[31]
Altri siti d'interesse
- Vecchio Mercato di Ibla
- Vecchio Macello di San Paolo
- Timpa ro Nannu nella Cava San Leonardo
- Salita dell'orologio, a Ragusa Ibla
Aree naturali
Ragusa è circondata da ampie vallate che costituiscono un verde
pubblico naturale di cui è possibile usufruire, inoltre all'interno
della città vi sono quattro parchi che costituiscono un
polmone verde. Ogni vallata è percorsa da un fiume, a nord si trova il
San Leonardo, ad est il fiume
Irminio e a sud scorre il torrente
fiumicello.
Il comune ospita anche:
- Riserva naturale macchia foresta del fiume Irminio
- Riserva naturale integrale Cava Randello
- Demanio forestale Calaforno
- Inoltre è stato avviato l'iter per l'istituzione del Parco degli Iblei.
- Muri a secco, il 2 maggio 1445 la Gran Corte Regia di Palermo
condannò all'esborso di 60 000 ducati il conte Giovanni Bernardo, per
appropriazioni indebite di terre e diritti demaniali. Il conte, per
pagare questa somma, diede così inizio all'enfiteusi, iniziando a spezzettare e cedere il proprio feudo
ai contadini, in cambio di modesti canoni. Questa opera di
distribuzione delle terre continuò per tutto il Quattrocento ed il
Cinquecento, anche con i subentranti Conti della dinastia degli Enriquez
Cabrera. Alla distribuzione delle terre seguì l'opera di dissodamento
da parte dei contadini e la costruzione dei muri a secco. Queste
strutture servivano a rendere coltivabile il terreno e a delimitare le
proprietà dei contadini. Questa fitta rete geometrica di muri
caratterizza il paesaggio rurale ragusano.
Società
Ragusa è fra i venti comuni più sicuri d'Italia,
i delitti denunciati all'autorità giudiziaria rappresentano meno del 3%
del complesso regionale, in particolare i reati contro il patrimonio
sono meno del 1% regionale. Il 2% dei denunciati è costituito da minori
di diciotto anni nella provincia, rispetto alla media dell'Isola (3,5%),
inoltre per ragioni storiche non si riscontrano fenomeni di criminalità organizzata.
Risulta prima in Sicilia per efficienza degli Uffici Prefettizi e per
minor debito accumulato dai Comuni verso i concessionari. Presenta il
minor tasso di disoccupazione della Sicilia che è del 9%, con una
forbice fra classi agiate e classi povere fra le più basse del
meridione. Ragusa risulta quarta in Italia per minor numero di truffe e
sesta per minor numero di fallimenti. I procedimenti di separazione
personale nel contesto regionale sono più elevati in proporzione al
numero di abitanti.[senza fonte]
Evoluzione demografica
Abitanti censiti
[32]
In media d'anno, il numero di figli per donna è mediamente pari a 1,48 bambini
[33]
, valore lievemente superiore al dato regionale, inoltre in media il
comune presenta un tasso di mascolinità inferiore a 100: in pratica vi
sono 97 maschi ogni 100 femmine. Nel 2013 vi è stato un incremento annuo
della popolazione del +4,1%, dovuto a un saldo positivo del movimento
migratorio che ha compensato il saldo naturale negativo (-129 unità)
[34].
Etnie e minoranze straniere
Sono 22 660 i residenti stranieri presenti negli iblei, un numero che
fa di Ragusa la prima provincia siciliana per incidenza del fenomeno
migratorio sul totale della popolazione (7,01% della popolazione
residente), un dato più che doppio rispetto anche alla media regionale
(3,2% della popolazione residente) ma inferiore rispetto al dato
nazionale di 8,1%.
[35] [36]
Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2013 la popolazione straniera
residente a Ragusa era di 3 892 persone. Le nazionalità maggiormente
rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione
residente erano:
[37]
- Tunisia 909 – 1,25%
- Albania 883 – 1,21%
- Romania 777 – 1,07%
- Polonia 170 – 0,23%
- Marocco 168 – 0,23%
Lingue e dialetti
Oltre alla
lingua ufficiale italiana, a Ragusa si parla la
lingua siciliana nella sua variante metafonetica sud-orientale. La ricchezza di influenze del siciliano, appartenente alla famiglia delle
lingue romanze e classificato nel
gruppo meridionale estremo, deriva dalla posizione geografica dell'
isola, la cui centralità nel
mar Mediterraneo ne ha fatto terra di conquista di numerosi popoli gravitanti nell'area mediterranea.
Il dialetto ragusano si distingue dagli altri dialetti siciliani per
alcuni aspetti salienti: la differenza più importante è costituita dalla
c dolce invece di una
c dura davanti alle vocali; vi è,
inoltre, la trasfigurazione del "di" in "ri" all'inizio delle parole. Si
noti, infine, la presenza di numerosi dittonghi, come ad esempio, nella
parola "negozio", che suona: nicuoziu, con la z sempre sorda.
Tradizioni e folclore
Nel
1063 l'importante battaglia di
Cerami segnò la disfatta degli arabi in Sicilia.
Ruggero fu il primo ad inventare la cosiddetta propaganda bellica, anticipatrice dell'
intelligence, infatti i
normanni
fecero circolare la voce che la battaglia fosse stata vinta grazie ad
appena un centinaio di cavalieri, contro preponderanti forze nemiche. La
leggenda vuole che
San Giorgio per volere di
Dio fosse sceso sulla terra per aiutare i soldati normanni, così il conte
Goffredo, costruì a Ragusa l'imponente chiesa dedicata al Santo cavaliere, l'edificio era in
stile gotico-catalano, fu gravemente danneggiata dal terremoto del
1693
e ai giorni nostri è rimasto solo lo splendido portale. Nel 1643, in
conseguenza della bolla "Universa" di Papa Bonifacio VIII, San Giorgio
fu proclamato Patrono Principale e Protettore della città di Ragusa.
San Giovanni Battista invece è il patrono di Ragusa superiore, probabilmente il culto risale al
VI secolo d.C., ma è ormai confermato che nel quartiere dei cosentini, formatosi con il conte
Goffredo, fosse stata eretta una chiesa devota al santo, fuori le mura d'
Ibla. Dunque questa situazione di
doppio patrono, deriva da una serie di eventi storici, ma si inasprì soprattutto dopo il terremoto del
1693
che divise in due la città, già sofferente a causa di guerre
campanilistiche sempre più intense. Queste lotte portarono alla
formazione di due comuni autonomi, solo nel
1926 le due amministrazioni si riunirono dopo circa due secoli di separazione. Attualmente la
festa di San Giorgio si svolge l'ultima settimana di maggio a
Ragusa Ibla, mentre la
festa di San Giovanni Battista
si celebra il 29 agosto a Ragusa superiore. Ormai non esiste più una
vera contrapposizione fra i due Santi, ma entrambi vengono festeggiati
con sontuose processioni.
Negli ultimi decenni, qualche volta i due santi si sono
incontrati;
San Giorgio è salito, mentre
San Giovanni è sceso a Ibla, in modo da attenuare gli antichi dissapori che si trascinavano da secoli. Nel
2000, in occasione del
giubileo,
in entrambe le feste i patroni hanno trascorso il venerdì sera nella
chiesa madre dell'altro. Le due feste sono però abbastanza diverse,
quella di San Giorgio è una festa che si caratterizza oltre che per
l'aspetto religioso anche per l'aspetto folkloristico e gioioso, con la
statua che portata a spalla dai numerosi fedeli portatori dà quasi la
sensazione che venga fatta ballare. Quella di San Giovanni è la festa
più silenziosa, più interiore, la festa delle migliaia di persone con le
candele accese davanti al simulacro. Un dente di San Giovanni si
conserva nella cattedrale di Ragusa. La compatrona di Ragusa superiore è
la
Maria S.S. della Medaglia, mentre la compatrona di
Ragusa Ibla è
Santa Gaudenzia. Durante il Santo
Natale vengono allestiti caratteristici
presepi a
Ibla
e presepi viventi, questi ultimi favoriti nelle ambientazioni dagli
scenari naturali a disposizione, spesso infatti le vallate di Ragusa
sono l'ambientazione ideale per questo tipo di manifestazioni. Il
venerdì Santo invece vi è la tradizionale processione per le vie
barocche dei simulacri, che in serata tornano nelle rispettive Chiese.
Istituzioni, enti e associazioni
Salute e assistenza
Oltre il 70% della mortalità complessiva è dovuta a malattie del
sistema circolatorio e ai tumori. Ragusa registra un tasso di mortalità
dell'8,8 per 1000 abitanti che risulta il secondo in
Sicilia più contenuto dopo quello di
Catania (8,3). Esso è notevolmente minore rispetto a quello italiano pari al (9,4).
[38]
Ospedale Civile di Ragusa.
Istituti pubblici
Il distretto sanitario di Ragusa, comprende i comuni di Ragusa,
Chiaramonte Gulfi,
Giarratana,
Monterosso Almo e
Santa Croce Camerina.
Dal 1º settembre 2009 le due aziende sanitarie Azienda Ospedaliera
Civile Ompa di Ragusa e la Azienda Unità Sanitaria locale nº 7 di Ragusa
hanno cessato di esistere per dare posto alla nuova Azienda Sanitaria
Provinciale di Ragusa che comprende:
- Ospedale Maria Paternò Arezzo.
- Ospedale Civile, in centro città e sede del pronto soccorso.
- Ospedale Giovan Battista Odierna, nato come tubercolosario negli anni '20, oggi è destinato principalmente ad attività amministrative.
- Ospedale Giovanni Paolo II.
È in fase di costruzione il terzo ospedale cittadino per arrivare ad
una capienza complessiva di 700 posti letto su tutto il territorio
comunale, si estenderà su una superficie lorda complessiva di m2. 32 197, una superficie utile convenzionale di 25 821 m² ed una volumetria di 139 150 m³.
L'area dove sorgerà l'opera ha una superficie di circa 16 ettari, di
proprietà dell'Azienda Ospedaliera, sita in contrada Cisternazzi.
- Ragusa è l'unica provincia siciliana ad avere un proprio registro tumori[senza fonte], inoltre detiene anche il registro tumori infantili della Sicilia.
Secondo un'indagine della
Doxa
il Maria Paternò Arezzo è il secondo ospedale siciliano come giudizio
complessivo, mentre risulta primo per cure e trattamenti ricevuti.
[41]
Istituti privati Il più importante istituto privato è la
Clinica del Mediterraneo.
[42]
Cultura
Persone legate a Ragusa
- Bernardo Cabrera, nobile
- Psaumida, atleta dell'antichità
- Giovan Battista Odierna, astronomo
- Teodoro Belleo, medico
- Maria Paternò Arezzo, filantropa
- Maria Barba, monaca carmelitana, beatificata da papa Giovanni Paolo II
- Vann'Antò, poeta futurista
- Maria Occhipinti, scrittrice
- Carmelo Cappello, scultore
- Anna Favella, attrice di teatro, cinema e televisione.
- Giorgio Lucenti, calciatore
- Santino Coppa, allenatore di pallacanestro
- Carmelo Occhipinti, storico e critico d'arte
- Loredana Cannata, attrice
- Angelo Russo, attore
- Stead, nome d'arte di Stefano Antoci D'Agostino, cantante
- Roberto Nobile, attore
- Giovanni Spampinato, giornalista, vittima della mafia.
- Deborah Iurato, cantante italiana
Geografia antropica
Urbanistica
L'urbanistica di
Ragusa Ibla, ovvero il quartiere più antico della città, deriva dall'antico impianto
altomedievale, probabilmente di origine bizantina. A causa del
terremoto del 1693,
l'antica città venne ricostruita sempre secondo l'antico tessuto
urbano; mentre Ragusa superiore fu costruita ex novo subito dopo il
terremoto. Il nuovo quartiere si sviluppò grazie alle idee e ai progetti
illuministici
del barone Mario Leggio Schininà, secondo un vero e proprio modello
urbanistico a maglia ortogonale, già largamente sperimentato nelle nuove
città spagnole in
America latina ed utilizzato anche nella ricostruzione barocca di molti altri centri siciliani.
Ragusa Ibla viene descritta come un
pesce tra le acque dolci,
a causa della forma che assume la collina, non solo ma grazie al suo
isolamento urbano, ha potuto mantenere un'integrità stilistica veramente
ammirevole. Invece a Ragusa superiore, si può distinguere il centro
storico sempre in stile
barocco, in cui sorgono però anche palazzi più recenti (
ottocenteschi e
novecenteschi). Lo sviluppo del nuovo quartiere continuò durante il
XVIII secolo ed il successivo
XIX,
ma un sostanziale cambiamento avvenne nel secondo quarto dell'Ottocento
con la costruzione del primo ponte cittadino, ultimato nel
1843
che superando l'ostacolo naturale della vallata S. Domenica, consentì
l'espansione della città verso sud dove si trovavano i giacimenti di
asfalto e le prime attività industriali. Successivamente fu costruito un
altro ponte in epoca
fascista e infine negli
anni sessanta, a causa dell'intenso sviluppò cittadino, si realizzò un terzo ponte a campata unica.
[43]
Attualmente la città continua ad espandersi verso ovest, nella zona
dell'altopiano e anche verso la zona sud, in quel sistema di quartieri
che ormai viene comunemente chiamato
Ragusa nuova. La città è la prima in
Italia per superficie immobiliare pro capite.
[44].
Suddivisioni Storiche
Prima del
terremoto del 1693 Ragusa Ibla era divisa in tre quartieri:
S. Rocco,
S. Maria e
S. Paolo. Subito dopo il terremoto, si crearono due grandi quartieri autonomi: Ragusa Superiore e
Ragusa Inferiore. I due quartieri, a causa di forti contrasti campanilistici, divennero nel
1865 dopo l'
Unità d'Italia due comuni distinti e separati (R. Superiore e R. Inferiore); solo nel
1926, con la nomina a capoluogo di provincia, le due amministrazioni furono riunificate in un solo comune.
Suddivisioni amministrative
Frazioni
Economia
|
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|
« Si vedono in questa
città pochissimi poveri, si contano cinque, o sei famiglie veramente
ricche; e piani, e numerosi sono gl'indizj, che si offrono anche al poco
diligente osservatore di una certa universale agiatezza in tutta la
popolazione. I Ragusani si reputano assai proclivi all'ospitalità, non
meno che ad un fastoso tenor di vivere […] fanno nelle loro case così
copiose provvisioni di mobili, di vettovaglie, e di ogni maniera di
comodi, che par loro familiare, ed abituale la vita civile, e
splendida. » |
(Paolo Balsamo, 1808) |
Da molti osservatori il ragusano è stato definito il nuovo
sud-est, evidenziandone lo stato florido dell'
economia locale e definendo il cosiddetto
modello Ragusa
come economia vincente da seguire. Il ragusano, nonostante la nota
carenza di infrastrutture, è l'area più ricca della Sicilia. I livelli
occupazionali e il reddito medio pro capite sono fra i più elevati
dell'Italia meridionale
[46] L'indice di libertà economica che tiene conto non solo del
PIL
prodotto ma anche di elementi quali: economia, lavoro, contesto
sociale, finanza, fisco e trasferimenti pone il ragusano ai livelli di
province del nord Italia, collocando la provincia al cinquantunesimo
posta della classifica nazionale, con un indice di 64,8 su 100.
Ragusa ha un
reddito pro capite pari a 16 980 euro, superiore al dato regionale
[47] [48]. Ragusa che rappresenta lo 0,5% della popolazione italiana e il 6% di quella Siciliana produce esattamente lo 0,5% del
Pil
italiano (pari all'8% di quello regionale), per un valore superiore ai
6,2 miliardi di euro. Il tasso di crescita è leggermente superiore al
dato nazionale, nonostante il fortissimo deficit infrastrutturale e il
difficile contesto economico confinante, e decisamente più alto di
quello regionale. Inoltre le spetta il primato regionale per l'indice
d'imprenditorialità con una media di circa 59,7 unità locali d'imprese
ogni mille abitanti.
[49]
Agricoltura e allevamento
Tipico paesaggio agricolo ragusano
Ragusa detiene il primato nazionale per quanto riguarda la produzione
agricola lorda vendibile, con il 47% della produzione ortofrutticola e
floricola sotto serra: si pensi che il 6% appena della popolazione
Siciliana produce più del 20% del reddito agricolo regionale. Ragusa
vanta il 60% della produzione lattiero-casearia regionale e il 65% della
produzione di carni
[50], infatti si è sviluppato e specializzato il settore della
zootecnia. Particolarmente rinomati sono i bovini grazie agli allevamenti della pregiata
razza modicana,
bovino autoctono degli iblei e l'unico siciliano classificato come
razza autoctona. Tale razza è a rischio di estinzione e nel territorio
ragusano permangono solo 15 allevamenti e 15 tori da monta. Il rinomato
formaggio
Caciocavallo ragusano, a marchio
DOP,conosciuto
ed apprezzato anche oltre confine, può essere prodotto sia con latte
della bovina modicana sia con quello di altre razze bovine quali la
frisona o bruna. Per quanto riguarda le
razze asinine, è presente l'
asino ragusano,
fra le poche razze italiane di un certo pregio e particolarmente
apprezzato per la qualità del latte. Rinomata anche la produzione
dell'olio
DOP Monti Iblei
e l'apicoltura che in queste zone ha origini antichissime. Ragusa
inoltre è la prima in Italia per esportazioni di merci derivanti
dall'agricoltura biologica. Il vino per eccellenza del ragusano è il
Cerasuolo, prodotto principalmente nel comune di
Vittoria, è l'unico vino siciliano catalogato
DOCG.
L'agricoltura dunque è uno dei motori trainanti dell'intera zona
ragusana, essa non è un settore a parte, ma si integra pienamente con il
contesto economico e industriale ragusano. Ragusa appartiene alle Città
del formaggio, dell'olio, del miele e del vino.
Industria
Pozzi petroliferi a Ragusa
Ragusa ha avuto e continua ad avere una forte caratterizzazione
industriale. Infatti essa assorbe circa il 15% dell'occupazione totale.
[51]
Grazie alla presenza di asfalto e petrolio, sono presenti varie
industrie di tipo estrattivo, inoltre opera la società del gruppo
Eni Versalis,
specializzata nel settore chimico. Rilevante anche la presenza
dell'industria lattiero-casearia, dolciaria e conserviera. Nelle acque
prospicienti a
Marina di Ragusa è presente la
piattaforma Vega
che è la più grande del mediterraneo con una media di cinquemila barili
estratti ogni giorno. Attualmente il comune di Ragusa ha dato la
propria disponibilità per la ricerca e l'estrazione di
metano
da parte della compagnia statunitense Panther Oil. Diffusi anche le
aziende che trattano il cemento e la pietra pece. La zona industriale
della città è fra le più grandi del mezzogiorno, essa è in rapida
espansione, secondo indagini del Censis e dell'Istat, la maggior parte
sono micro, piccole e medie imprese, articolate in sei raggruppamenti
merceologici: agroalimentare e mangimistico, materiali e complementi per
l'edilizia, marmi e graniti, legno-arredo, chimico-plastico,
metalmeccanico-impiantistico. Si produce inoltre il 60% della produzione
di
polietilene
e dei materiali plastici per l'agricoltura al livello regionale, ed è
il 3º polo italiano dei materiali lapidei (marmi, graniti, pietra
locale) dopo
Verona e
Carrara. Oltre il polo industriale di Ragusa, è molto importante anche l'
agglomerato industriale di Modica e Pozzallo, posizionato in maniera strategica per l'import-export nel
mediterraneo, inoltre possiede varie aziende che fabbricano prodotti
veterinari.
[52]
Servizi
In questo settore, le attività più importanti sono quelle legate alla
Banca Agricola Popolare di Ragusa,
la quarta banca popolare italiana, ormai l'unica con sede decisionale
nel meridione. Molto importante per l'economia ed il prestigio cittadino
e dell'intera provincia è l'istituzione del Consorzio Fattorie
Informatiche capeggiato dalla Argo Software,
software house leader nel settore della scuola.
Fiera
La
Fiera Agricola Mediterranea è l'appuntamento più importante a livello regionale del comparto agricolo e zootecnico e tra i più significativi d'
Italia.
Turismo
|
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Il turismo nel Ragusano è un settore di recente formazione, grazie a
numerose fiction e film girati nel capoluogo e l'inserimento tra le
liste dell'
Unesco, l'afflusso turistico è aumentato in maniera notevole rispetto al passato. Moltissime le attività alberghiere ed i
Bed and breakfast, nel
2005
il flusso turistico registrato in complesso è stato di 212 234 arrivi e
885 100 presenze. Oggi Ragusa rappresenta circa il 10% del turismo al
livello regionale, infatti l'ampia presenza di risorse artistiche
determina un flusso turistico costante tutto l'anno, mentre la frazione
di
Marina di Ragusa
è ricercata maggiormente nel periodo estivo; questa grazie ai numerosi
negozi, locali notturni e discoteche, rappresenta la località balneare
più attiva della Sicilia sud-orientale. Molto importante è anche la
presenza del turismo
enogastronomico, infatti la città come l'intera provincia produce molti prodotti agroalimentari tipici tutelati dalla
UE avendo pure il primato siciliano in questo settore
[53],
ciò la rende una fra le mete più ambite per degustare pietanze o
bevande uniche e di alta qualità. Ragusa presenta il maggiore rialzo in
termini di arrivi dei turisti italiani e stranieri, seguita a breve
distanza da
Siracusa, inoltre detiene la permanenza media più elevata tra le province siciliane, infatti è attestata a una media di 4,2 giorni.
Infrastrutture e trasporti
Strade
Le principali direttrici stradali di Ragusa sono:
Ferrovie
La linea ferroviaria che attraversa il territorio e serve la città è la
Ferrovia Siracusa-Gela-Canicattì. La linea è caratterizzata da una bassa velocità di crociera
[54],
che ne disincentivava l'uso, però oggi sembra avviata ad un recupero di
funzionalità e ad un ammodernamento grazie al potenziamento delle opere
d'arte (
ponti e
viadotti), tra
Vittoria e
Siracusa, eseguito nell'ambito del
Programma integrativo FS con i fondi stanziati dalla legge 12 febbraio
1981[55].
La linea, pur tortuosa e con elevate pendenze, attraversa e collega
direttamente alcuni tra i più grandi centri urbani ragusani. Il traffico
merci su rotaia è attualmente quasi inesistente, nonostante l'alto
potenziale
[56] costituito dalle aree di grande produttività di Ragusa,
Modica,
Vittoria, e agli intensi scambi commerciali del
porto di Pozzallo. Fino al 1949 la città fu anche servita dalla
ferrovia Siracusa-Ragusa-Vizzini che univa il capoluogo ibleo ai suoi comuni montani di
Chiaramonte Gulfi,
Giarratana,
Monterosso Almo e, oltrepassato il
monte Lauro, alle provincie di Catania e Siracusa.
Le principali stazioni ferroviarie di Ragusa sono:
- La stazione di Ragusa[57]
venne costruita alla periferia sud del centro abitato alla fine
dell'Ottocento in corrispondenza della nuova zona di espansione, ed il
primo treno vi transito il 18 giugno 1893. Fu rimodernata durante il
ventennio fascista, bombardata durante l'ultimo conflitto mondiale,
quindi ricostruita con l'attuale ma col passare degli anni la città ha
inglobato la stazione che adesso si trova in pieno centro urbano. Dopo i
tagli attuati dalla RFI
negli anni novanta nella stazione transitano esclusivamente treni
regionali. Il fascio binari si trova ad ovest della stazione e sono
presenti 2 binari entrambi provvisti di banchine collegate da passerelle
e pensiline per il movimento passeggeri. La stazione di Ragusa si trova in Piazza del Popolo nelle vicinanze dell'Ospedale Civile e del Comando Provinciale dei Carabinieri.
- La stazione di Ragusa Ibla,
la quale fu la prima ad essere attivata a Ragusa, si trova poco fuori
dal centro barocco. Fu chiusa durante gli anni novanta e ceduta a
privati. Oggi è usata come ristorante.
- La stazione di Ragusa SAFS danneggiata durante la guerra fu demolita negli anni cinquanta.
Porti
Nel territorio comunale è presente il porto turistico di
Marina di Ragusa.
Aeroporti
La torre di controllo del nuovo aeroporto.
Mobilità urbana
Il servizio di trasporto urbano in città è gestito dall'AST (
Azienda Siciliana Trasporti)
che opera una serie di linee che raggiungono tutti i quartieri della
città. I capolinea principali del servizio urbano sono il "Nodo Zama"
che si trova accanto alla stazione degli autobus ed il "Nodo Piazza del
Popolo", che si trova di fronte alla stazione ferroviaria.
Amministrazione
Gemellaggi
Ragusa è gemellata con le seguenti città del mondo:
Rapporti bilaterali
Sport
La più importante squadra di calcio del comune era la società
Unione Sportiva Ragusa, attiva dal 1949 al 2007. È stata rifondata nel 2014 con la denominazione di
Unione Sportiva Dilettantistica Ragusa 2014.
La principale società di pallacanestro era invece la
Virtus Ragusa, nata nel 1950. Dopo il fallimento, è stata rifondata con il nome di
Nova Virtus Ragusa nel 2006.
Nel comune hanno sede le società di rugby: Padua Rugby
[65], militante in
serie C e Rugby Audax Clan
[66].
La società di
Tamburello più titolata è la
G.S. Tamburello Ragusa che ha vinto diversi titoli europei di
tamburello a 3 e
tambeach. L'altra compagine locale è la
Tambeach Kaukana che ha vinto vari titoli nazionali in tutte le specialità di tambeach.
A Ragusa ha sede la Scuola dello Sport del
CONI Sicilia
Giambattista Cartia istituita nel 1996
[67] .
Impianti sportivi
I princicpoli impianti sportivi di ragusa sono:
- Stadio Comunale Aldo Campo, capienza 4500 posti
- Stadio Giovanni Biazzo (ex Enal), capienza 300 posti
- Stadio comunale Ottaviano, capienza 100 posti
- Campo Sportivo di Marina di Ragusa, capienza 500 posti
- Campo Sportivo di Rugby, capienza 600 posti
- Impianto Polivalente Petrulli, capienza 1000 posti
- PalaMinardi, capienza 3800 posti
- PalaPadua, capienza 2000 posti
- Piscina comunale, 500 posti
- Campo di equitazione - Maneggio comunale, capienza 500 posti
Galleria d'immagini
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-
-
Panorama notturno di Ibla
-
-
Portone d'ingresso del palazzo Schininà
-
Chiesa di San Giorgio, Ragusa Ibla
-
Cupola del Duomo di San Giorgio
-
Note
- ^ a b [1]
- ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente, 1 marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012.
- ^ DiPI Online - Dizionario di Pronuncia Italiana, dipionline.it. URL consultato il 18 maggio 2013.
- ^ Comuni siciliani per popolazione
- ^ Comuni siciliani per superficie
- ^ Ragusa: Clima e Dati Geografici, Riscaldamento
- ^ Antica definizione di "regnum in regno" data dallo storico Vito Amico e da altri con la formula concessa a Bernardo Cabrera da Re Martino "sicut Ego in Regno Meo et Tu in Comitato tuo", definizione di Gesualdo Bufalino da "La Luce e il lutto", Leonardo Sciascia in "L'antica contea" foto di Giuseppe Leone, Il Sole 24 Ore "modello ragusa"7 Lezioni on line
- ^ Ray Bondin, componente del Consiglio ICCROM, Organizzazione Internazionale dell'UNESCO, radiortm.it.
- ^ Comuni capoluogo di provincia - elenco per altitudine, tuttitalia.it. URL consultato il 27 luglio 2011.
- ^ Sias Regione Siciliana, sias.regione.Sicilia.it. URL consultato il 29-12-2007.
- ^ Pagina con le classificazioni climatiche dei vari comuni italiani, comuni-italiani.it.
- ^ a b G.Coria , Viaggio negli Iblei, Provincia Regionale di Ragusa, Avola 1997, pagina 21.
- ^ F. Garofalo, Discorsi sopra l'antica e moderna Ragusa, Stab. tip. di F. Lao, Palermo 1856.
- ^ P. Cluver, Sicilia Antiqua, II, Lugduni Batavorum 1619, p. 350. Secondo L. Villari, il quale segue gli studi di Ortelio (A. Ortelio, Itinerarium Antonini Augusti et Burdigalense, Colonia 1600 p. 19), Anastasio Seniore (A. Seniore, Epitome Chronicorum Casinensium, R.I.S., II, Milano 1723 p. 352/b) e Biagio Pace (B. Pace, «Tracce di un nuovo itinerario romano della Sicilia» in Studi d'Antichità Classica in onore di E. Ciaceri, Genova 1940, pp. 169-177), Cluverio effettuò un errore di trascrizione dal toponimo Nible, riportando Hible e vedendo così in Ragusa l'unica superstite delle tre Ible di cui fa menzione Tucidide (VI/2). Bisogna però considerare che nel periodo della compilazione della Tabula Ragusa era già fortemente ellenizzata, mentre la Hybla Heraia viene definita da Pausania ancora sicana al suo tempo; v. L. Villari, Sui siti delle Ible di Sicilia, Roma 1987, pp. 13-17.
- ^ Vedi ad esempio Lorenzo Braccesi, Hesperìa - Studi sulla grecità di Occidente, books.google.it., L'Erma di Bretschneider, 1998 pag. 29.
- ^ "Cronaca di Cambridge" e nella "Storia dei Musulmani" di Michele Amari
- ^ Tavole cronologiche di Ragusa e del suo territorio, iblei.ath.cx.
- ^ La mafia durante il fascismo di Duggan Christopher
- ^ R.D.L. 2 gennaio 1927, n. 1, art. 1
- ^ R.D.L. 2 gennaio 1927, n. 1, art. 4
- ^ Maria Occhipinti Una Donna Libera
- ^ Investire a Ragusa
- ^ Andrea Ottaviano (m 66 x 44)
- ^ I monumenti del tardo barocco a Ragusa - Giuseppe Antoci
- ^ Ragusa sottosopra editoriale del comune di Ragusa
- ^ Sito del Assessorato al Turismo Ragusa
- ^ [Annali del barocco in Sicilia, Volume 1, Gangemi, 1994]
- ^ Sito del comune di Ragusa, chiesa delle Anime del Purgatorio
- ^ Gaetano Cosentini "Donnafugata un Castello un giardino"
- ^ Salvatore Spoto, Sicilia Antica. Newton e Compton editori.
- ^ provincia di Ragusa tranne il "guerriero di Castiglione" preso dalla Guida Turistica "Su e giù per le antiche scale"
- ^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012.
- ^ demo.istat.it, Istat TFT 2013 http://demo.istat.it/altridati/IscrittiNascita/2012/T1.1.A.pdf=Dati Istat TFT 2013 .
- ^ Dati Istat demografia 2013, demo.istat.it.
- ^ Dati Istat stranieri provincia Rg 2013, demo.istat.it.
- ^ Dati Istat stranieri Italia 2013, istat.it.
- ^ Cittadini Stranieri (Italia), ISTAT, 31 dicembre 2013..
- ^ Ragusa in cifre Istat 2006
- ^ Ragusa in cifre Istat
- ^ Avis Ragusa
- ^ Bimestrale Sanità iblea
- ^ con 45 camere di degenza è la casa di cura più grande in provincia
- ^ da "I monumenti del Tardo Barocco di Ragusa"
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- Salvatore Distefano, Ragusa Nobilissima: Una famiglia della
Contea di Modica attraverso le fonti e i documenti d'archivio,
contributo alla Historia Familiae Baronum Cutaliae, Ancilae et Fundi S.
Laurentii, in RICERCHE (2006) n. 3/4, pag. 109-160
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